Capitolo 10 - La scelta 🔴

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Acantha

Anno 167, fine inverno
Regno Ael

Era stato facile sbarazzarsi di Leda per quella sera. Acantha non commise lo stesso errore della prima volta. Dayumei le aveva fornito una bustina di oppio in polvere in caso di necessità. Proveniva dalla parte del nuovo continente che l'Impero Ōta aveva conquistato qualche decennio addietro. Aveva agito in automatico. Era bastato metterne mezzo cucchiaino nel tè che la dama era solita bere ogni sera prima di andare a dormire per accertarsi di non averla tra i piedi. Se non lo avesse fatto, la donna l'avrebbe tenuta d'occhio per tutta la notte e lei non poteva proprio permetterselo.

Sgusciò agile fuori dalla stanza che odorava di stantio e le gambe percorsero da sole la strada per raggiungere la stanza di Aurelius. Aveva la mente vuota.

L'Osservatore l'aveva salvata durante la sua fuga disperata anni prima, l'aveva accudita e addestrata; le aveva dato un tetto sopra la testa e uno scopo: servirlo. La sua prima missione ufficiale era uccidere Alyssa. Dopo tutto quello che aveva fatto per lei, il minimo era arrivare fino in fondo con il piano. Pensò a quello e a nient'altro.

Per essere quello che vuoi devi scordarti di quello che sei.
Il mantra del maestro la consolò.
Una volta che ebbe la maniglia della porta tra le mani, si pose una domanda fondamentale. Davvero era scappata da un mostro per diventarlo lei stessa?

Se avesse incontrato il re, le sorti di Alisea e di sua figlia sarebbero cambiate in peggio. Aveva il potere di decidere il destino di due vite innocenti.
Vermi biancastri si stavano cibando lentamente del suo intestino, dello stomaco e poi di tutto il resto. Non lo voglio, il potere.

Non si erano accordati per vedersi, perciò avrebbe potuto fare marcia indietro e tornare a dormire. Era la cosa più giusta fare.
Sì? No? Giusto? Sbagliato? Aveva bisogno che qualcuno le dicesse cosa fare. Era sempre stato così, dopotutto.

La porta si aprì, causandole un sussulto per lo spavento. Aveva la mano talmente stretta attorno alla maniglia che venne trascinata anche lei. Finì direttamente tra le braccia di Aurelius.
Alzò gli occhi sul volto incorniciato dalle ciocche bionde che a lei piacevano tanto. Il suo, invece, arrossì per l'imbarazzo. Che figura ci ho fatto?

Aprì la bocca per chiedere spiegazioni, ma lui la precedette.

«L'ombra dei tuoi piedi» asserì scherzosamente mentre indicava le sue calze invernali.

Il re era sereno. Non l'aveva mai visto libero dai fantasmi della sua mente nemmeno una volta. Nonostante si siano incontrati spesso e il loro rapporto avesse preso una piega inaspettata, non lo aveva mai visto del tutto felice.
La strinse meglio a sé, chiudendo la porta alle sue spalle, e posò le labbra su quelle di Acantha.

«Ti stavo pensando, Acantha.»
Lei amava i momenti in cui la chiamava per nome. Il suono che usciva fuori era così dolce e piacevole...
«E sei arrivata, Acantha.»
Stavolta sussurrò il suo nome con voce suadente, mentre le appoggiava una mano nell'incavo del collo e le accarezzava la guancia con il pollice.

Era così... così forte che per un attimo si dimenticò degli orrori che aveva inflitto e dei suoi doveri.
Le due gemme incastonate in quel visto dai tratti fini la scrutarono alla ricerca di un qualche sentimento. Sempre se lei non aveva sbagliato interpretazione.

Cosa potrebbe mai volere un re come lui da una ragazza come lei? Proveniente da una famiglia di traditori, di lei era rimasto solo un fantasma con ben poco da offrire. Prendeva ciò che le veniva dato come un cane randagio, succube del passato e delle decisioni sbagliate dei suoi familiari.
Cosa poteva trovare in lei, che oltre alla sofferenza non poteva offrire altro?
Eppure lui la baciava e i problemi, le insicurezze e il dolore svanivano. Lui era un mostro, ma lei di certo non era migliore.
Tra le braccia fredde di Aurelius si sentiva bene, quasi a casa.

Poteva ignorare la bramosia di sangue caldo e la necessità di odiare il modo per dare un senso alla sua vita? Sì, forse, per quella sera, poteva. L'uomo che le stava sorridendo sembrava così distante da quello seduto sul trono o dal ruolo di marito a cui - glielo aveva rivelato una volta - lui si era sempre opposto.

Cercò di baciarla di nuovo, ma Acantha lo fermò.
Sputare fuori la verità le pesava, eccome se le pesava. Ci voleva coraggio per ingoiare una fiamma e sentire il sapore delle ceneri per il resto della vita.
Per Dayumei.
Per il mio salvatore.

«Ho ciò per cui sono venuta qui.»
Il sorriso trionfante di Aurelius l'avrebbe perseguitata nei suoi incubi peggiori, ne era certa.
Sei un dio e sei un diavolo. Mi trascinerai agli inferi con te.

Le diede un lungo, caldo e profondo bacio mentre le stringeva i fianchi fino a farle male.
Era masochista a tal punto da restare. Forse avrebbe fatto in tempo a scappare e a eludere le guardie, ma la parte marcia di lei - chissà quanto grande e importante - le gridava "violenza". Esigeva un ritorno al passato, lo stesso che lei aveva cercato di cancellare.

La sollevò, le gambe toniche strette attorno al busto marmoreo dell'amante, e la appoggiò sulla prima superficie che aveva a tiro.
I lacci vennero slacciati in fretta e l'abito da notte di Acantha cadde per metà sul tavolo. Aurelius le afferrò i seni e li leccò avidamente, prima uno e poi l'altro. Lei cacciò la testa all'indietro e inarcò la schiena per l'ondata di piacere che le salì alla testa.
Le svuotò la mente da ogni incubo, uno a uno.

«Lo sapevo già. Un tuo collega vi ha visti e me lo ha detto» le confessò, in un breve momento di pausa. Per un istante la riportò alla dura e cruda realtà. Un istante solo, però.
«Volevo vedere se anche tu mi avresti mentito.»
Liberò prima se stesso e poi la ragazza dai vestiti superflui. A quella vista la kunoichi deglutì a vuoto.
Le sorrise.

«Lascia che ti ringrazi per i tuoi servigi, Acantha.»
Sarebbe uscita da quella storia a pezzi. Aveva raggiunto il suo obiettivo, rinunciando alla poca sanità mentale che le rimaneva.
«Sei stata brava, Acantha.»

La prese lì, su quel tavolo, prima dolcemente e poi sempre più rude. Avrebbe potuto morire nello sguardo di Aurelius. E forse prima o poi sarebbe successo.
L'intensità con cui posava i suoi occhi su ogni centimetro del suo corpo avrebbe potuto sciogliere la Foresta Ghiacciata, ridare vita ad Aera e ripopolare i mari delle bestie più feroci.

Aveva avuto solo un pensiero per tutto quel tempo.
«Aurelius, fammi male.»

Dovettero essere le parole che lui aspettava da giorni, le parole giuste perché nelle iridi colorate baluginò un luccichio che aveva già visto e cercato di dimenticare.
«Ti prego.»

Non si fece pregare due volte. Si staccò da lei e la girò. I capezzoli turgidi appoggiati sulla superficie fredda le provocarono un sussulto inaspettato.
Quando il sovrano si fece spazio con un gesto secco fra la sua intimità, Acantha gridò. Aurelius gemette al sentirla e la bestia che le scavava il cuore venne in qualche modo soddisfatta.

Cosa aveva appena scatenato?

Era prevedibile come scelta secondo voi? Cosa fara Aurelius ora che ha in mano le informazioni che voleva?

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Era prevedibile come scelta secondo voi? Cosa fara Aurelius ora che ha in mano le informazioni che voleva?

Come al solito, vi ringrazio tantissimo per essere arrivati a questo punto 🙏

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⏰ Last updated: Dec 07, 2023 ⏰

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Le Cronache di Dalia - La Volpe e il CorvoWhere stories live. Discover now