10. Dannata Tentatrice

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Quand'ero piccola, Aaron mi diceva sempre che sentivo la necessità di aiutare chiunque, nonostante non fosse compito mio, probabilmente dato anche dal fatto che avrei tanto voluto che qualcuno lo facesse con me

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Quand'ero piccola, Aaron mi diceva sempre che sentivo la necessità di aiutare chiunque, nonostante non fosse compito mio, probabilmente dato anche dal fatto che avrei tanto voluto che qualcuno lo facesse con me.

Era più forte di me, io dovevo aiutare le persone che mi stavano intorno, anche a rischio di non pensare più a me stessa.

Per questo mi ritrovai ad aiutare Ares.

Mi portai le mani tra i capelli cercando di capire che cosa dovessi fare con lui ricoperto di sangue nel mio salotto. Mi avvicinai a divano e lo guardai, ricambiò il mio sguardo e sorrise flebilmente. «Scheggia.» Disse a mo' di saluto.

«Forza, alzati. Ce la fai adesso a camminare fino in cucina?» Gli chiesi porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi, lui la ignorò e si alzò in piedi fissandomi negli occhi e sovrastandomi con la sua altezza.

«Ce la facevo anche prima, Mike è troppo drammatico.» Mi circondò i fianchi con le mani e mi spostò di lato per passare e andare in cucina. Imprecai a bassa voce e mi diressi in bagno per prendere il disinfettante.

Quando tornai in cucina lo vidi seduto su uno sgabello intento a guardare il vuoto, mi avvicinai a lui cautamente e gli appoggiai una mano sulla spalla dopo aver posato il disinfettante sull'isola.

Lo girai verso di me. «Mi vuoi spiegare che diamine è successo?» Chiesi ma non ricevetti risposta da lui, rimase fermo e impassibile a guardarmi, sospirai e mi girai di poco per prendere l'ovatta e il disinfettante. Ne bagnai un pezzettino e mi rigirai verso di lui con l'intenzione di iniziare a tamponargli le ferite ma prima che potessi appoggiargliela su una delle ferite lui mi bloccò il polso a mezz'aria.

Lo guardai interrogativa ma lui continuò a stare zitto e limitarsi a continuare a fissarmi. «Come te la sei fatta la cicatrice?» Disse solo dopo un po', con la mano non bloccata nella sua presa me la sfiorai impercettibilmente. Era lunga solo pochi centimetri, non si notava subito se non si fissava la mia guancia sinistra, era di un rosa pallido.

Papà.

Scrollai le spalle cercando di nascondere il mio nervosismo. «Non lo so, probabilmente me la sono fatta giocando da piccola con i miei fratelli.»

«Stai mentendo.» Si, sto mentendo, non vuoi veramente sapere come me la sono fatta.

«Forse, ma dato che tu non vuoi dirmi come ti sei fatto quello,» indicai con un cenno della testa la sua faccia macchiata di sangue secco, «io non ti dirò come mi sono procurata la cicatrice.»

Rimase zitto e io continuai. «Adesso mi lasci fare?» Mi lasciò andare la mano e io iniziai a tamponargli le ferite. Lo guardai bene mentre cercavo di togliergli tutto il sangue secco. Aveva gli occhi sempre di quel verde bosco che ti faceva rimanere incantato, ma non erano brillanti come al solito, erano spenti, e mi scrutavano attenti a ogni mossa. I capelli neri come la peace erano arruffati e avrei tanto voluto metterci le mani in mezzo.

HeartlessWhere stories live. Discover now