What if

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Cosa accadrebbe se non ci fosse luce?
niente di sbagliato, niente di giusto
cosa accadrebbe se non ci fosse tempo?
e nessuna ragione o rima
cosa accadrebbe se tu dovessi decidere
che non mi vuoi qui accanto a te?
che non mi vuoi qui nella tua vita?

cosa accadrebbe se la prendessi male?
e non ci fosse la canzone o la poesia?
potrei aggiustare quel che per me non va?
o farti sentire che io ti appartengo?

cosa accadrebbe se tu dovessi decidere
che non mi vuoi qui accanto a te?
che non mi vuoi qui nella tua vita?

oh oh va bene
prendiamo un attimo per respirare
cerchiamo di stringerlo forte
oh oh va bene
come puoi saperlo, se nemmeno ci provi
oh oh va bene

ogni passo che fai potrebbe essere
il tuo più grande errore
e noi potremmo resistere, o romperci
beh, questo è il rischio che devi correre

cosa accadrebbe se tu dovessi decidere?
che non mi vuoi qui accanto a te?
che non mi vuoi qui nella tua vita?

oh oh va bene
prendiamo un attimo per respirare
cerchiamo di stringerlo forte
oh oh va bene
come puoi saperlo, se nemmeno ci provi
oh oh va bene

