15 - Love remains the same ...

562 28 6
                                    

Bentrovate.
Siamo giunti al nuovo capitolo, importante e fondamentale per questa storia. E’ piuttostop lungo, ma non ho voluto dividerlo: temevo di rompere l’incanto.Quindi mettetevi comodi e assaporatelo tutto, lentamente come un pezzetto di cioccolato … e, quando avete finito, mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate.
Ci tengo davvero molto!
Buona lettura e a presto! 

15 – Love remains the same …

Erano passati ormai un paio di mesi dall’ultima volta che si erano visti. Gli impegni di ciascuno avevano impedito che si incontrassero: Jess era in giro a promuovere il libro e Rory era presa da un’inchiesta per il suo giornale. Si erano, però, parlati al telefono sempre da allora.Sentirsi tutti i giorni era diventata, per entrambi una piacevole routine: la telefonata del mattino, mentre Rory, perennemente di corsa, abbottonava il cappotto, con una mano, e con l’altra reggeva il cellulare, ridendo per la sua goffaggine; o quella della pausa pranzo, quando Jess le raccontava dell’ultimo talento capitato alla casa editrice e lei trangugiava, veloce, il suo cheeseburger, per correre in redazione; ma soprattutto quella immancabile, necessaria della sera, in cui si raccontavano, a turno, il resto della giornata, lentamente, rilassati, assaporando le proprie voci, come una dolce, cadenzata ninna nanna, che li traghettava l’uno verso l’altra, alla ricerca della buona notte.
Mancare ad uno di quegli appuntamenti era come privarsi della favola breve che, in quei pochi minuti, si raccontavano; era rimanere soli, sperduti, alla ricerca di una quiete che solo la presenza di ciascuno dava alla quotidianità dell’altro.
Erano quattro giorni che non riuscivano a parlarsi: il fuso orario la faceva da padrone e Jess cominciava ad essere insofferente: già la distanza era un barbaro tiranno, ma la mancanza anche della sua voce era diventata una tortura.
- Ho bisogno di una pausa … - annunciò a Matthew alla fine di un’altra giornata senza di lei.
Il socio fece per spiegargli l’importanza di quel tour ed il bene che faceva al suo libro incontrare i lettori, ma lo sguardo di Jess gli impedì di dire anche una sola parola. Ormai lo conosceva, anche se non si era mai confidato: erano amici, in fondo, di quegli amici che non hanno troppo bisogno di parole per capirsi.
- E’ per lei? – chiese. – Ok! – continuò, senza aspettare la risposta. – Rimando l’impegno di domani, ma, Jess, il giorno dopo ti voglio ad Atlanta … E’ importante! – concluse risoluto.
Il ragazzo annuì, lanciandogli uno sguardo d’intesa, e si allontanò con un mezzo sorriso stampato sulla faccia. 

§§§§§§§§ 

Rory era in ciabatte e pigiama, le gambe le dolevano a causa di quegli odiosissimi tacchi della donna in carriera che era durante il giorno. Quella sera, libera dalla veste professionale, dal trucco e dalla serietà di un tailleur griffato, avrebbe sgranocchiato qualcosa davanti alla tv e sarebbe crollata esausta sul divano, troppo stanca anche per scomodarsi a raggiungere il letto. Fu il suono del campanello a scuotere la sua tranquilla serata casalinga.
Svogliatamente, si diresse alla porta e, apertala, si ritrovò davanti Jess: bello, con i capelli scarmigliati, trattenuti a stento da un velo di gel. La luce pacata del pianerottolo lo colpiva di striscio, come se fosse sua complice, rendendolo misterioso e aperto insieme, sorprendente, eppure imprevedibilmente rassicurante, come ciò che si conosce a memoria.
- Ma … come … Cosa ci fai qui? – farfugliò sorpresa.
- Ti ho portato la cena! – rispose, come se per farlo avesse dovuto attraversare solo la strada.
La ragazza lo guardò confusa: le sembrava incredibile, che fosse proprio lì, davanti a lei, con quel maledetto sorriso compiaciuto di chi sa di aver fatto centro.
Con una mano, agitava un sacchetto di carta, lasciando che il profumo di patatine fritte, dall’interno, galleggiasse nell’aria, come un richiamo celestiale per i sensi, e nell’altra reggeva la tracolla di quella sua logora, scolorita sacca verde, compagna fedele e muta di tutti i suoi viaggi, traslochi e fughe.
- Vedo che la usi ancora … - sorrise, indicandola e cercando, con scarsi risultati, di riprendere il controllo del cuore che le era balzato in petto per la sorpresa.
- Trovo che mi dia quell’aria dannata e solitaria di chi è sempre alla ricerca di sé stesso … - rispose, mascherando un sorriso di scherno per quello che considerava il cliché dell’uomo solo e macerato, che la maggior parte delle persone attribuisce allo scrittore.
- Povero … poeta … vagabondo … - finse di compatirlo, con aria triste. – Tutto questo viaggiare … non ti avrà fatto dimenticare quanto io mangi, spero. - lo rimproverò, indicando il piccolo sacchetto, e cercando di distogliere lo sguardo dalle labbra di lui, attraenti e morbide in quella smorfia sbilenca, che le rendeva imperfette e uniche.
- Neanche la strada … fa dimenticare certe cose! – replicò e rivolse lo sguardo ad uno scatolone, che aveva appoggiato sulla soglia. Dentro c’era qualunque cosa commestibile avesse trovato, tutto in porzioni giganti per giganti affamati.
- Rory? – la chiamò, - Adesso mi fai entrare? – le chiese, inclinando la testa di lato per guardarla in viso.
- Ma tu … non avevi un impegno a … - chiese, sempre più confusa, travolta dalla sua presenza e dal desiderio, appena scoperto, che in quei giorni aveva avuto di lui.
- Rimandato! – la rassicurò, mentre, raccolto lo scatolone e rimessa in spalla la sacca, entrava in casa come fosse stata sua.
Un sorriso spontaneo la travolse, una sensazione di placida consapevolezza dei propri sentimenti la circondò, inebriante come il suo profumo, così lo accolse con un gesto della mano, indietreggiando verso il tavolino davanti al divano e continuando a guardarlo muoversi sicuro.
- Allora, mangiamo? – le chiese, accomodandosi, - Le patatine fritte fredde fanno schifo! – continuò, perfettamente a proprio agio.
- Vero … - concordò, arricciando le labbra, in una smorfia di disgusto.
- Avevi già scelto il film? – proseguì lui e, senza aspettare la risposta, lanciò un dvd, che Rory afferrò al volo.
- Non sarà Almoust Famous? – chiese, spalancando gli occhi allarmata.
- Tranquilla … - la rassicurò, mentre, continuando a sorridere, disponeva sul tavolo il contenuto dello scatolone.
“A love song for Bobby Long”*? – lesse il titolo, rigirandosi tra le mani la custodia.
- Fidati! – rispose, richiamandola con un cenno del capo, perché gli si sedesse accanto. 

Back to the startWhere stories live. Discover now