Il grigio

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L'anziano fattore era seduto sul dondolo piazzato sotto il portico. Ogni tanto un fioco bagliore rosso gli pulsava sotto il naso come un occhio infernale: era la cicca che gli pendeva da un angolo delle labbra. Aspirava con fare nervoso. Talmente nervoso che non si accorse che non c'era più nulla da aspirare fino a quando non vide arrivare il tizio a cavallo. Allora si alzò, lasciò cadere la cenere che si era ammucchiata in grembo e spianò il fucile che sino a un attimo prima gli riposava sulle cosce. Tenne sotto tiro il nuovo arrivato finché non fu abbastanza vicino, diciamo a tre passi dal recinto di legno che circondava la casa, quindi si rilassò e abbassò l'arma.

«Scusa, ti avevo preso per un altro», disse il fattore.

«Che non è amico tuo, mi pare di capire», fece il tizio a cavallo.

Il fattore notò la pelliccia che indossava, massiccia e grigia, e l'elsa che spuntava dal lungo fodero agganciato al fianco dell'uomo.

«Sei un helwyr?» chiese il fattore.

«Di certo non sono la Fatina dei Denti», fece l'uomo.

Era grosso come un armadio, tanto che il fattore si chiese come facesse il cavallo a sostenerlo, e aveva barba e capelli fulvi.

Che cristone, pensò il fattore.

Una mucca che pascolava nel verde del recinto si avvicinò ai legni che la separavano dal cavaliere. Infilò il muso tra due assi e il cavallo reagì abbassando il proprio. I due animali si annusarono a vicenda, quasi parvero baciarsi.

«Chi era il tizio che volevi impallinare?» chiese l'helwyr.

«Uno che mi fotte il bestiame», disse il fattore.

«Se vivi da solo in mezzo al niente, i ladri di bestiame sono il minimo che ti puoi aspettare.»

Il piede del fattore lasciò la passerella del portico e pestò l'erba del recinto. Doveva averla tagliata di recente, perché c'era ancora quell'odore nell'aria, pungente e per nulla spiacevole. All'helwyr quell'odore metteva sempre un certo appetito.

«Non sono proprio in mezzo al niente», fece il fattore. «A tipo una lega da qui ci sta la casa rosada

«E che sarebbe?»

«Ci abita una signora che è una specie di sciamana. Ogni tanto le porto le uova e lei mi regala qualcuno dei suoi malfatti

«Malfatti

«Degli oggetti strambi che non so da dove piglia... però sono utili. Tipo mi ha regalato un affare che fa una fiamma piccola come il pisello di un baco da seta. Lo uso per accendermi le sigarette.»

L'helwyr pensò che il fattore non avesse tutte le rotelle a norma. Poi, d'un tratto, comprese.

«Volevi dire manufatti», fece.

«Eh, quelli lì», disse il fattore.

«E 'st' affare che dicevi fa una fiamma?»

Il fattore si caccio una mano in tasca, la tirò fuori e mostrò al tizio fulvo un affarino piccolo e blu. L'helwyr si accigliò. Il fattore fece scattare il pollice sulla testa dell'affare: un piccolo sibilo, una scintilla e infine una fiamma minuscola balenò sulla testa di quell'oggetto.

«Cristo e Messiah», sbottò l'helwyr.

Smontò da cavallo con un impeto mal contenuto. La bestia sollevò il muso e sbuffò, come a dire al suo cavaliere: e che cazzo!, poi tornò ad annusare il muso della vacca. L'helwyr si avvicinò alla staccionata e il fattore gli andò incontro. Aveva messo giù il pollice e la fiamma era svanita di colpo.

Acciaio, pallottole & demoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora