7. Un alleato inconsapevole

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-Grazie dell'aiuto- protestai scocciato e ricordai quanto fossi ancora poco indipendente.

«Ma dai! Spero che almeno la borsa per karate te la faccia da solo» aveva osservato Owens poco tempo prima, alla fine di una sua partita di calcio.

«Mi è capitato solo una volta per una gara» replicai abbastanza imbarazzato. E ogni volta che nasceva una questione simile, cercavo sempre di sviarmela il prima possibile. Se però avevo intenzione di organizzare e mettere in pratica un bel piano per entrare nel PIT, quella penalità mi sarebbe costata molto.

Ero stato poche volte nel giardino della scuola, se non per incontrare qualche amico o per le prove di evacuazione. Infatti dovetti osservare tutta la zona per orientarmi. Se il mio sesto senso aveva ragione, molto probabilmente avrei trovato lì il ragazzo.

Il tempo scorreva e non avevo la minima idea di che fare. Inoltre, stare fuori in maniche corte, alla fine di marzo, si stava rivelando una meravigliosa idea per rimanere chiuso in casa per una settimana, se non di più.

-Pensa, Samuele, pensa-. In un breve istante ricordai che il ragazzo nel sogno, custodiva in tasca un piccolo tubicino di metallo che avevo già visto talvolta utilizzare da qualcuno in giro. Dopo averlo cercato su internet, confermai la mia tesi: sigaretta elettronica. Ciò significava che lui fumava -quindi fumatore uguale area riservata ai fumatori-.

Alla buon'ora qualcosa quadrava, perché per l'appunto quel luogo si trovava lì nel giardino della scuola, ma non ricordavo dove precisamente. Giunto lì, cercai il ragazzo tra la piccola folla ed ecco che vidi spuntare la felpa nera dell'Adiké. Sentii gli occhi puntati addosso accompagnati da qualche:«Ué fra, te ne va una?» che evitai.

Giunto dietro allo sconosciuto, auspicando di non aver sbagliato persona, appoggiai la mia mano sulla sua spalla destra e lo salutai. Lui si voltò con uno sguardo perplesso, mentre io rasserenato, mi presentai...

«Samuele» e gli porsi la mano.

Lui, sempre titubante, mi salutò con un semplice e distaccato:«Ciao».

Improvvisamente fui spinto in avanti e il basso chiacchiericcio intorno, aumentò sempre di più.

«Ahah, il poveraccio ha un amichetto» vidi la faccia di un ragazzo avvicinarsi, per poi alitarmi addosso il fumo della sua sigaretta puzzolente. Mi si appannò la vista e le narici assorbirono tutta la puzza che mi provocò quasi nausea.

«Aaah, ma tu non fumi. Beh, mi stavo proprio chiedendo come un solitario e cafone come quello, avesse un amico del genere» aggiunse con uno sputo sulla mia maglietta. -Certo che questa è proprio bella gente- pensai e mi pentii di essere andato lì senza alcuna precauzione. Però all'udire quei dolci aggettivi attribuiti al ragazzo mi sorse il dubbio che non fosse una persona molto adatta ad avere rapporti con gli altri, se era per di più circondato da quella bella gente. Infine i miei dubbi svanirono, non appena mi aiutò a rimettermi in piedi e a mandare via la folla che si creata intorno a me e al teppista. Lo ringraziai, ma lui rimase muto come un pesce. Sapendo che avrei forse ricevuto delle risposte ai miei dubbi, cercai di trattenerlo mentre si stava già dileguando come tutti gli altri, ma da tutt'altra parte.

«So che ti chiami Alessandro» dissi ad alta voce e attirai la sua attenzione. -Così sei tu uno di quei nomi sul foglio. Non ho sbagliato, come invece credevo. Ma allora perché mi riusciresti ad aiutare? Come? Cosa sai che io non so? E poi perché proprio uno strano come te?- ragionavo osservando, dopo che si voltò, i suoi occhi stanchi avvolti da grandi occhiaie violacee. Gli davano una brutta aria. Mentre le sopracciglia erano increspate in un'espressione dubbiosa.

Mi rimase distante. Sembrava avesse quasi paura di avvicinarsi.

«La campanella suona tra poco, è meglio che torni in classe»

Pit-stopWhere stories live. Discover now