14. I Don't Shoot If I Know I'll Miss

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You say we're just friends,
but friends don't know the
way you taste...

Le storie d'amore catastrofiche e impossibili contraddistinte dal tradimento nel terzo atto, come a Kim piaceva chiamarlo, dall'ossessione e dall'imprudenza non mi erano mai piaciute

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Le storie d'amore catastrofiche e impossibili contraddistinte dal tradimento nel terzo atto, come a Kim piaceva chiamarlo, dall'ossessione e dall'imprudenza non mi erano mai piaciute.

La verità è che ero un'inguaribile romantica, mi piaceva ricevere fiori e essere portata agli appuntamenti. Mi piaceva ricevere complimenti e fare passeggiate al tramonto mano nella mano.

Insomma, avete capito, i soliti cliché da romanzi rosa.

Ero il tipo di ragazza che da piccola aveva avuto la cotta colossale per Leonardo DiCaprio dopo aver visto Titanic, la tipica ragazza che da adolescente guardava a ripetizione Legally Blonde, Mean Girls e Gilmore Girls senza sosta, quella che divorava i romanzi rosa e sognava un ragazzo come quelli di cui sentiva parlare in essi, quella che al liceo era popolare e si metteva con il capitano della squadra di football e che puntualmente veniva tradita con la cheerleader antipatica, quella che al college aveva fatto le sue esperienze e sapeva bene quali non ripetere più e, ancora, quella che in passato si era fidata ciecamente di chiunque le capitasse a tiro, e aveva imparato la lezione.

Non mi interessavano la famiglia perfetta, il lavoro perfetto e quelle stronzate lì. La trovavo una vita noiosa e monotona, avevo visto i miei genitori farla, perfino alcuni amici, non faceva per me. Non sapevo nemmeno se volessi avere una famiglia in primis. Con il lavoro che facevo non sapevo nemmeno se sarei arrivata al giorno seguente, poteva succedere di tutto.

Non pensavo ad altro da due settimane, ormai era fine Novembre. Passavo le giornate alla sede dei Brooklyn Heights ad allenarmi, non sapendo in che situazione ci saremmo potuti trovare alla missione programmata per fine Dicembre, e il tempo restante a casa. Non me la sentivo di uscire, c'era qualcosa che in quelle ultime settimane continuava a trascinarmi in una spirale di continua solitudine e non sapevo come uscirne.

Con i ragazzi scambiavo due parole durante quelle poche ore che passavamo insieme e poi finiva lì.

Colpii il sacco più forte che potevo, facendolo oscillare di poco, cercando di pensare ad altro. Grugnii infastidita perché non riuscivo a concentrarmi come avrei voluto.

«Bambi, te l'ho già detto, se lo colpisci così ti rompi il polso.» Intervenne Mike paziente posandomi le mani sulle spalle e facendomi girare verso di lui. «Che ti prende?»

«Scusa, sono stanca.» Alzai le spalle con finta indifferenza e, scansandomi dalla sua presa, mi diressi verso la panca al bordo della stanza. Mi ci sedetti sopra a peso morto mentre agguantavo la mia borraccia e me la portavo alla bocca per bere. Stavo morendo di caldo e l'acqua gelida che mi scorreva giù per la gola fu un vero sollievo per il mio palato.

Il fatto é che non lo sapevo nemmeno io che diamine mi prendeva, non era cambiato niente in quelle ultime settimane, eppure mi sentivo una strana sensazione addosso. Ero sempre stata brava a capire perché qualcosa non andava, ma in quel momento ne ero inspiegabilmente incapace e non capivo nemmeno il motivo di ciò. 

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