19. His gray sweatshirt

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«Non mi hai mai detto che avevi un cane

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«Non mi hai mai detto che avevi un cane.» Furono le uniche parole che riuscii a formulare su due piedi con ancora il cappotto addosso.

«Non me l'hai mai chiesto.» Alzò le spalle noncurante mentre continuava ad accarezzare Atlas che scodinzolava contento e mi ammutolii.

Mi tolsi il cappotto lentamente, fissando ancora stupita Atlas, e Ares, vedendo i miei movimenti, si alzò e protese la mano verso di me come invito a lasciargli il cappotto. Lo feci senza esitazione e mentre lui si girava per appenderlo all'attaccapanni io mi abbassavo all'altezza di Atlas.

Lui mi guardò curioso e piegò di poco il muso di lato, annusò la mia mano e si lasciò accarezzare. Era più morbido di quanto pensassi.

Ares senza dire nulla ci sorpassò ed io lo seguii con lo sguardo. Solo in quel momento mi ricordai effettivamente che era casa sua e iniziai a far vagare lo sguardo. L'entrata era ad open-space, alla mia sinistra c'era un piccolo salottino accogliente, i colori predominanti erano il nero e il grigio che facevano accostamento con il legno. Al di là di un'apertura nel muro, dove ci sarebbe dovuta essere una porta, si trovava la cucina, anch'essa piccola e sui toni del nero accostato con il legno.

«Hai sonno?» Mi chiese a bassa voce.

«No.» Riposi solamente, scuotendo la testa in segno di negazione. Ed era vero, ogni singola traccia di stanchezza nel mio corpo si era completamente volatilizzata.

«Ti prendo qualcosa per cambiarti.» Feci per dirgli che non ce n'era bisogno ma lui era già sparito su per le scale.

Lo seguii titubante fino ad arrivare al piano di sopra. La prima cosa che vidi fu un piccolo spazio arredato minimamente che consentiva l'accesso alla sua camera da letto. Quando aprì la porta e mi fece entrare in essa rimasi quasi sbalordita. Tutte le pareti erano bianche, tranne per una nera, possedeva una libreria piuttosto grande, cosa sinceramente inaspettata da parte sua, una chitarra elettrica rossa era appesa sul muro, vicino al letto. C'era una poltrona, con affianco il poggiapiedi abbinato, di pelle nera.

«Non sapevo leggessi.» Gli dissi con aria beffarda mentre mi avvicinavo a quella libreria stracolma di libri. Iniziai ad ispezionarli uno ad uno con gli occhi mentre lui scavava in qualche cassetto per trovarmi qualcosa da mettere.

Avevo sempre letto nella mia vita, non in modo ossessionante, ma avevo letto la mia bella quantità di libri, soprattutto al college.

Feci scorrere gli occhi su ogni titolo di quei libri che sembravano essere messi a casaccio su quei ripiani di legno, ma ci avrei messo la mano sul fuoco che in qualche modo per lui erano in ordine.

C'era veramente di tutto. Da autori classici come Dostoevkij ad autori contemporanei come Murakami, da Shakespeare a Orwell, Hemingway, Jane Austen e ancora da Dickens a Stephen King.

«Non sai parecchie cose di me, scheggia.» Rispose alla mia provocazione.

«Già, me ne sono resa conto.» Dissi sottovoce ancora assorta da quei libri. Nel frattempo mi aveva raggiunta e sentii la sua presenza alle mie spalle. Mi girai solo per ritrovarmelo di fronte mentre mi porgeva quelli che immaginai essere una felpa e dei pantaloni della tuta.

HeartlessWhere stories live. Discover now