03. Au Revoir

150 17 8
                                    

«Vado a prendere una boccata d'aria, con permesso

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.


«Vado a prendere una boccata d'aria, con permesso.» Mi allontanai da mio padre e i suoi amici che ripresero a parlare tranquillamente, mentre io attraversavo tutto il piano per uscire. Salutai con un gesto della mano amici dei miei genitori che già conoscevo e mi diressi verso la cucina.

Incontrai solo qualche maggiordomo e qualche domestica che andavano avanti e indietro dalla cucina. Non ci voleva un genio per capire che erano particolarmente indaffarati. Passi lunghi e veloci, il leggero fiatone, l'agilità mentre si scambiavano piatti, bottiglie e bicchieri. Probabilmente anche loro erano al corrente che la serata non sarebbe finita presto.

Mi avviai verso la portafinestra che dava sul giardino più velocemente possibile, avevo un disperato bisogno di prendere aria. Odiavo stare in mezzo a così tante persone.

«Riempite di più i piatti, gli ospiti stanno morendo di fame.» Disse una voce, purtroppo estremamente familiare, facendo il suo ingresso in cucina. «E tu che ci fai qui, dovresti essere di là ad intrattenere gli ospiti.» Mia madre continuò a parlare, non appena mi vide intenta a svignarmela. Cercare di mimetizzarmi tra i camerieri vestita in questo modo pareva non aver funzionato.

«Mal di testa.» Risposi semplicemente facendo una smorfia.

Alzò un sopracciglio in segno di scetticismo, ma mi fece un cenno con il capo e uscì dalla cucina. Tirai un sospiro di sollievo, mia madre era estremamente intransigente su certe cose.

Aprii la portafinestra scrorrevole e la richiusi alle mie spalle. Fantastico, un portico. Mi avvicinai alla ringhiera e appoggai i gomiti sulla superficie fredda di metallo.

Cercai di far alleviare il mio mal di testa massaggiandomi le tempie con le dita, ma la musica che proveniva dall'interno della casa, seppur ovattata, non aiutava. Sbuffai ricordandomi di aver lasciato le sigarette al piano di sopra, e attraversare nuovamente il salone colmo di persone che avrei dovuto come minimo salutare, era fuori discussione.

Passarono solo pochi minuti prima che qualcuno disturbasse la mia quiete. Sentii il rumore della portafinestra alle mie spalle aprirsi e poi successivamente chiudersi, non mi girai, mi bastò guardare l'ombra che si allungava gradualmente man mano che si avvicinava, riflessa sul prato davanti a me, per capire che era un uomo. Camminò lentamente fino a che non fu di fianco a me, si lasciò andare facendo scontrare la sua schiena contro la superficie fredda della ringhiera su cui ero appoggiata. A quel punto mi girai a guardarlo.

Era di profilo, fissava la parte opposta della mia, in direzione della villa. I capelli corvini erano leggermente spettinati e gli cadevano pigri sulla fronte, le sopracciglia scure erano aggrottate e aveva un'espressione indecifrabile sul volto. Indossava dei semplici jeans neri e una semplice maglietta bianca era tenuta fuori dai pantaloni, coperta da una giacca di pelle, probabilmente da moto, anch'essa nera.

Mi chiesi come aveva fatto ad entrare e passare inosservato vestito in quel modo, ad una festa come questa.

Pensai che fosse semplicemente bravo a non dare nell'occhio, cosa che onestamente, quando ci pensai in un secondo momento, faticai a credere.

HeartlessWhere stories live. Discover now