09. Soprannomi

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Mi svegliai il giorno dopo nel mio letto non sapendo come ci fossi arrivata, la cosa preoccupante era che non avevo bevuto tanto da non potermi ricordare di quel particolare, ma sembravo tutta intera quindi il fatto non mi allarmò più di tanto

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Mi svegliai il giorno dopo nel mio letto non sapendo come ci fossi arrivata, la cosa preoccupante era che non avevo bevuto tanto da non potermi ricordare di quel particolare, ma sembravo tutta intera quindi il fatto non mi allarmò più di tanto.

Mi rotolai tra le lenzuola bianche per qualche minuto, non veramente intenzionata ad alzarmi, ma poi cedetti. Mi buttai immediatamente sotto la doccia per cercare di darmi una svegliata e non mi preoccupai di vestirmi in modo vagamente decente, coprii solo l'intimo con una maglietta oversize. Per lo meno la sera prima avevo avuto la decenza di struccarmi.

Mi diressi in cucina, intenzionata a preparami una tazza di caffè e prendere un aspirina, strofinandomi la faccia e per poco non andai a sbattere contro lo stipite della porta. Proprio mentre riuscivo a mandare giù l'aspirina con un bicchiere d'acqua suonarono alla porta.

Sbuffai e mi diressi alla porta. Non prima del caffè, cazzo.

Aprii la porta senza nemmeno guardare dall'occhiello chi fosse.

«Be', cazzo, non pensavo di ritrovarmi con un'erezione per la seconda volta nel giro di due ore.» Ammiccò Ares squadrandomi da capo a piedi.

«Sono le nove di mattina, Ares.» Alzai gli occhi al cielo e spostandomi di lato per lasciarlo entrare, non provando gli nemmeno a chiedere come diavolo avesse scoperto dove vivevo.

«Si e noi siamo già in ritardo, scheggia.» Mi sorpassò e andò direttamente in cucina. «Prego, accomodati pure.» Mormorai ancora assonnata chiudendo la porta d'ingresso e seguendolo.

Lo guardai mentre si premurava a tirare fuori dal sacchetto di Starbucks la colazione, che prima non avevo minimamente notato. Tirò fuori due caffè neri e due ciambelle al cioccolato e mi venne da ridere a pensare che lui mangiasse una ciambella al cioccolato con gli zuccherini colorati sopra come un bambino di sette anni.

«Adesso,» cominciai dopo aver bevuto un sorso del mio caffè imitando le sue azioni, «mi vuoi spiegare che diavolo ci fai in casa mia alle nove di mattina?» Chiesi. «Non che mi dispiaccia tutto questo, chiariamoci.» Mi affrettai ad aggiungere indicando l'isola della mia cucina che avevamo occupato con quella colazione improvvisata.

«Te l'ho detto, scheggia, soffri di memoria a breve termine?» Sorrise addentando la sua ciambella causando la caduta di alcuni zuccherini sul marmo bianco.

«No, Ares, non soffro di memoria a breve termine,» alzai gli occhi al cielo, «ma solitamente quando qualcuno ti piomba in casa e ti dice che siete in ritardo, ti dice anche il motivo e per cosa sei in ritardo. Quindi ti rifaccio la domanda, perché diavolo sei in casa mia alle nove di mattina?» Mi passai le mani tra i capelli ancora umidi.

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