Confessioni

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She walks around in designer jeans
but she don’t know what it really means
Don’t try to make her ’cause you’re wasting your time
Making love never crosses her mind
Asexual, The Echoes

      Dopo che le acque si calmarono, i nostri nuovi amici andarono a controllare cosa stava succedendo. Nel frattempo Eddie e io aspettavamo ansiosi qualche notizia. Dustin ci aveva lasciato uno dei suoi walkie talkie, che aveva denominato Cerebro, in modo che potessimo comunicare anche a distanza. Eddie ci stava tamburellando sopra con le dita. Lo invitai a usarlo.
      «Hey, mi ricevete? Handerson?» chiese Eddie, come se non stesse aspettando altro che un mio segnalo. La risposta si fece attendere alcuni interminabili secondi.  «Sì, scusateci. La nuova vittima è Fred Benson. Povero ragazzo...» ci comunicò Dustin. La notizia ci lasciò attoniti. Io non conoscevo Fred, sapevo che lavorava al giornale scolastico, nulla di più, ma sapere che c’era stata un’altra uccisione, brutale come la prima, mi fece deglutire più forte del solito per riuscire a ingoiare quel rospo. Anche Eddie sospirò.
      «Ehm, abbiamo incontrato Nancy Wheeler, la conoscete?» ci chiese il ragazzo dall’altra parte dell’apparecchio. Nancy era la sorella di Mike, ogni tanto quando andavo a fare ripetizioni a casa sua la incontravo, ma non ci siamo mai scambiate più di qualche convenevole. «Ciao Nancy.» la salutai. Eddie mi guardò con un’espressione preoccupata, probabilmente si stava chiedendo se fosse il caso di fidarci, ma non è che avessimo molta scelta.
      «Nina. Ciao.» disse lei, stupita nel riconoscere la mia voce. Gli altri non le avevano parlato di me, convinti che non ci conoscessimo.
      «Nancy, qui, potrebbe avere una pista.» ci interruppe Dustin, carico di adrenalina. Nancy in sottofondo però non sembrava così convinta. «Ma è un salto nel buio.» disse scoraggiata. «Inoltre la biblioteca è chiusa ed è necessaria per le ricerche di cui abbiamo bisogno. Dovremmo fare i salti mortali per riuscire a entrare di nascosto senza essere beccati» concluse. In quel momento mi ricordai che non avevo posato le chiavi della biblioteca a casa, perciò dovevano essere ancora nella tasca del cardigan. Mi alzai di scatto per andare a controllare.
     «Nina, che fai?» mi chiese Eddie, dato che mi ero alzata senza dire nulla. Frugai tra le tasche e dopo due tentativi trovai il piccolo mazzo. «Bingo!» esclamai, tornando vicino a Eddie e facendo tintinnare le chiavi davanti ai suoi occhi in modo che il suono si sentisse anche dall’altro capo del walkie-talkie. «È un peccato che nessuno ci lavori» dissi ironicamente, facendo intendere che avevo io le chiavi della biblioteca. Eddie mi guardò con un sorriso fiero e io lo ricambia.
     «Tu ci lavori! Evvai! Questa sì che è una bella dose di fortuna» asserì Robin con il suo tono scherzoso su cui avevo quasi fatto l’abitudine. «Frenate l’entusiasmo però. Ci sono un paio di problemi» asserii. Non potevo ignorare né il custode, né il fatto che non mi era permesso lasciare le chiavi a qualcun altro. «Non posso certo lasciare le chiavi a qualcun altro, perciò dovrò venire con voi nel caso in cui Simon, il custode, faccia un giro.» dissi fermamente. Il sorriso di Eddie si trasformò in un’espressione preoccupata. «Inoltre dovrete nascondermi per bene, non vorrei rischiare che qualcuno mi vedesse e mi riconoscesse come la ragazza che ficcava il naso a casa di Eddie» e questo era un ulteriore problema.
      Però non eravamo senza speranze. Il piano poteva davvero funzionare, qualsiasi cosa Nancy volesse cercare. «Io e Robin verremo a prenderti, stai pronta.» disse la ragazza dall’altro capo. Chiusi la chiamata.
      Eddie mi guardava con la stessa espressione preoccupata di poco prima. Effettivamente non c’era poco in gioco. Se qualcuno mi avesse riconosciuta tutto quello che avevamo fatto fino a quel momento sarebbe stato inutile. Cercai di rincuorarlo usando il sarcasmo.
      «Uh, come farai senza di me ora?» chiesi in tono teatralmente disperato. Lui sospirò, si appoggiò con il corpo a un mobiletto per avvicinarsi e arrivare alla mia altezza. «Non posso fare altro che aspettare che torni.» mi sorrise. Il mio cuore perse un altro battito. Ero davvero così spaventata? In fondo non dovevamo fare nulla di così pericoloso. «Comunque, stai attenta.» aggiunse, tornando serio. Io annuii con il capo.
