Capitolo 14 -Ethan-

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Ero nervoso, che cazzo aveva da guardarmi in quel modo? Odiavo.

Odiavo
Odiavo
Odiavo il modo in cui mi guardava.

Mi stava lodando? Voleva scopare con me?

«Ti ho fatto una cazzo di domanda!» alzai la voce.

«S-si mi scusi» sospirò.

«Siete suo fratello?» mi chiese poi e io aggrottai la fronte.

«No, il suo ragazzo» dissi e lei strabuzzò gli occhi per poi tornare alla sua espressione normale.

«Oh, si non ci avevo pensato... Ecco allora inizierò con il parlare con lei, siete maggiorenne vero?» gli mostrai la carta d'identità e lei annuì.

«D'accordo...» si mise la sua cartellina rossa sotto il braccio e poi continuò.

«La signorina Chloe Patterson purtroppo... È in coma» cos?

No, che stracazzo stava a dire.

Senza neanche accennare una risposta mi fiondai dentro la sua camera.

«Ehi! Signore! Non può ora!» la dottoressa mi rincorse ma me ne fregai poco.

Quando arrivai in stanza rimasi paralizzato e inclinai la testa per capirci qualcosa.

La dottoressa arrivò con il fiatone.

«Signore, non può stare qui mi disp-»
«Stai zitta» dissi lentamente e riuscì a sentire la sua paura adesso.

«È grave?» chiesi poi dopo qualche secondo, mi avvicinai al letto per vederla.

«Bhe... Ha avuto una commozione celebrale quindi...» bene, mi girai verso di lei.

«Esca di qui» dissi
«Come?» chiese lei incredula ed io mi avvicinai a passo svelto, lei indietreggiò.

«Ho detto che deve uscire» ripetei.

Lei si schiarì la voce.

«Mi scusi, ma già lei non è autorizzato a stare qui, ci sono delle ore di visita e io non posso uscire»
«Vaffanculo» dissi per poi uscire urtando la sua spalla.

Era colpa mia, bravo Ethan, sei stato bravissimo.

Una volta fuori dall'ospedale, presi il cellulare e chiamai Elias.

«Ehi a-»
«Vieni subito al bar» e staccai la chiamata senza dargli il tempo di rispondere.

Io mi avviai a piedi dato che la macchina non l'avevo.

Mi accesi una sigaretta e camminando mi guardai un po' in torno.

Quando guidavo non prestavo attenzione a niente.

Chissà cosa sarebbe successo se non avessi distrutto i suoi pattini, chissà se avrebbe completato l'esercizio.

Stava anche andando parecchio bene.

Non l'avrei mai detto.

Se avrebbe perso la vita cosa avrei dovuto fare? Poi m'importava così tanto di lei?.

Dopo un po' arrivai al bar dove avevo dato appuntamento ad Elias e lui già era lì.

Durante il tragitto mi ero fumato tre sigarette dal nervoso.

«Ma che hai?» mi disse quando gli andai vicino e gli feci cenno di entrare.

Ci sedemmo al bancone.

«Stasera hai da fare per caso?» chiesi.

«No, non dovrei fare niente in realtà, almeno così ricordo» mh.

Nothing is impossibleWhere stories live. Discover now