Cuore di drago

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Il tizio con il saio sbrindellato stava attraversando la palude quando si accorse dell'enorme creatura spiaggiata. La vide da lontano, si fermò e piantò la base appuntita del bastone nodoso nel fango. I minuscoli teschi legati intorno all'impugnatura oscillarono. Quella che distingueva era una lunga coda, ma lunga quanto un serpente marino di quelli grossi e ciccioni. E di fatti l'aveva scambiata proprio per un serpente marino, almeno all'inizio. Poi si era accorto della cresta che s'arrampicava su, sino al possente dorso, e allora aveva compreso. E quando aveva compreso, per poco non si era inginocchiato per rendere grazie al mostruoso dio dell'Ell, la scimmia-ragno che dimorava nelle Terre Sconsacrate.

Quel mostro gigantesco di cui vedeva la coda, una zampa e una grossa ala, era un drago. Nientemeno che un Mynydd. Non ne aveva mai visto uno. Prima di allora, la sua conoscenza dei leggendari lucertoloni si limitava alle storie che i negromanti ultracentenari sciorinavano ai membri della tribù durante le notti da bivacco. Da quelle storie aveva appreso degli Storïwyr, la nobile stirpe degli affabulatori, e di Tamer, l'ultimo erede vivente della grande casata. Stando alle storie, Tamer viveva sui picchi di Emor con gli ultimi Mynydd. E i picchi di Emor erano a leghe e leghe di distanza da lì, nell'Entro-Terra più profondo.

Perciò, che diavolo ci faceva un Mynydd nelle paludi dell'Ell?

Il tizio si spostò di lato, descrivendo un grande arco che gli permettesse di guardare senza avvicinarsi. Era davvero mostruoso, così grosso da polverizzare gli alberi sui quali era cascato. Vedeva un fianco dell'animale gonfiarsi e sgonfiarsi in lenti cicli. La pelle rugosa era opaca, così come le scaglie. Il colorito generale dell'animale si avvicinava molto a quello delle ceneri funerarie che i negromanti ultracentenari usavano per certi rituali.

Sta morendo, pensò il tizio.

Ricordava dai racconti che, quando un drago era prossimo a schiattare, assumeva quel colorito sbiadito. E quando smetteva di respirare, il suo corpo si tramutava in pietra. Era un processo rapido. E a giudicare dal colorito e dai movimenti sempre più lenti del ventre, mancava poco all'ultimo respiro.

Il tizio slacciò il cordone del saio, l'aprì e sguainò il grosso pugnale dalla lama curva e scintillante. L'affilava una volta al giorno. Lo pigliavano per il culo, al villaggio, ma lui se ne sbatteva. Non sapevi quando poteva farti comodo una lama ben affilata. Ti capitava di camminare per la palude, ad esempio, ed ecco che incocciavi un Mynydd prossimo alla morte. Un'occasione più unica che rara. Il cuore di un drago era merce pregiata.

Il tizio si avvicinò con molta cautela. Intorno al drago c'erano alberi abbattuti e spezzati in due. Nel cascare aveva scavato un solco che dalla coda si allungava per un pezzo. Se lanciavi lo sguardo, potevi vedere una larga pista disboscata che tagliava in due la palude. L'ala sinistra era come un enorme tendone. Sotto ci si potevano riparare almeno cinquanta persone, e forse pure di più.

Il tizio proseguì, seguendo la linea del collo e arrivando a vedere la testa. Ce l'aveva incorniciata da un'infinita di corni grandi e piccoli. Quelli erano buoni per forgiare armi. Un helwyr avrebbe pagato qualsiasi cifra per tutto quel po' po' di robetta.

Un helwyr ti avrebbe già ucciso.

Era più realistica come ipotesi, ma di quello non doveva preoccuparsi. Era difficile che un helwyr si spingesse tanto a ovest. L'Ell era un luogo inospitale quanto la passera di una gigantessa e i cacciatori non rischiavano la vita. Preferivano radunarsi nella foresta ai piedi dei picchi di Emor e attendere che un drago vi si recasse a caccia di cibo. Allora gli tendevano un agguato e poi si spartivano la ricompensa. Certo, ammesso che riuscissero a farlo secco. Se i Mynydd dei picchi di Emor erano grandi come quello che il tizio aveva davanti, l'impresa era mica da ridere.

Acciaio, pallottole & demoniWo Geschichten leben. Entdecke jetzt