16. Un sentore ferroso di sangue

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Valeria's pov

Una settimana.

È passata una settimana da quella sera al cinema. Il giorno dopo Thomas non si è presento in università, né quello dopo ancora e così per i successivi giorni.

Ripensandoci, tutto di lui si può definire ambiguo. Lui che tiene la mia spilla nella tasca, lui che la getta a terra subito dopo, lui che mi fa mancare il fiato afferrandomi la coscia, lui che dice quella frase sulla pioggia.

E per quanto avessi voluto convincermi del contrario, che non si fosse dimenticato di quella giornata nel seminterrato, gettando a terra la mia spilla aveva dato prova di quanto potesse essere meschino.

Sapeva che significato avesse per me, che me l'aveva regalata mio nonno, che rappresentava un legame affettivo. Sarebbe stato troppo umiliante riprendermela, soprattutto dopo che l'aveva trattata con così poca delicatezza.

Eppure, mi chiedo se quello non sia stato un altro dei suoi modi contorti di dirmi qualcosa.

Lo stesso comportamento strano lo aveva adottato prima di mollarci davanti all'entrata del Cinema. Avevo chiesto a Gabriel se sapesse dove stesse andando, ma non lo sapeva nemmeno lui.

Come se non bastasse, a mandarmi in confusione c'era anche Gianmarco. Avevo rimuginato giorno e notte, arrivando alla conclusione che andarci a letto non era stata una buona idea.

Avevo agito d'impulso, senza pensare alle conseguenze, ma non potevo permettermelo. Non quando c'era anche solo la lontana prospettiva che potessi ferire un ragazzo che ci teneva sul serio a me.

Il problema era che stavo evitando di essere sincera con me stessa e, per quanto Gianmarco mi piacesse fisicamente, non sentivo nessuna attrazione mentale.

L'ennesimo fallimento emotivo.

«... è stato un fallimento.»

Sbattei le ciglia, dopo aver ascoltato le ultime parole di Gianmarco. Ero sicura di non aver dato sfogo ai miei pensieri.

«Te ne sei accorto anche tu?», domandai strabuzzando gli occhi.

Adagiai i libri sul tavolo da picnic del cortile universitario, nello stesso momento in cui Gianmarco scavallò la panca per prendere posto.

«Beh, sono stato io a farmi avanti per chiedere di fargli spostare il test. Sarebbe stato strano se non me ne fossi accorto, tu che dici?»

Il test, stava parlando del test di Diritto commerciale che aveva sostenuto in mattinata.

Dovevo metterlo al corrente, non potevo continuare a fare conversazioni inutili con me stessa, altrimenti sarei impazzita. Presi un lungo respiro e mi feci coraggio.

«Gianmarco, io... », esordii titubante mentre mi incollava addosso i suoi lapislazzuli. «Devo parlarti di una cosa.»

«Ti ascolto.» Mi rivolse tutta la sua attenzione, sistemandosi meglio sulla panca.

Non riuscivo a evitare di tormentarmi le pellicine delle unghie. «Credo che sia stato un errore.»

«Sostenere quel test? Lo penso anche io. Quando ci ha consegnato i fo...»

«No, non sto parlando del test», lo interruppi decisa.

Quando corrugò la fronte, in attesa che proseguissi, buttai fuori quanta più aria possibile e mi decisi a continuare: «Ti giuro che ho provato a non pensarci, ma non riesco più a fare finta di niente.»

Mi presi un altro momento, per osservare la sua reazione, ma si limitò a incrociare le dita sulle assi di legno. «Non ti seguo.»

Ora o mai più.

La risposta è negli aromiWhere stories live. Discover now