Capitolo 3 - Le regine della notte

104 29 54
                                    

Honō

Anno 164, autunno
Impero Ōta

Magico. Nonostante il caldo torrido. Dovrebbe esserci abituata, eppure ogni anno sembrava peggio. Forse la furia degli dèi stava per riversarsi su di loro tramite il vulcano Tze. Non questa notte, supplicò, non ora che le regine della notte* devono sbocciare.
Si guardò intorno con occhi diversi, come se non fosse mai stata a Daka prima di allora.
Il paese era una distesa di abitazioni ammassate una sull'altra, le cui vie assomigliavano più ai rivoli di un fiumiciattolo piuttosto che a delle vere strade.
Per quanto imponenti potessero essere gli edifici, il castello Nijō assoggettava tutti loro.

I campi appena seminati circondavano Honō-chan e i suoi genitori, i quali percorsero l'unico sentiero che conduceva al cuore della città. Lei, dietro di loro, osservò i vasi traboccanti di regine della notte ai lati. Alternò lo sguardo tra i fiori che a breve si sarebbero schiusi e le lanterne appese sopra di essi che facevano luce ai passanti. Diversi uomini erano appostati dietro a dei banconi, ma uno solo ebbe tutta l'attenzione della bambina. Era circondato dagli abitanti di Daka, il che incrementò la sua curiosità e sentì la necessità di capire perché in molti fossero raccolti lì.

Un po' incerta, la bambina raggiunse i genitori. Afferrò il padre per la manica del suo vestito e gliela tirò appena. Immediatamente gli occhi di Ryū-otōsan si abbassarono su di lei, così gli indicò l'oggetto del suo interesse.
«Posso...», si corresse: «Possiamo andare lì?» lei poteva già immaginare la madre che con sguardo severo le diceva un "no" secco. Tuttavia, fuori dal palazzo Nijō Avelì non aveva alcun potere. Il suo titolo di principessa non aveva valore nell'Impero Ōta. Infatti lei rimase in silenzio mentre il padre acconsentì con un cenno del capo.
«Vai, noi non saremo molto lontani da qui» disse, agitando la mano verso le abitazioni. Honō-chan sorrise trionfante e corse saltellando verso la gente riunita poco più avanti. La attirava allo stesso modo in cui le falene venivano attirate dalle luce.

Quando arrivò lì, a pochi metri dall'uomo, rimase paralizzato.
Avanzò di un passo.
Una sensazione di disagio strinse in un morsa forte le sue viscere. E più si avvicinava, più la sensazione accresceva. Vide che l'uomo stesso era il buio e che oscurava i dintorni, mescolandosi alla notte che prima di vedere lui era magica. Ora era rimasta solo angoscia ed era lui a provocarla.

Gli occhi del venditore scrutarono i campi come se stessero cercando qualcuno. Poi la notò e un sorriso sghembo prese vita sul suo volto illuminato dalle lanterne.
«Non manca molto» la informò. «Vuoi dei gyoza¹ per ingannare l'attesa?»
«Sei gentile, ma non ho molta fame.»
«Insisto. Avvicinati e assaggiane almeno uno. Ho impiegato tutta la giornata per prepararli.»

Il nero attorno a lui diventò più cupo, a tratti soffocante, e così intenso che tutto il resto svanì e rimasero solo Honō-chan e lui.
Gli diede retta e si avvicinò fino a toccare il tavolo di legno.
«Oh, sei proprio tu, Kanami Honō, figlia di Kanami-dono.»
Lei non aveva idea di cosa dire o di dove muoversi. Si sentì completamente assuefatta da quello che proveniva dal petto del venditore.
«Ho sentito parlare della tua bellezza, ma nessun racconto ti rende giustizia.»
«Io... devo tornare dai miei genitori» affermò, ancor più a disagio. E se non mi lasciasse andare?

«A momenti spegneranno le luci, lascia che ti accompagni da loro» si propose l'altro e lei non seppe come declinare l'invito. Non le stava lasciando un'alternativa.
«Devo prima fare una cosa e poi andiamo.»
«Tu stai ferma lì.» Lo guardò di sbieco. Come si permette lui di darmi ordini?

Nel centro del paese le luci si stavano spegnendo; il mercante colpì qualcosa di metallico e imprecò sottovoce. Le luci delle ultime lanterne illuminarono solo la sua schiena coperta da una veste scura.
Honō-chan sentì un rumore simile allo scrosciare di una cascata, poi lui si raddrizzò e sorrise sornione.
«Venite.» Non vieni. L'uomo non si stava riferendo a lei, bensì a qualcuno dietro di lei. La principessa si voltò per necessità. E per curiosità; per necessità di curiosare. Vide cinque figure che uscivano dal campo di fronte a sé e che si avvicinavano.

Le Cronache di Dalia - La Volpe e il CorvoTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang