Run

10.1K 458 46
                                    

*A voi che siete le mie Karine e la versione femminile di Gabriel e Nathan*

La canterò un'ultima volta per te
poi dovremo andare davvero
sei stata l'unica cosa buona
in tutto quello che ho fatto
E riesco a malapena a guardarti
ma ogni volta che lo faccio
so che ce la faremo ovunque
lontano da qui
Accendi, accendi
come se avessi una scelta
anche se non puoi sentire la mia voce
ti sarò accanto cara
Più forte, più forte
e correremo per le nostre vite
riesco appena a parlare capisco
perché non possa alzare
la tua voce per dire
Pensare che potrei non vedere quegli occhi
rende difficile non piangere
e mentre ci diciamo il nostro lungo arrivederci
sono sul punto di farlo
Accendi, accendi
come se avessi scelta
anche se non puoi sentire la mia voce
ti sarò accanto cara
Più forte più forte
e correremo per le nostre vite
riesco appena a parlare capisco
perché non possa alzare la tua voce per dire
Rallenta, rallenta
non abbiamo tempo per questo
tutto ciò che voglio
è trovare un modo più semplice
per uscire dalle nostre piccole teste
Fatti coraggio mia cara
dobbiamo aver paura
anche se solo per pochi giorni
rimettendo insieme tutta questa confusione
Accendi, accendi
come se avessi scelta
anche se non puoi sentire la mia voce
ti sarò accanto cara
Run- Snow Patrol
-----------------------------------------------
Mi affacciai dalla finestra delle mia stanza che dava sulla strada. La notte prima aveva piovuto e il caldo tipico del Sud si era attenuato. Alla fine avevo rimandato la partenza per rimettermi in sesto, ormai era la prima settimana di Settembre, e il giorno seguente Nathan e io avremmo preso un volo per la Florida.
Papà era un po' giù di morale, per questo aveva deciso di organizzare una grigliata per augurare buona fortuna a entrambi i suoi figli. E tutta Blacksburg avrebbe partecipato, più che altro per accertarsi delle mie condizioni. Già immaginavo le pettegole a rompere le scatole per carpire più informazioni possibili.
Di Sasha non avevo più saputo granché e mi andava bene, papà mi aveva detto che se avessimo intrapreso la strada del patteggiamento, avremmo evitato il processo. Non ero arrabbiata - neanche spaventata come dopo Marcus - forse un po' soddisfatta. Fin dall'inizio - nonostante non credevo arrivasse a tanto - il mio istinto mi aveva suggerito che aveva qualcosa di strano. Si era smascherata.
Il cellulare trillò, avvisandomi dell'arrivo di un SMS: era Karine. Non era passato troppo prima che i suoi nonni le riferissero dell'accaduto, così si era presentata a casa Butterfield. "Finalmente conosco qualcuno più sfigato di me" , aveva detto e io ero scoppiata in una risata.
Mi affrettai di fronte allo specchio per controllare il mio aspetto un'ultima volta. Era assurdo quanto fossi cambiata. Il vestito bianco mi dava un'aria da inconsapevole peccatrice, le maniche corte lasciavano le spalle scoperte e il modo in cui si stringeva nel punto vita valorizzava le mie forme.
Ero decisamente un'altra Vivienne. Mesi prima avrei scelto dei pantaloncini e una canotta mentre i capelli sarebbero stati scompigliati. Adesso sfoggiavo un graziosa treccia francese che mi dava l'aria di una ragazza per bene e la frangetta era così liscia sulla fronte da calamitare l'attenzione.
Karine arrivò cinque minuti dopo. La chioma scura era lucida sotto il sole. Appena mi vide fece una smorfia.