      Lui tornò dritto e si avvicinò ancora. Mi accarezzò la guancia con il dorso delle dita e mi portò un corto ricciolo ribelle che si era posato lì dietro l’orecchio, poi scese fino a posarmi la mano sulla spalla. Seguii il movimento delle sue dita con lo sguardo. «Voglio dire… sul serio» disse con un tono di voce più rauco, guardandomi fissa negli occhi «Non voglio… non posso affrontare tutto questo da solo» abbassò la testa con gli occhi che puntavano al pavimento.
     Gli presi la mano e lui rialzò il capo. «Non sei solo, Eddie» affermai. Allargò lo sguardo e vidi una scintilla nei suoi occhi. Cercò di intrecciare le dita della mano che gli tenevo con le mie, ma in quel momento il Cerebro fece un rumore.
     «Nina, qui Robin. Siamo fuori» disse la ragazza, come se stesse parlando in codice. Gli lasciai le mani e mi incamminai verso la porta. Mi girai mentre la stavo per aprire. «A dopo, topo.» gli dissi scherzosamente, tirando fuori la frase stupida che aveva detto Steve la sera prima. Lui mi salutò con la mano e sorrise. Mentre uscivo lo vidi accendersi una sigaretta.
      Non riuscivo a capire la sensazione che avevo addosso. Non sembrava preoccupazione, eppure era pesante allo stesso modo. Mi sembrava che il cuore mi si stringesse dentro al petto. Mentre salivo in macchina ripensai a Eddie che si accendeva la sigaretta appoggiato al mobiletto. Il mio cuore perse un battito ancora una volta. Non riuscivo a capire se era un qualche scherzo strano dell’adrenalina o se stavo cominciando ad avere problemi di cuore. La seconda opzione sarebbe stata un bel problema, quindi decisi di non pensarci.
     «Tieni, mettiti questa» disse Nancy, porgendomi una felpa con il cappuccio, in modo che non mi si potesse vedere e la indossai. Durante il viaggio Robin non smetteva di parlare.
     «Ok, aiutami a capire» disse rivolta verso Nancy, sul sedile davanti del passeggero, mentre l’altra teneva lo sguardo sulla strada e le mani ben salde sul volante. «Lo zio di Eddie, Wayne, pensa che Victor Creel sia scappato dal Pennhurst Asylum e che sia stato lui a commettere questi omicidi?» chiese, anche se il suo tono era leggermente sarcastico e vagamente accusatorio. Nancy ci aveva spiegato quello che aveva scoperto. Era davvero un salto nel vuoto, anche perché non avevo nessuna idea su dove trovare le informazioni. Non ero nemmeno sicura che potesse esserci qualcosa in biblioteca. Nancy annuì seccata alle continue domande di Robin.
      «Ma Victor ha commesso l'omicidio degli occhi negli anni '50, più o meno» Continuò Robin, facendo alcuni calcoli. Faceva fatica a comprendere e devo ammettere che anche io con lei, ma se esisteva un mago oscuro di un gioco e altre creature strane e ragazzine con poteri, perché un vecchietto non potrebbe essere evaso da un manicomio di massima sicurezza? Rabbrividii al pensiero. «Beh, nel ‘59.» specificò la mora.
     «Quindi significa che questi omicidi precedono gli eventi di Undi e del sottosopra di circa 30 anni?» chiese ancora Robin. Nancy ora era visibilmente turbata, stringeva il volante come se fosse la testa di Robin e le dovesse strappare tutti i capelli. «Sì» esclamò, molto seccata. 
     «Il che vuol dire che lo spaventoso Victor Creel dovrebbe essere un vecchio di 70 anni» disse ancora la bionda, che non riusciva nemmeno a credere alle parole che pronunciava, mentre Nancy era sul punto di esplodere di rabbia. «Sì» disse con la mascella serrata. A quel punto dovetti intervenire, perché avevo paura che scoppiasse una rissa.
     «Ragazze, non vorrei interrompervi, ma ora devo» mi avvicinai a loro, aiutandomi ad andare avanti con le braccia che spinsero sui sedili anteriori dell’auto. «Robin, per favore smetti di fare domande, mi stai facendo venire mal di testa.» le confessai, anche se non volevo farla stare male. Lo stesso non volevo per Nancy, ma una cosa dovevo dirgliela. «E Nancy, cerca di capire i suoi dubbi. Questo sì che è un vero e proprio salto nel vuoto» cercavo di fare da paciere, ma non era facile in mezzo a quei due fuochi.
