Non ti è mai capitato di fingere di morire?

16 0 0
                                    

Dopo aver discusso con l'arciere, i Nani gli chiesero le armi che spettavano loro. Lui rispose si aspettare e uscì. Tornò dopo uno o due minuti, con un involto in mano. Lo posò sul tavolo. Lo scoprì, rivelando delle armi. Più che armi, sembravano arnesi per andare a pesca.
«Cos'è questo?» chiese Thorin, con in mano una specie di arpione ficcato in un bastone.
«Una gaffa» rispose Bard. «Fatta da un vecchio arpione.»
«E questo?» chiese Kili, con in mano una specie di martello.
«Mazzapicchio lo chiamiamo. Forgiato da un martello di un fabbro» rispose Bard. «Pesanti da maneggiare, lo ammetto, ma per difendere la vostra vi saranno più utili di niente.»
«Ti abbiamo pagato per delle armi. Spade e asce, forgiato in ferro!» si lamentò Gloin.
«È uno scherzo» fece Bofur, lanciando la sua "arma" nel tavolo.
«Di migliori ne troverete solo nell'armeria della città» disse Bard. «Tutte le armi forgiate in ferro sono li sotto chiave.»
Thorin si scambiò uno sguardo con Dwalin.
«Thorin» disse Balin, intuendo il significato di quello sguardo.
«Prendiamo quello che ci viene offerto e andiamo. Mi sono arrangiato con meno, e anche tu.»
Come sentì il nome del capo della Compagnia Bard si guardò intorno, cercando Cora.
«Dov'è Cora?» chiese.
Indicarono tutti il piano di sopra. Bard guardò nella direzione da loro indicata, mettendo momentaneamente da parte le sue preoccupazioni.
«Che le avete fatto dire? Non quello dell'incendio, spero» disse Bard.
«Incendio?» chiese Bilbo.
«Ha raccontato qualcosa sul suo ragazzo» disse Fili, allo stesso tempo.
«Oh, ancora peggio. Voi siete degli idioti!» esclamò Bard, correndo al piano di sopra.
Corse in camera sua e aprì la porta. Trovò Cora seduta di spalle nel suo letto, con le ginocchia al petto. Bard la guardò e sospirò. Si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò lentamente. Si sedette accanto a lei.
«Ho mentito» sussurrò Cora.
Bard la guardò, con aria interrogativa.
«Ho detto loro che si chiamava Harald» spiegò Cora, continuando a non guardarlo.
«Non era Thaurin?» chiese Bard.
«Infatti. È una variante del nome di..» rispose Cora, ma si fermò.
«Thorin» concluse Bard. «Tu lo sapevi.»
Cora lo guardò. «Te l'ho detto, sono il mio biglietto per tornare a casa.»

---

«Cora» disse Bilbo, entrando nella stanza di Bard. «Dobbiamo andare.»
Cora lo guardò e annuì.