《Sembri una figlia di papà》, proruppe. Ridacchiai, scrollando le spalle.
《Forse lo sono》, ammiccai. 《Allora andiamo insieme alla locanda? Ho così fame che mi mangerei anche te》, continuai, massaggiandomi lo stomaco che brontolò subito dopo.
Scosse il capo. 《Non vengo》, m'informò. 《Non partecipo a una festa dove il più giovane ha cinquantanni》, spiegò. Annuii, riflettendo. Conoscevo Karine, preferiva salutarmi ora, odiava gli addii.
Sorrisi. 《Insieme avremmo potuto ravvivarla》, replicai, divertita.
《Nah... se ascoltassero un po' di rock, gli prenderebbe un infarto.》
Mi fissai i piedi, muovendomi. Non sapevo come comportarmi, percepivo un buco nel petto e gli occhi pizzicare dalla voglia di lacrimare. Non avevo mai avuto un amica e non volevo perderla.
《Per cui》, biascicai, a disagio.
《Già》, borbottò, nel mio stesso stato. Non eravamo molto affettuose almeno non l'un per l'altra, ma questo non significava che non le volessi bene. Karine era fantastica e un po' come me ma in una versione migliore: una ragazza che non si tratteneva dal fare il maschiaccio e non aveva paura dei sentimenti, lei li accettava senza tormenti. La adoravo.
《Allora ciao》, aggiunsi, evitando di guardarla, con un nodo in gola.
《Ciao》, farfugliò. Si allontanò percorrendo il vialetto e mi morsi le labbra per evitare di commuovermi. 《Ehi, Viv!》 Urlò, quando fu sul marciapiede. 《Ho una cosa per te》, affermò, infilando la mano nella tasca dei jeans. Poco dopo lancio qualcosa che percorse lo spazio che ci divideva in un ampio arco e atterrò ai miei piedi. Era un laccio di cuoio intrecciato.
《Che diamine è?》 Gridai di rimando. Sogghignò, mostrandomi il polso in cui c'era lo stesso laccio.
《Non mi dire!》 Esclamai.
《Un bracciale dell'amicizia》, confermò, facendo l'occhiolino.
《Non avevi detto che era stupido?》 Ribattei. Fece spallucce.
《Anch'io lo sono ma non discrimino me stessa.》
Lo legai al mio polso e mi misi a correre nella sua direzione. Ci abbracciammo, forte, come fossimo in una stupida commedia adolescenziale. Un secondo dopo provo a usare le gambe come appigliò sul mio corpo. Inutile ricordare che ero una mammoletta senza forze e ruzzolammo sul prato, esplodendo in una fragorosa risata.
《Cazzo, non farlo mai più. Tu e il tuo grasso mi avete quasi ucciso》, ansimai, mentre ci stendevamo sull'erba.
《Da che pulpito, stecchetto》, constatò, sarcastica. La feci la linguaccia e subito intrecciai le dita alle sue. Quel momento era quanto di più tenero avessimo mai fatto. Osservammo il cielo per molto.
《Menomale che avevamo deciso di non abbracciarci》, dichiarai.
《È un'eccezione, non diventerà la regola.》
《Concordo.》
《Verrai a trovarmi alla Berkeley?》 Domandò.
《Hai dei dubbi? La California è un sogno. E tu, verrai in Florida?》
《Certo. Prima o poi dobbiamo andare a una festa insieme. Dimostreremo a quei fighetti super abbronzati come si divertono le ragazze del Sud.》
《Kar?》
《Non chiamarmi così. È un soprannome di merda!》
Risi, ignorandola. 《Kar e Viv. Non lo trovi carino?》
《Fa schifo》, brontolò. 《Cos' è siamo le nuove Thelma e Louise?》
《Nah!》 Negai, disgustata.
《Ecco, perché non fa per me essere una fuggitiva e tantomeno ho intenzione di morire buttandomi in un fosso...》
Ridemmo ancora e, anche se non lo dicemmo ad alta voce, quel giorno diventammo migliori amiche.
《Comunque, Kar, diamoci una regolata. Tutto questo miele ci ammazzerà!》

Fil rouge |h.s|Where stories live. Discover now