13. Night calls

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Kageyama sbattè lentamente le palpebre mettendo a fuoco ciò che lo circondava. Si trovava su un campo da pallavolo, il pavimento di legno lucido sotto di lui, ma oltre a quello tutto era nero. Si guardò i piedi: addosso aveva un paio di scarpe da ginnastica. Poi con le mani afferrò il lembo della maglietta e lo tirò un po' in avanti per guardarla. Bianca e blu. Era la divisa della squadra delle medie. Ma dov'era? Cosa significava?

La sua attenzione venne catturata in quel momento da alcune voci che sembravano provenire da molto lontano. Si girò da una parte e dall'altra, cercando di scorgere nell'oscurità l'origine del suono.

All'improvviso una luce sembrò accendersi con un rumore secco, come se qualcuno avesse acceso un faro di quelli che si vedono a teatro.

Nel cono di luce che si stagliava sull'oscurità Kageyama riconobbe delle figure. Erano dei ragazzi, tutti con la sua stessa divisa addosso. 'Ragazzi' pensò Kageyama con un tuffo al cuore rassicurato dalla visione di facce conosciute in quello scenario inquietante.

Ma i suoi ex compagni di squadra erano raccolti fra loro in cerchio e gli davano le spalle.

"Ma chi si crede di essere?"

"È così odioso"

"Spero che il coach lo levi dalla squadra"

"Solo perchè ha talento pensa di essere superiore a tutti noi"

"Io non schiaccierò più le sue alzate, sono stufo di impegnarmi ed essere rimproverato"

Ora le voci arrivavano a Kageyama in maniera distinta, tanto che poteva capire ogni parola. Il ragazzo sentiva il cuore sgretolarglisi lentamente nel petto ad ogni frase. Ogni volta che uno di quelli che erano stati suoi amici diceva qualcosa un pezzetto di lui moriva.

"Vi prego..." mormorò cercando di muovere qualche passo verso di loro "Vi prego basta. Io..." gli occhi gli si riempirono di lacrime ma continuò a camminare verso di loro. Il vuoto che li separava sembrava incolmabile.

Finalmente tutti i ragazzi si girarono verso di lui.

"Ragazzi..." supplicò Kageyama, ma loro lo guardavano impassibili.

Uno fece un passo avanti e gli puntò uno sguardo gelido negli occhi.

"Tu non meriti di stare con noi. Nessuno di noi vorrà mai un alzatore come te" disse freddo.

Poi si voltò e cominciò ad allontanarsi, seguito dal resto del gruppo.

"No..." mormorò Kageyama immobile, il volto rigato di lacrime "No! Aspettatemi!" gridò, ma nessuno di loro si fermò a guardare indietro.

Il ragazzo cominciò a correre, ma il campo sembrava infinito e la distanza non faceva altro che aumentare.

La vista gli si annebbiò. Inciampò e cadde a terra. Incespicando si mise in ginocchio, tendendo la mano verso i ragazzi ormai troppo lontani. Avrebbe voluto gridare, chiamarli, scusarsi, supplicarli, ma la voce gli morì in gola.

Poi, senza che lui potesse fare nulla, il gruppo scomparve inghiottito dall'oscurità e Kageyama tornò a essere solo.

Sentì il respiro mancargli e si piegò a terra singhiozzando.

Era solo.

Lo era sempre stato, in fondo.

E la colpa era soltanto sua.

"Non... va.... lgo... nul... la..." mormorò fra le lacrime, le parole rotte da singhiozzi convulsi.

'Sono solo'

The View over the Wall「Hinata Shoyo × Kageyama Tobio」Where stories live. Discover now