     «Avevo detto che lo sarebbe stato» disse la ragazza al volante, premendovi con le braccia e facendo le spallucce.
     «Lo so, ma pensavo solo che con 'salto nel buio' fossi modesta o nascondessi un super asso nella manica con cui ci avresti stupito in seguito. Ma questo è veramente un salto nel buio.  Come se fossimo cecchini bendati che venivano fatti girare circa 50 volte» continuò Robin. Io sgranai gli occhi e la guardai con uno sguardo di disapprovazione, perché a questo punto aveva superato il limite. Nancy frenò bruscamente l’auto. Si girò verso l’altra ragazza, inferocita.
      «Ok, se pensi che sia una perdita di tempo perché non chiami Steve? Di sicuro verrà a prenderti» sbottò. A questo punto mi fu almeno un pochino più chiara la situazione. «Non sono in pericolo e anche se fossi siamo già in due. C’è Nina con me.» scese dall’auto e si diresse verso la biblioteca. Robin era rimasta attonita, seduta in auto. Non era scesa quando Nancy aveva sbattuto la portiera. Ma lo feci io. Guardandomi intorno per vedere se la strada fosse libera le afferrai il polso. A quel punto anche Robin scese dall’auto.
      «Nancy so che hai un ragazzo e non so come vanno le cose tra voi, ma se ce l’hai con Robin perché sei gelosa di Steve penso che faresti meglio a richiederti. Mi sembra ovvio che a lei non possa piacere uno come lui.» guardai Robin, che mi guardava con un’espressione stupita, come se non avessi detto qualcosa che ai miei occhi era ovvio. Mi girai verso l’altra ragazza, a cui stavo ancora tenendo il polso e glielo lasciai. Anche lei mi guardava strano. «Che c’è? Sono un’attenta osservatrice, io!» esclamai. «In ogni caso, ha ragione. Io e Steve siamo tipo platonici, con la P maiuscola, se fosse questo ad alimentare la tensione tra noi» aggiunse ancora Robin. «Nessun problema» Nancy sospirò.
      Entrambe si rilassarono e, senza farci vedere da nessuno, entrammo in biblioteca. Fortunatamente, era deserta. Forse Simon era già passato. Se così fosse sarebbe stata un’incredibile fortuna.
      «Un’ultima cosa…» aggiunse ancora Robin, una volta dentro, dopo esserci assicurate che non ci fosse davvero nessuno. «Per caso sono stata cattiva, o condiscendente, o qualcosa del genere?» chiese. «No» rispose Nancy, anche se c’era ancora un po’ di acidità nella sua voce. «Scusa. È solo che sembri infastidita. Non mi conosci molto bene. Io non ho nessun filtro o comprensione dei segnali sociali» continuò la bionda.
      «Non preoccuparti! Sei a posto, vero Nance?» chiesi rivolta alla bruna che sorrise debolmente e fece un segno del capo. «Sì, è a posto.» mormorò.
     «Va bene, grazie. Se dico qualcosa che ti turba, sappi solo che so che è un difetto. Credimi, mia madre me lo ricorda ogni giorno.» concluse. A questa affermazione mi dispiacque per lei. Sapevo benissimo la sensazione di vivere con un genitore che ti dava colpe di crimini che non avevi commesso.
    «Non preoccuparti, Robin» le dissi sorridendo. «Cominciamo a cercare… qualsiasi cosa dobbiamo cercare!» anche Nancy finalmente sorrise. Ci dividemmo per cercare meglio. Nancy si stabilì nel lettore di giornali e io andai dritta all’archivio per vedere se trovavo qualcosa. Ero così intenta a ricercare neanche so cosa, che non avevo notato che Robin mi aveva seguita.
     «Buh!» mi disse da dietro. Io feci un salto sul posto, fortunatamente senza urlare e le feci il segno di stare zitta con il dito. «Sarai un’ottima bibliotecaria» mi prese in giro, anche se in realtà mi faceva piacere. «Grazie» le sorrisi, per poi tornare alla mia ricerca. Ma non era tutto quello che lei aveva da dire.
     «Ehm… ecco… io volevo solo ringraziarti» disse. La guardai stranita. «Sì, insomma per le cose che hai detto prima e per… beh, tu l’hai capito vero?» mi chiese imbarazzata. Ero abbastanza sicura di cosa mi stesse parlando, ma non capivo cosa ci fosse da essere imbarazzati. «Capito cosa?» chiesi.
