3. Jeff The Killer

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1.

L'ispettore W. giunse nella scena del crimine. Era un macello, un vero macello. Uno di quelli che fanno rivoltare lo stomaco anche a chi queste cose le vive spesso. Nella stanza c'era sangue ovunque. In realtà, l'intera casa era sozza di sangue. Sangue sulle pareti, sangue sui mobili, e persino schizzi di dannatissimo sangue sul tetto. I cadaveri erano stati tutti accoltellati. L'ispettore W. si chinò sul cadavere dell'uomo, il padre della famiglia uccisa. Aveva subito diverse coltellate, e a giudicare dai tagli era stata una mano ferma. Non troppo forte, ma precisa: una mano che già aveva accoltellato tante volte. Alla vittima era stato inciso un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Che mente malata aveva potuto fare una cosa del genere?

Andò al piano superiore. I due figli, entrambi adolescenti, erano stati ammazzati allo stesso modo. W. capì subito che si trattava di qualcuno ben oltre il classico concetto di psicopatico: il killer era folle oltre ogni misura.

Andò nell'ultima stanza e trovò la donna, probabilmente la madre, anche lei accoltellata. W. si inginocchiò accanto al cadavere. Stesso modus operandi degli altri cadaveri, anche lei con un sorriso inciso in faccia. L'ispettore scosse la testa. << Dannazione >> sussurrò. Si passò la mano sugli occhi. << Dannazione >> ripeté a se stesso.

Poi, accadde qualcosa.

La donna che doveva essere morta si mise a tossire. Sputò sangue ovunque, ma era viva.

<< Quella f-faccia b-bianca >> vaneggiò la donna. << Quel sorriso, e gli o-occhi folli >>.

<< Si calmi, signora, andrà tutto bene >> provò a rassicurarla l'ispettore.

<< Occhi f-folli senza p-palpebre >>.

A quella affermazione, l'ispettore W. comprese l'identità dell'assassino. Il ragazzino folle. Il ragazzo matto. Quello dell'incidente di qualche anno fa. Quello che ormai i giornali chiamavano... Jeff the Killer.

2.

Micheal si alzò come tutte le mattine. Come tutte le mattine si lavò i denti prima di fare colazione. Sua madre aveva preparato tutto. Mangiò in silenzio, non che fosse arrabbiato, solo che non riusciva proprio a parlare prima di colazione. Suo fratello Jeffrey scese poco dopo.

<< Buongiorno >> disse assonnato con la sua voce malinconica.

Micheal lo salutò con un cenno del capo. Purtroppo, Jeffrey era sempre un po' triste. Lo trovava strano, perché si era ambientato molto meglio nella nuova città. Lo dimostrava il fatto che lui aveva una fidanzata, mentre Micheal no.

<< Buongiorno, Jeffrey >> lo salutò la madre.

<< Buongiorno >> rispose sbadigliando.

Fecero colazione e uscirono di casa per andare a scuola. Andavano in classi diverse perché Micheal aveva sedici anni e Jeffrey 14. Erano per strada, ci mettevano circa mezzora a piedi.

<< Dopo scuola ti vedi con Francesca? >> domandò Micheal tanto per rompere il silenzio. E poi era un po' curioso della nuova fidanzata del fratellino.

Jeffrey fece spallucce. << Non lo so. Forse ci vediamo un pezzo dopo la scuola, poi boh >>.

<< Ma come boh? Dovresti sapere se esci con la tua ragazza o pure no >> lo prese in giro Micheal.

<< Già >> asserì Jeffrey col suo tono malinconico.

<< Dai, su con la vita! Mamma ha ragione, dovresti sorridere di più >>. Ma Jeffrey non rispose alle sue parole.

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