---

Quando i Nani arrivarono all'armeria della cittadella era ormai notte. Un paio di Nani entrò nell'armeria, insieme a Bilbo, per prendere armi. Il resto rimase fuori, insieme a Cora. Si sentì un fracasso da dentro l'armeria. Il tempo di capire cosa stava succedendo e avevano tutti le spade delle guardie puntate alla gola. Furono portati tutti dal governatore.
«Che cosa significa questo?» chiese il governatore.
«Li abbiamo sorpresi a rubare armi, signore» rispose una guardia.
«Ah, nemici dello stato, eh?» fece il governatore.
«Un disperato mucchio di mercenari, come mai nella vita, signore» disse Alfrid.
«Frena quella lingua» disse Dwalin, facendo qualche passo in avanti. «Tu non sai con chi parli. Lui non è un criminale qualunque. Lui è Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thror!»
Thorin si fece avanti. «Noi siamo i Nani di Erebor. Siamo venuti a reclamare la nostra terra natia» disse. Fece qualche altro passo avanti, cominciando a guardarsi intorno. «Ricordo questa città al tempo della sua grandezza. Flotte di navi attraccate al porto, colme di sete e pietre preziose. Questa non era una città abbandonata su un lago. Questo era il centro di tutto il commercio del Nord!». La gente bisbigliò qualcosa in assenso. «Io garantirei il ritorno di quei giorni. Riaccenderei le grandi fornaci dei Nani e farei fluire benessere e ricchezze di nuovo dalle sale di Erebor!»
«Morte!»
Bard si fece strada tra la gente, piazzandosi davanti a Thorin.
«Ecco che cosa ci porterai. Fuoco di drago e rovina. Se risveglierai quella bestia distruggerà tutti noi» disse l'arciere.
«Potete dare ascolto a questo oppositore, ma io vi prometto questo. Se riusciremo..» disse Thorin, guardando il popolo lì riunito. «..tutti condivideranno le ricchezze della Montagna.»
La gente tornò a mormorare, contenta e piena di speranza.
«Avrete abbastanza oro da ricostruire Esgaroth per dieci volte almeno!» concluse il Nano, urlando.
Il popolo esultò, ma Alfrid si mise in mezzo. «Perché dovremmo crederti nella parola, eh? Noi non sappiamo nulla di te. Chi può garantire per la tua onestà?»
Silenzio. Nessuno disse niente. Nessuno si mosse. Cora, dietro i Nani, sbuffò.
«Io» si fece avanti Bilbo. «Garantirò per lui. Ho viaggiato a lungo con questi Nani affrontato gravi pericoli e se Thorin Scudodiquercia da la sua parola.. la manterrà.»
Thorin lo guardò e chinò leggermente il capo, ringraziandolo silenziosamente.
«E tu chi sei?» fece Alfrid.
Cora sbuffò e si fece avanti. Affiancò Thorin. Guardò dritto negli occhi il governatore, che fece una faccia sorpresa. Dunque Alfrid non gli aveva detto niente, sul fatto che era in città.
«A me conoscete, non è vero signore?» disse l'ultima parola come se fosse una presa in giro.
«Tu..» fece il governatore. «Non dovresti essere morta con una freccia conficcata nel cuore?»
Il popolo mormorò, capendo solo ora chi avevano davanti.
«Uff, siete così noiosi. A nessuno di voi è mai capitato di fingere la propria morte?» sbuffò Cora.
«Ovvio che no» rispose Alfrid.
«Oh beh, a me sì. Un paio di volte» ghignò Cora.
«Perché sei qui?» chiese Alfrid.
«Do una mano, come al solito» rispose Cora, stringendosi nelle spalle. Guardò Bilbo, poi Thorin accanto a lei. Fece un passo avanti. «Garantisco io per il Nano.»
«E dovremo fidarci nonostante abbia appena ammesso di aver finto la tua morte?» sputò Alfrid.
«Oh meinfretr» sbuffò Cora. «Ricordate tutti chi sono vero? E cosa succede se mi incazzo» si rivolse a tutti.
Il popolo fece un passo indietro. Ricordava bene. Tutti ricordavano le guerre a cui lei aveva preso parte. Avevano visto tutti quello era capace di fare. Perfino il governatore fece un passo indietro. Cora ghignò.
«Ti prego di scusarlo, non sa quello che dice» disse il governatore. «Ti crediamo sulla parola.»
Cora ghignò nuovamente. Il popolo esultò, decidendo di credere a Cora.
«Tutti voi. Ascoltate. Dovete ascoltare. Avete dimenticato quello che è successo a Dale?» urlò Bard.
«Dimenticato quelli che sono morti nella tempesta di fuoco?». Si guardò intorno. «E per quale motivo? La cieca ambizione di un Re della Montagna, così preso dalla sua avidità da non riuscire a vedere oltre il proprio desiderio!» lo disse guardando Thorin.
«Suvvia, suvvia. Non dobbiamo, nessuno di noi essere troppo frettolosi a dare la colpa» disse il governatore. «Non dimentichiamo che stato Girion, signore di Dale, tuo antenato, che fallì nell'uccidere la bestia.»
Thorin guardò Bard, stupito. Guardò Cora. Lei non era sorpresa. Lei sapeva.

A way to go homeWhere stories live. Discover now