oh oh va bene
prendiamo un attimo per respirare
cerchiamo di stringerlo forte
oh oh va bene
tu sai che il buio ritorna sempre alla luce
oh oh va bene
What if- Coldplay
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Pigiai freneticamente il campanello di casa di Gabe. Lo stronzo mi aveva messo così fretta da non permettermi di cambiarmi né di mettere un paio di scarpe comode. Ero uscita dal cottage trafelata e una volta per strada, mi ero accorta di avere qualche difficoltà col pedale della frizione ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.
Supponevo che dopo stasera la coppietta felice avrebbe dovuto baciarmi i piedi per sempre.
Rimasi di stucco quando apparve mia cognata. Sharon, per il parto, avevo preso l'abitudine di indossare vestiti di una taglia più grande; ora, nel suo vestito nero era uno splendore. I capelli biondi erano raccolti in una coda alta, il seno messo in risalto dalla scollatura, il tessuto avvolgeva alla perfezione i fianchi e le gambe era slanciate per via di un paio di sandali gioiello.
《Mi sono innamorata di te》, proruppi, scherzosa.
Ridacchiò, arrossendo. 《Ne sono onorata.》 Poi il suo sguardo vagò su di me, sembrò confusa. Quando fu sul punto di parlare, spuntò Gabe. Anche mio fratello non scherzava, aveva una camicia bianca attillata e un paio di pantaloni eleganti.
Se non li avessi amati tanto, li avrei odiati. Erano belli, felici e innamorati.
《Perché sei conciata così?》 Domandò lui, scettico. Non potevo certo dirgli che aveva mandato in fumo tutto, solo perché non volevo che mia cognata impazzisce.
Finsi un sorriso ingenuo e feci spallucce.
《Oddio, dovevi uscire con qualcuno?》 Continuò Sharon, con voce stridula. 《Ti assicuro che se lo avessi saputo, non ti avremmo chiamato》, si scusò, quasi disperata.
Poi si rivolse a Gabriel. 《Perché non mi hai detto che era impegnata?》
Mio fratello la ignorò. 《Con chi dovevi uscire?》 Mi chiese.
《Uhm... Karine》, mentii.
《Da quando ti vesti così per un'uscita con Karine?》
《Da quando ti fai fai gli affari miei?》 Replicai, con un sorriso. Se mi fossi mostrata nervosa, avrebbe compreso che qualcosa non andava.
《Lasciala stare》, lo interruppe Sharon, colpendolo alla spalla. 《Viv, stai molto bene e lui è solo geloso.》
Quando mia cognata andò a recuperare la borsa, Gabriel mi si avvicinò. Con quell'espressione sospettosa e i trenta centimetri in più con i quali mi sovrastava, era abbastanza intimidatorio. Ma una cosa avevo capito con i miei fratelli: se sentivano la paura a chilometri di distanza, ne approfittavano. Bisognava mantenere il sangue freddo.
《Mi nascondi qualcosa?》 Conoscevo questa tattica, faceva una domanda quando in realtà era una constatazione.
《Nascondo qualcosa?》 Lo canzonai, sicura di me.
Assottigliò lo sguardo. 《Dimmelo tu》, richiese.
Gli diedi una pacca sulla spalla. 《O potresti farlo tu.》
《Che succede?》 Domandò Sharon, di ritorno.
《Niente》, dicemmo entrambi, indietreggiando.
《Allora》, esordì mia cognata, 《i biberon sono in frigorifero.》
Oddio! Ora mi aspettava una tiritera di mezz'ora. Era apprensiva e aveva bisogno di parlare e programmare tutto nei minimi dettagli per calmarsi.
Annuii.
《Hai i nostri numeri di cellulare, per qualsiasi cosa chiamaci. Nel tavolo in cucina ho lasciato anche quello del pediatra.》
Annuii.
《In questo periodo ha le colichette. Non preoccuparti se piange senza apparente motivo. E se proprio sei spaventata, chiama.》
《Piccola》, sussurrò Gabe.
Lo ignorò. 《E se non vuole addormentarsi, c'è il carillon che adora e...》
《Sharon, Santo Dio!》 Gridò mio fratello. Entrambe saltammo in aria, lei lo fulminò con lo sguardo mentre Gabe simulò un'espressione contrita.
《Faremo tardi》, si giustificò, con la coda tra le gambe.
Feci una risata derisorio. 《Continua così e andrai in bianco!》
Mi guardò male. 《Taci!》
Invece Sharon, balbettò qualcosa e uscì di casa.
Quando furono nel vialetto, non riuscii a trattenermi dal fare un'altra delle mie sparate. 《Usate precauzioni!》
Tirai un sospiro di sollievo appena chiusi la porta a chiave. Quei due erano stressanti.
Andai in salotto, Rachel era nella sua culla e dormiva.
《Bella gratitudine》, le dissi, gettandomi sul divano, 《la tua zietta preferita viene a farti visita e tu la snobbi.》
Sospirai, accendendo il televisore.
《Almeno potresti fare qualche vagito, così non mi sentirei una pazza che parla da sola》, borbottai, infastidita. Mi rigirai i pollici per dieci minuti, poi mi stufai. Con delicatezza presi Rachel mettendola sul divano e circondandola con cuscini perché non cadesse in un movimento brusco.
《Così va meglio.》
Mi misi a frugare nella mia borsa, alla ricerca di un lecca-lecca. Ne andavo matta e ogni volta che andavo al supermarket ne compravo a quintali.
Guardai svogliata la TV.
《Cioè il mio appuntamento è andato al diavolo》, sbottai, poco dopo. 《Avevo un appuntamento, Rachel. Un ragazzo fantastico e con gli occhioni da cerbiatto, mi ha chiesto di uscire. E cosa fai quando un tipo del genere ti chiede di uscire?》 Sospirai, lanciandole un'occhiata.
Non sono pazza, sto parlando con mia nipote!
《Rachel, sai chi è Harry? Quel tipo di persona che ricorderai anche quando starai con qualcun altro. Oddio... discuto con una neonata. Sono da manicomio.》
Sbuffai e mi alzai per andare in cucina, presi un pacco di patatine e una lattina di coca-cola e tornai in salotto.
C'era uno stupido film in cui tutti si picchiavano e tranne che per gli addominali di qualche attore, non c'era nulla di interessante. Per questo mi lasciai andare ad altre confidenze: 《Sai cosa pensano le persone di Blacksburg, su di me? Che sia una facile. E forse è vero, non importa》, sbuffai, accavallando le gambe sul tavolinetto di fronte a me. 《Ma sai cosa non sanno le persone sulle ragazze facili, almeno su quelle come me? Che quando c'è un tizio carino, che le vuole veramente, vanno nel pallone. Non ci credono!》, dichiarai.
