11. Violetta e burro di cacao alle rose

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Valeria's pov

"Lo conosci quel tipo, chi è?"

Sei parole, ventuno lettere e tanta voglia di sotterrarmi elevata al quadrato.

Quella semplice domanda mi aveva messa in crisi e l'incapacità di dare a Gianmarco una risposta esaustiva, non aveva fatto altro che confermarlo.

Mentre mi riaccompagnava a casa, avevo provato a elaborare un discorso di senso compiuto, omettendo la parte in cui da bambina avevo avuto una cotta per lui e spiegandogli solo dell'infanzia condivisa, ma la verità è che non ci ero riuscita molto bene.

Forse perchè conoscevo Thomas per quello che era stato, ma era proprio come aveva detto lui in commissariato: non sapevo nulla riguardo la sua vita attuale.

Agganciaii le dita al manico della tazza e inzuppai un altro biscotto nel latte.

Primo giorno di lezioni, Valeria. Pensa solo a questo.

«Ne è rimasto qualcuno?» Flavio era di fronte a me, con i capelli scompigliati e il sonno negli occhi.

«Cosa?» Sbattei le ciglia un paio di volte, come in trance.

«I biscotti... li hai finiti tutti?» mi domandò, accennando con il capo alla busta sul tavolo.

«No, no. Tieni.» Glieli allungai, mentre prendeva posto sulla sedia.

L'occhio mi cadde sulla maglietta che indossava e sulla stampa con la foglia d'acero: il colore era tornato quasi alla normalità. «Non dovresti essere a scuola tu?»

«Non avevo voglia di andare», sbuffò.

«Mamma lo sa?»

«Gliel'ho detto stamattina presto, quando è uscita per il colloquio.»

Sollevai le sopracciglia. Appena sveglia, avevo ritrovato il suo post-it sul comodino: " Sono uscita. Colloquio di lavoro. Che Dio ce la mandi buona. "
Ma lui come faceva a saperlo?

«Quale colloquio?» domandai in tono da falsa incredula.

«Guarda che puoi smetterla di fingere. Mi ha detto tutto, sia dell'affitto che del lavoro.»

«Te l'ha detto?» Mi venne spontaneo arricciare la bocca in una O.

«Sì, e non guardarmi con quella faccia, non ho più cinque anni. Non capisco perché vi ostinate a proteggermi.» Inclinò la testa verso il basso e i muscoli sotto le palpebre guizzarono da una parte all'altra.

Perchè sono tua sorella maggiore, prendermi cura di te è una mia responsabilità.

«Non l'abbiamo fatto in cattiva fede. Volevamo solo risparmiarti altre preoccupazioni.»

«Beh, sappi che escludermi dai problemi in famiglia non mi aiuta a superare quello che è successo. Anzi, mi fa sentire tremendamente rotto.»

«Non volevo escluderti. Pensavo che non fosse importante, tutto qui.»

Strinse le labbra e capii che il discorso era già stato archiviato. Poi spostò lo sguardo sul mio pigiama a pois. «Tu non hai lezione?»

«Stavo giusto andando a prepararmi.»

Il modo in cui aveva preso a smanettare con il telefono e le cuffiette, mi diede a intendere che eravamo tornati ai suoi "giorni no".

Prima o poi avrei dovuto parlarci sul serio. Magari andare di nuovo dallo psicologo gli avrebbe fatto bene.

Mi diressi verso l'armadio della stanza per tirare fuori la mia borsa a tracolla. Quando infilai dentro i quaderni per gli appunti, si creò un vuoto proprio in quel punto nascosto della libreria. Sfiorai la superficie irregolare, dove campeggiavano le lettere scolpite nel legno.

La risposta è negli aromiWhere stories live. Discover now