Tornato a casa da scuola, l'abitazione era immersa in uno spaventoso silenzio, la soluzione migliore era accendere della musica e fu ciò che feci.
Appoggiai lo zaino all'ingresso e trovai sul tavolo il pranzo preparato quella mattina dalla mamma prima di andare a lavoro. Mangiai con calma e cominciai a preparare i compiti da fare. In tutto quell'arco di tempo non ben definito, il silenzio avvolgeva lentamente le onde sonore musicali o perlomeno era una mia sensazione, che non gradivo. In quel momento non volevo altro che essere il padrone del tempo, con lo scopo di evitare di impazzire nel controllare continuamente l'orario.

Giusto il tempo di finire l'esercizio di italiano, che lo squillo del campanello rimbombò in tutta la casa. Pure il silenzio, che aveva ormai inghiottito qualsiasi cosa, si animò.
Felicissimo di rivedere Angela, mi fiondai verso la porta scivolando sulle scale lucide e liscissime e ignorando il dolore lancinante alla natica destra, l'accolsi in casa.
«Ciao Samu!» mi salutò sorridendo
«Eii! Vieni, entra» l'accolsi gentilmente.
Mentre si toglieva il giubbotto, le analizzai il volto. Non era cambiata dalla mattinata in classe: stesso sguardo, stesse sopracciglia; continuava ad essere strana.
«Come stai? - si voltò verso di me incuriosita - Intendo se stai meglio rispetto a stamattina...»
«Non so, beh...ecco. Mi sento triste e...strana; continuo ad essere così da stamattina»
«In che senso strana?»
Mentre parlavamo salimmo le scale e ci sedemmo sul letto in camera mia.
Non mi ero mai preoccupato così per una persona. Tenevo molto a quella ragazza, come mai mi era capitato. Lei era molto importante per me. Tuttavia una parte del mio corpo mi bloccava e mi consigliava di non portare oltre il limite quell'amicizia. Infatti il mio sesto senso purtroppo me lo confermò.
«Allora... diciamo che mi sento in un continuo stato di malessere. Anche come se di punto in bianco tutti i miei progetti, sogni e quant'altro si sgretolassero e non potessi ricostruirli. Ci ho riflettuto su e ho interpretato questa sensazione come un avvertenza a qualcosa; ma di ignoto» le sue pupille si erano abbassate e navigava con lo sguardo sul parquet per ricordare, molto probabilmente voleva trovare una spiegazione plausibile a quello che mi aveva appena spiegato.
Cercai di rassicurarla, ma non mi voleva ascoltare. I suoi occhi cominciarono a sfrecciare da una parte all'altra della stanza, provocandole una grande confusione.
«Ma no! Ma che dici. Sta' tranquilla; non succederà nulla di tutto questo»
«Non ci riesco, mi sento annebbiata. Sono persa, vuota!»
Non era in sé, non l'avevo mai vista in quello stato e non avevo la minima idea di come risolvere la situazione.
«Ma che cosa farnetichi in quella testa da secchioncina?- fortunatamente quel nomigliolo la fece sollevare e mi rivolse l'attenzione- Stai fingendo per farmi uno scherzo?» provai a scherzare. Nonostante tutto, i suoi occhi castani mantenevano una patina trasparente d'acqua sopra. Purtroppo gli incoraggiamenti che cercavo di darle sembravano non tranquillizzarla.
«Ascoltami, non ce la faccio proprio a vederti così, devi riuscire a calmarti. Pensa a qualcosa di bello»
Si asciugò con l'indice una piccola goccia che le cadeva dalle ciglia e imitai lo stesso gesto sull'altro lato del suo viso.
«Pensa a me» azzardai; inoltre le uscii una risatina.
«Beh di certo non è una brutta idea» e finalmente il sorriso ritornò ad impadronirsi del suo volto.

Angela osservava il mio caro amico PIT nel buio, dalla finestra; mentre io rimanevo sdraiato a supino a guardare i ragnetti che camminavano a zonzo per il soffitto.
L'abbreviativo che avevo dato al piccolo Parco Archeologico a fianco a casa mia, stava per: "Perdita Inutile di Tempo". Più che un parco interessante, degno di riconoscimento, pareva un parco giochi. La gente non scarseggiava mai, infatti, quando mi annoiavo, fissavo il viavai dal cancello del Parco. Si poteva notare di tutto: da uomini travestiti da clown alla gente più normale e monotona. Tutte quelle persone, così diverse tra di loro, si riunivano in quel Parco, per ascoltare e seguire le guide noiosissime di quegli stupidi sapienti della storia. Mi chiedevo cosa trovassero di tanto interessante in ciò.
«È carino quel parco. Però, perché sono ancora aperti? Sono le nove di sera. Ricordo anche, che quelle volte che venivo, non ci fosse tanta gente...»
Angela era rimasta a mangiare da me, volevo che si distaccasse per un po' dal solito ambiente casalingo per distrarsi dall'attacco che le era venuto.
«Vallo a chiedere a loro» mi alzai dal letto diretto verso di lei.
«Rimangono aperti praticamente tutto il giorno: dalle sette e cinquantaquattro del mattino, fino alle dieci e dodici di sera. Il bello poi è che di questo periodo stanno aumentando come un gregge di pecore e agnellini» lei non si voltò, ma dal vetro della finestra notai comparire sul suo bellissimo volto un sorrisetto.
«Come fai a conoscere l'orario preciso di apertura e chiusura?» sembrò sorpresa alle mie parole.
«Per far passare la noia, fisso il viavai proprio da questa finestra. Ormai è un'abitudine che ho preso da quando sono arrivato in questa casa. Lì è rimasto tutto come dieci anni fa»
Sfortunatamente notai dopo poco tempo, dal riflesso della sua figura, un nuovo stato di preoccupazione. -Cos'era che la turbava tanto?-
«S-S-Samuele» la vidi tremare di paura.
-Ecco, eravamo tornati al punto di partenza.- Disperato non era lo stato d'animo che avvertii in quel momento, ero soprattutto demoralizzato.
Cercai di parlarle con la poca pazienza che mi era rimasta.
«Che succede?»
«La luce...» disse con un tremolio nella voce.
I suoi occhi riflessi non guardavano più verso il Parco, ma erano diretti verso l'alto.
La imitai distaccando lo sguardo da lei.
«Che intendi?» le chiesi perplesso. Non mi risultava nulla di diverso dal solito sul soffitto.
«P-poc-co fa...la luce faceva uno s-strano rumore e andava a-a piccoli scatti» adesso aveva pure le allucinazioni?
«Sarà stata un'impressione. È impossibile che succeda, perché mio padre ha cambiato la lampadina la settimana scorsa e poi è di buona marca» voleva mettere in dubbio la mia parola?
Appena incrociammo gli sguardi, però scacciai i pensieri sospettosi nei suoi confronti.
Mi stavo sbagliando, come poteva una ragazza come lei mentire? Il mio sguardo si calamitò nuovamente nel suo e proprio così scoprii che non aveva avuto un'allucinazione, perché infatti, dopo qualche minuto, i suoi occhi iniziarono a cambiare tonalità a seconda dell'intensità della luce della lampadina che lampeggiava ed emetteva un ronzio anomalo.
Forse non era tutto così ben funzionante come immaginavo.
"Le donne hanno sempre ragione".
Angela aveva ragione.
Il Terrore cominciò a riempire la stanza quasi oscura tra il pianto della ragazza e ronzii insopportabili all'orecchio.

Pit-stopWhere stories live. Discover now