《Ad esempio... prendi me è quell'idiota romantico.》
A quel punto, mia nipote si mosse come se fosse infastidita.
《È solo un esempio》, specificai.
《Stavo dicendo... ecco, ci sono io e quel cretino. Lui è tenero, sta dietro alle mie cazzate, bacia così bene e gli interessa cosa c'è nella mia testa. Certe volte penso che la fregatura sia da qualche parte, capisci?》
Sgranocchiai le patatine. 《Voleva solo uscire con me, come due persone normali...》
Di colpo, la vidi fare una smorfia e poi un vagito. Neanche un secondo dopo, Rachel strillò con tutta l'aria che aveva nei polmoni. E fu così che cambiai il primo pannolino della serata. La cullai per un pò, si lamentò per le coliche ma si riaddormentò. Era strano che fosse così calma. Anche qui c'era la fregatura.
Come finii per guardare un documentario poliziesco, fu un mistero. Mi sentii mancare, appena si parlò di una ragazza di un paio d'anni più grande di me, uccisa dal suo ragazzo. Non aveva avuto il coraggio di denunciare quando la stalkerava e una sera l'aveva strozzata a mani nude fino a ucciderla. Le dinamiche erano simili alle mie: studentessa universitaria aggredita nel suo appartamento.
Pensai che avrei potuto esserci io in quel programma televisivo, oppure sottoterra chissà dove. Come avrebbe fatto sparire il corpo?
La nausea montò, era raccapricciante. Come tutti, avevo sempre pensato che cose del genere capitassero agli altri. Ora, io ero gli altri.
Saltai in aria appena il campanello di casa suonò, m'irrigidii e il brutto presentimento mi fece rizzare i peli.
Sfregai le mani umide sul vestito e presi un respiro profondo. Tremante, mi alzai in piedi. Una parte di me era spaventata, come se oltre quella ci fosse l'uomo nero.
Il campanello trillò ancora.
Lanciai un'occhiata a Rachel. Che diavolo c'era di sbagliato in me?
A piccoli passi, mi avviai all'ingresso e non contenta - ero fuori di testa - impugnai una statuetta sopra un mobiletto, poi guardai dallo spioncino. Sfiatai e poggiai la fronte contro la porta.
Harry.
Che diavolo ci faceva qui? Tramite un SMS gli avevo spiegato la situazione, non sembrava particolarmente contento ma ci eravamo augurati la buonanotte.
Mi ridestò quando iniziò a bussare, sperai che la piccola non si svegliasse. Posai la statuetta e mi affrettai a farlo entrare.
《Che ci fai qui?》 Fu la prima cosa che dissi, anche se mentalmente lo ringraziavo, se fossi rimasta sola me la sarei fatta addosso.
Non rispose ma mi dedicò una lunga occhiata. Ridacchiai. 《Ti faccio sbavare solo se ho un paio di scarpe col tacco. Potrei esserne offesa》, affermai, tirandolo per un braccio.
Mi baciò, così dal nulla, afferrandomi per la nuca. Harry era quel tipo di ragazzo che quando baciava, ti prendeva il viso e di colpo il tuo stomaco era sul pavimento.
《Ciao》, bisbigliò.
Ora posso morire.
《Ciao》, risposi. Ero certa di sembrare una cerebrolesa mentre cercavo di trattenere il sorriso. Ero patetica.
《Ciao》, ripeté.
Ritratto: siamo patetici!
Risi e gli diedi un bacio a stampo.
《Sembra la ridicola scena di un film di quart'ordine》, constatai, chiudendo la porta.
《La babysitter che invita un ragazzo nella casa dei datori di lavoro?》 Intuì.
《Decisamente》, confermai. 《Cosa c'è nella busta?》
Scrollò le spalle, superandomi. 《Cheeseburger, frappè alla fragola e la torta al cioccolato di Betsy》, dichiarò, con un finto tono indifferente.
Aspetta un attimo!
Lo fermai, facendolo tornare indietro e lo fissai divertita. Si leccò le labbra a disagio.
《Questo è un appuntamento, Viv, indipendentemente da dove siamo o se ci sia Rachel o meno. Per cui adesso ci siederemo, mangeremo e parleremo come due persone a un appuntamento e tu te lo farai andar bene. Perché talvolta si scende a compromessi: io non ti porto a cena in un ristorante con candele accese e tu stai buona e non protesti.》
《Okay》, balbettai.
Sorrise. 《Grazie.》
E fu così. Ci comportammo come persone normali, mangiando sul pavimento di fronte alla TV, scherzando e parlando di quando eravamo bambini o meglio di quando io lo ero.
《Mi adoravi》, ripeté, infilando qualche patatina fritta in bocca.
Alzai gli occhi al cielo. 《Non esagerare》, borbottai.
Rise. 《La tua seconda parola è stata Harry》, ricordò.
《Non è vero!》
《Sì, invece》, confermò. 《Prima dicevi dada per qualsiasi cosa volessi, poi hai imparato a dire papà e qualche mese dopo Harry. Sono stato la tua seconda parola.》
Morsicai il cheeseburger, infastidita. 《Spaccone!》
《Sei arrossita》, mi derise.
《E la mia terza parola qual è stata?》 Cambiai discorso.
Harry si grattò la nuca. 《Fottiti.
Scoppiammo a ridere, per poi zittirci per paura che Rachel si svegliasse.
《Sapevo il fatto mio sin da piccola.》
《Puoi dirlo forte!》 Esclamò, scostandomi i capelli dal viso.
《Grazie》, mormorai, seria.
《Per cosa?》
《Per essere venuto.》
Quando fu sul punto di baciarmi, ci pensò Rachel a rompere l'idillio.
Scattai in piedi, prendendola tra le braccia. 《Ha fame》, intuii, guardando l'orologio sul muro. 《Puoi dare una ripulita, per favore?》
Provai a destreggiarmi tra la piccola che si agitava e il biberon che stavo riscaldando al microonde. Ero negata, mi domandavo come diamine ci riuscisse Sharon.
《Vuoi una mano?》 Chiese, spuntando alle mie spalle. Sorrisi grata.
《Sì》, dissi, portando Rachel sulla spalla e dandole pacche sulla schiena. 《Controlla la temperatura del latte.》
《Ehi piccolina》, le bisbigliai a un orecchio 《ti fa male il pancino?》
Camminai avanti e indietro per la cucina. 《Mi dispiace tanto.》
Solo mia nipote riusciva a rendermi così stucchevole.
Mi guardai attorno per vedere se il biberon fosse pronto, me lo passò rapidamente. Rachel si attaccò alla tettarella, facendo una smorfia.
《A me piace darti da mangiare, ma ho paura per quando ti cambierò il pannolino.》
Sentii ridacchiare. 《Cosa?》 Domandai, incuriosita. Mi guardava tra il divertito e il pensieroso. Scrollò le spalle ma non rispose.

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