Capitolo 10 - Jacob

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NORA

La domenica solitamente era sempre un giorno devastante per me, di quelli che trascorrevi nel letto annegando nell'ansia del pensiero che il giorno dopo arrivava il lunedì. Accadeva questo per via dei compiti in classe o delle interrogazioni e in quel momento, mi sembrò di risentirne il sapore. Il giorno seguente avrei incontrato Aron in aula e non avevo idea di come comportarmi. Lui non sapeva chi fossi e non potevo approcciarmi normalmente a lui, ma dopo averlo creduto morto e pensato di perderlo per sempre, come avrei fatto a ignorare la sua presenza come se fosse stato uno degli altri ragazzi?
Dopo averlo incontrato, presa da un misto di euforia e angoscia avevo telefonato ai miei genitori ma, con ovvie probabilità, mi avevano presa per pazza. La mamma stava per prendere il primo volo per raggiungermi e riportarmi a casa, o per meglio dire, alla clinica, perciò mi pentii subito di averglielo raccontato. Tuttavia in parte li compresi, era una follia fatta realtà, non c'era da stupirsi che faticassero a crederci, a stento potevo farlo io.  
La stanza era deserta dato che Cassie era fuori per trascorrere il fine settimana con la sua famiglia, quindi sarei rimasta volentieri a letto, ma dopo aver saltato la colazione il mio stomaco brontolava pietà e mi supplicava di concedergli almeno il pranzo. Così raccolsi un po' di forze e misi addosso una felpa tanto per non scendere in pigiama, per poi prendere cellulare e passepartout e dirigermi in mensa.

Scesi le scale dei dormitori per poi attraversare il cortile ed entrare nel plesso principale, raggiungendo la grande mensa. Presi un vassoio e mi misi in fila come tutti gli altri, iniziando a ispezionare il cibo che avevo poco più avanti per valutare quale preferissi.
«Guarda un po' chi c'è» Mi girai in direzione della voce e, con mia sorpresa, trovai Brandon, il ragazzo che avevo conosciuto la scorsa mattina.

«Quindi sei davvero un semplice studente e non un pericoloso malintenzionato?» domandai ironicamente, riempendo il vassoio, per poi guardarmi intorno alla ricerca di un tavolo.

«O magari sono uno studente pericoloso e malintenzionato»

Captato con lo sguardo un tavolo vuoto mi diressi verso esso, non prima di essermi rivolta a Brandon. «Ho capito, quindi è meglio averti come amico che come nemico. Quindi ti invito a sederti con me per pranzare, sperando di non essere la tua prossima vittima»

Fece una risatina e mi seguì per poi sedersi dinnanzi a me. Cominciammo a parlare del più e del meno mentre il mio stomaco si rifocillava benedicendo la mia scelta di essere scesa.
«Quindi futuro avvocato?»

«Si spera» risposi. «E tu, come mai proprio Lettere e Filosofia?»

«Penso sia scontata la riposta ma mi piacerebbe fare l'insegnante. La filosofia mi appassiona e mi piacerebbe riuscire a trasmettere questo amore a degli studenti» mi spiegò mentre degustava il suo piatto di spaghetti al sugo.
«Mi hai detto che sei Californiana, giusto?» Annuii. «E come mai sei arrivata fino a qui?»

Feci per rispondere ma una figura catturò la mia attenzione. La vetrata della mensa affacciava sul cortile e ci misi poco a scorgere un volto parecchio familiare che mi fissava da lontano. Era tutto vero o mi stavo immaginando anche lui? Negli ultimi tempi mi risultava parecchio difficile capire se la mente mi stesse ingannando o meno.

«Scusami un attimo, Brandon. Vado a salutare un vecchio amico e torno» lo informai dileguandomi, senza nemmeno attendere una sua eventuale risposta.
A passo svelto raggiunsi il cortile e più mi avvicinavo, più la sua figura si faceva nitida davanti ai miei occhi. Era proprio lui: Jacob Wood.

«Non ci voglio credere» sbuffai ridacchiando istericamente, mentre azzeravo pian piano la distanza tra noi, fino ad arrivare a pochi passi da lui. «Allora è tutto vero, quello è seriamente Aron»
Non aveva senso più niente. Ero completamente circondata da schifosi bugiardi.

L'anagramma del mio nome - IN PAUSAWhere stories live. Discover now