PROLOGO

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Due anni è il tempo che era trascorso dalla morte della propria amata.

Questo era l'ammontare di tempo che è stato per lui un limbo da cui non era mai riuscito ad uscirne, nemmeno nel suo attuale presente.

Una mattina aveva deciso di lasciare il proprio appartamento per prendere la macchina e dirigersi al cimitero della città.

Quel giorno era un giorno fin troppo speciale.

Durante il tragitto si era fermato presso una fioreria dove aveva chiesto un bouquet di fiori.

Mentre aspettava i fiori, gli stavano arrivando centinaia di messaggi e chiamate.

Dalla donna con cui voleva far funzionare la relazione. Dal proprio fratello, dai propri genitori...

E infine da un uomo con cui non ci parlava da tempo. Non per paura, ma a causa della mancanza di coraggio per guardarlo negli occhi.

Lui aveva portato via la sua tanto amata figlia, qualcosa che non si poteva ancora perdonare.

Iniziò a piovere all'improvviso, ma a lui non importava. Quel giorno sarebbe stato dedicato a loro, alcune gocce non avrebbero rovinato il tutto.

Iniziò a piovere come nel giorno della sua sepoltura durante la quale l'uomo non riusciva a non darsi la colpa per la sua scomparsa.

Nelle sue mani aveva un bouquet di giacinti, fiori preferiti di lei, informazione che aveva appreso da poco dalla migliore amica.

Il cielo fuori dall'autovettura era oscurato da grandi nuvole nere che non volevano lasciare spazio a un raggio di sole.

L'uomo continuava a osservare le gocce d'acqua scendere sul parabrezza della propria macchina, mentre cercava di radunare tutta la sua forza.

La pioggia non voleva cessare, ma, nonostante ciò, l'uomo decise comunque di scendere non dando importanza alla possibilità di bagnarsi.

A passi lenti si avvicnò alla pietra.

Ed è qui che purtroppo, nonostante la sua bravura di nascondere le proprie emozioni, cadde in ginocchio.

Sotto quella cascata d'acqua, le proprie lacrime iniziarono a mischiarsi con le goccioline che attraversavano il proprio volto.

Quell'amara colpa che si portava sulle spalle non lo abbandonò.

Il peso maggiore per l'uomo fu che la donna, in fin di vita, gli aveva confessato i propri sentimenti ma lui, testardo com'era, non le aveva risposto.

Era convinto che si sarebbe salvata. Ma così non fu.

Per un attimo voleva iniziare a chiedere scusa, parlare, raccontare del più e del meno...

Fare una battuta come faceva prima che tutto questo accadesse, ma sapeva che davanti a lui non c'era nessuno.

Alzò la sua mano e iniziò ad accarezzare quella maledetta lastra di pietra che si trovava dinanzi a lui, ricalcando i numeri della data della sua morte.

Senza accorgersene, a voce bassa, iniziò a chiederle scusa innumerevoli volte.

Ma, purtroppo, la sua voce non si poteva udire a causa del forte rumore dello scrusciare della pioggia.

Si poteva vedere come la sua bocca si muoveva, come i suoi occhi blu erano stanchi e inondati dalla tristezza.

Non sapeva da quanto tempo era lì, e non gli interessava. Oggi era il suo compleanno.

Se non fosse successo tutto questo, lei oggi avrebbe compiuto 26 anni, e avrebbe finito quella maledetta università che tanto le piaceva.

Ma no. A lei che non aveva avuto paura a entrare a far parte completamente del suo mondo.

Aveva rischiato tutto e allo stesso tempo aveva perso tutto, anche il suo futuro. Il loro futuro insieme.

Il suono della pioggia iniziò a rilassarlo e allo stesso tempo creò una barriera tra lui e tutto il mondo che lo circondava.

Una bolla in tutto quello che stava succedendo nella sua vita.

Dopo alcuni minuti ritornò al presente e alla lastra di pietra davanti a lui.

Alzò la testa, e si rese conto che non solamente lui si trovava in quel luogo.

Vedeva la gente che era venuta a trovare le loro persone care ormai lontane da loro.

Però lui rimase impassibile a guardare tutta quella gente.

Anche loro stavano piangendo anime che non erano più tra di loro.

Non solo lui. Non era l'unico. Non era solo. Ma questo non lo aiutava.

Senza rendersi conto qualcuno si era avvicinato e gli aveva poggiato la mano sulla spalla.

L'uomo girò il proprio volto e lo alzò per capire chi fosse.

Dopo qualche secondo capì che dietro di lui, in piedi a differenza sua, si trovava il proprio fratello minore.

Egli lo guardava con quegli occhi che lui tanto odiava con tutto sé stesso: pietà mischiata alla compassione.

Non gli serviva quella compassione falsa che tutti credevano di provare quando era il contrario.

L'uomo non aveva bisogno di tali emozioni, lui aveva bisogno della sua donna, solamente di lei.

Ma questo era impossibile, e lui lo sapeva troppo bene.

Ma il suo corpo, la sua mente, il suo cuore... Non smettevano di ricordarli quella sensazione che nemmeno lui sapeva come chiamare.

Ritornò con i suoi pensieri verso il fratello e notò che dietro di lui c'era qualcun'altro.

Conosceva fin troppo bene quel terzo uomo, ma non aveva il coraggio di guardarlo in faccia. Dopotutto sapeva che aveva ucciso la figlia.

Con l'aiuto del proprio fratello si alzò, ma non tolse lo sguardo dalla tomba.

Dopo essere ritornato l'uomo di sempre, ritornato mentalmente al presente, iniziò ad allontanarsi per dirigersi verso l'uomo appena arrivato.

Ormai era bagnato fino alle ossa, ma poco gli importava. Per lei avrebbe fatto questo e altro.

Per lei avrebbe fatto di tutto. Quante volte aveva pensato di raggiungerla...

Quante volte nel suo ufficio si era puntato quella fottuta arma alla tempia, però, non riusciva mai a far partire quel dannato colpo.

Non ce la faceva, nonostante provava a farlo ogni sera.

Non riusciva a farlo e non poteva nemmeno farlo.

Lui sapeva che il suo colore preferito era il bordeaux, ma lei non avrebbe voluto vederglielo indossare in quella maniera.

E nemmeno lui, in fine dei conti, non voleva vedere che lei lo indossasse in quel modo. Non quell'ultima volta.

Ma almeno lei ora era libera. Lui purtroppo no.

Forse la libertà della sua amata donna ha segnato la fine della propria libertà.

La corona del nuovo Zar |Trilogia Diamante Nero #2|Where stories live. Discover now