La Rosa dell'eremo

8 2 0
                                    

Il negromante fuggì sull'eremo e si rifugiò nel cimitero. L'helwyr sapeva che era lì ancor prima di avvertirne la presenza. Dove altro poteva rifugiarsi quello scopatore di cadaveri? Quando giunse alle porte di quella che chiamavano la Rosa dell'Eremo, gettò un occhio alle parole incise sulla fredda stele (Pellegrino che passi per questa via, alza gli occhi e saluta Anemone, la bella guardiana dei Quattro Limbi) e passò nel mezzo delle due imponenti colonne che, in mancanza di un architrave, parevano sorreggere il cielo basso e grigio. Mise piede nell'Eremo e si chiese quanti lustri fossero passati dall'ultima volta che qualcuno aveva violato la quiete di quel luogo. E mentre ci pensava, la mano calò lungo il fianco e si chiuse sull'elsa della spada.

Un negromante in un cimitero, pensò. Era un po' come gettare un llew in un pollaio.

L'helwyr si guardò intorno. L'anello più esterno della Rosa era costituito da vecchie croci di legno e di pietra. Quella di pietra erano un po' inclinate, come se il peso del tempo le avesse fiaccate.

O come se chi ci stava sepolto sotto avesse provato a smuovere la terra per uscire.

L'helwyr scacciò quel pensiero. Se permetteva alla mente di divagare in quella direzione, non ne sarebbe più uscita. Doveva sgomberare la testa. Fare pulizia.

E mentre fai pulizia, vedi di trovare quello scopatore di morti prima che ti resuscita tutto l'eremo.

Era più facile a dirsi. Quel posto pareva grande come una città. E in un certo senso lo era, anche se l'helwyr la vedeva più come una pensione a cielo aperto, dove gli inquilini che pagavano con la morte l'affitto. Inquilini che non ti davano mai problemi e che avrebbero fatto la felicità di qualsiasi padrone di casa.

L'helwyr si fermò un attimo per decidere in che direzione andare.

Anche i morti sognano.

Si voltò con un cipiglio.

«Che cazzo...?» mormorò e fu un po' come violentare la quiete dell'eremo.

Sognano i vivi.

Quel figlio di puttana gli stava facendo qualcosa. Provava a fotterlo, a fottergli i pensieri.

«Dove sei, bastardo?» urlò.

Ssst, fa' piano, che svegli i morti.

Una risata da cornacchia rimbombò nella mente dell'helwyr.

«Vieni fuori e affrontami.»

La sai quella dei due senili? Uno chiede all'altro: secondo te come si sta sottoterra? E l'altro: da quello che so, nessuno si è mai lamentato.

Un'altra risata catarrosa rimbombò nella mente dell'helwyr.

«Fai schifo pure come racconti le storielle.»

Ho talenti migliori, e se hai la pazienza tra un po' te li mostro.

L'helwyr decise di inoltrarsi nel secondo cerchio della Rosa. Le croci si moltiplicarono. Parevano quasi fiorire dal terreno come colture aliene piantate da un antico dio della morte. Ce n'erano di grosse, alte anche due metri, e di più piccole. L'helwyr pensò di capire il significato di quelle piccole: erano bambini.

Fanculo, pensò.

E nel momento in cui lo pensò, la voce del negromante disse: qualcuno ha il cuore tenero.

«Escimi dalla testa», fece l'helwyr.

Si guardò intorno nella speranza di scorgere il mantello nero del negromante, ma non vide nulla a parte il giardino di croci.

Acciaio, pallottole & demoniWhere stories live. Discover now