     «Che sono, come dire… diversa. Non farmelo dire ad alta voce, come lo sapevi?» avevo avuto come l’impressione che a Robin piacessero le ragazze, dal modo in cui aveva guardato quell’amica quel giorno al pep rally, dal modo in cui si era imbarazzata mentre io mi stavo cambiando e anche dal modo in cui guardava Steve, che faceva intuire come quella con lui fosse solo una profonda amicizia. «Siamo tutti diversi a modo nostro. E poi te l’ho detto, sono un’osservatrice. Anche piuttosto brava» le feci l’occhiolino e lei abbassò lo sguardo e sorrise, arrossendo in volto. Capii che era sollevata dal fatto che non avessi detto niente, né a lei né a Nancy, ma ad essere sincera, la sessualità non mi interessava granché.
      «Ascolta Robin» decisi di confessarle quello che provavo «neanche a me piacciono i ragazzi» le dissi, tirando un sospiro di sollievo. In realtà era la prima volta che lo dicevo ad alta voce. Lei mi stava guardando in modo strano e capii che quello che avevo appena detto era fraintendibile «Oh no, non mi piacciono nemmeno le ragazze, non in quel modo almeno, quello sai… sessuale?» ammisi, scuotendo le mani per enfatizzare il concetto. Era arrivato il momento di dire tutto.
     «Intendo, non ho mai fatto sesso, ovviamente. E non ho mai neanche pensato di fare sesso. Il solo pensiero mi rivolta lo stomaco» dovevo parlare a macchinetta, altrimenti non mi sarebbero uscite le parole. «Non ho neanche mai baciato nessuno. Le uniche “persone”» enfatizzai le virgolette con le dita «per cui abbia mai provato delle emozioni sono i personaggi dei libri che leggo» non avevo mai parlato così velocemente. Robin ancora non parlava, cosa strana dal momento che da che la conosco - anche se era poco - non era stata zitta un minuto.
     «Non ho neanche mai sentito le farfalle nello stomaco» risi nervosamente, ma poi tornai immediatamente seria «Robin, tu sai cosa si prova quando si è innamorato?» chiesi timidamente, senza guardarla negli occhi perché mi vergognavo troppo. Sui libri non ti insegnano come riconoscere questi segnali. E poi i romanzi rosa non erano il mio genere preferito.
     La mia domanda la lasciò un po' spiazzata «Ehm, sì, cioè no… Cioè, non so se sono mai stata veramente innamorata» disse infine. «Però so cosa si prova quando ti piace qualcuno» mi confessò. La guardai con uno sguardo che in silenzio le chiedeva di continuare. Lei sospirò.
     «Insomma, tu, sai… senti molto caldo» anche lei era imbarazzata. Immagino fosse una sensazione difficile da descrivere. «Diciamo, alla faccia e alle mani e poi senti come un peso addosso» mi girai verso di lei pensierosa. Non tanto per quello che aveva detto, ma più perché mi tornarono in mente le sensazioni che avevo avuto negli ultimi giorni. Quindi innamorarsi era come temere per la propria vita? Lei si accorse della mia perplessità.
     «No, non un peso brutto. A meno che lei… uhm o lui, non stia parlando con qualcun altro e allora ti viene voglia di spaccare tutto e… e poi… Oh, sì, il tuo cuore impazzisce, comincia a batterti all'impazzata o a saltare dei battiti, insomma… hai capito?» chiese. Io rimasi in silenzio a pensare agli ultimi giorni. Insomma, innamorarsi era proprio come un attacco di panico.
     «In un certo senso sì, grazie Robin».
     «Sai, questa tua confidenza mi ha lasciata un po' perplessa» disse lei dopo aver cercato tra i documenti in silenzio per un po'. Io la guardai con aria interrogativa.
      «Pensavo che tu e Eddie… Insomma, non importa. Sono felice che tu ti sia aperta con me» era molto sincera, quindi le sorrisi. «Grazie Robin, sento che le tue parole vengono dal cuore» le dissi, ma sinceramente volevo anche tagliare corto con il discorso. «E io e Eddie siamo solo amici».
      In realtà non ne ero del tutto convinta. Una volta sicuramente eravamo amici, ma dopo tutto quello che avevamo passato si poteva ancora definire un'amicizia?
      Ripensai al momento in cui si accendeva la sigaretta mentre uscivo dal capanno, al momento in cui mi aveva sorriso prima di entrare nella doccia e gli avevo visto le fossette sulle guance, al profumo di rosa e camomilla e provai una sensazione strana, che però non somigliava per niente a quello che aveva descritto Robin. Decisi di non pensarci, in quel momento c'erano cose più importanti a cui pensare.
      Robin abbassò la testa e la scosse «Certo che per essere un'osservatrice, sembri proprio cieca» sussurrò.
      Stavo per chiederle cosa intendesse, ma un rumore interruppe le nostre chiacchiere. Qualcuno stava cercando di entrare in biblioteca.

Outsiders - Eddie MunsonNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