Ehi, che bello rivederti. Ora posso tornare a casa?

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Cora si ritrovò aggrappata a un ramo di un albero, prossimo a cadere. Si arrampicò più in fretta che poté. Nel momento in cui riuscì a issarsi nel ramo quello cedette. Cora si agitò in aria, cercando di mettersi dritta, senza riuscirci. Cadde a terra con un tonfo, sbattendo la testa. «Ahi!» si lamentò, mettendo una mano dietro la testa. Si mise a sedere, guardandosi intorno. Non capiva dove fosse, ma aveva qualche sospetto. Gettò la testa all'indietro, sbuffando. Si lasciò cadere all'indietro, nell'erba. Dopo una manciata di minuti la testa smise di farle male. Decise di alzarsi e fare due passi. La notte sembrava vicina ad arrivare ed era meglio trovare un posto per dormire e qualcosa da mettere sotto i denti per non morire di fame. Si tastò le tasche, sentendo il famigliare freddo della lama del pugnale. Fortunatamente Odino non l'aveva perquisita. Anche se le dispiaceva non avere il suo arco. Ma i suoi pugnali erano più che sufficienti. Vagò un po' alla cieca nella foresta e trovò un posto per appostarsi. Si nascose e aspettò che passasse una preda. Rimase ferma per ore, ma non passò nemmeno un coniglietto. Sconsolata, si guardò attorno. Decise che per quella sera sarebbe rimasta a digiuno. La luna era ormai alta e cominciava a fare freddo. Vide un grosso albero, con grossi rami e si arrampicò. Usò le foglie per nascondersi da eventuali nemici e si appisolò.

Il giorno seguente Cora fu svegliata da delle voci. Si avvicinavano. La ragazza si mise silenziosamente sull'attenti e aguzzò la vista. Le voci s'interruppero di colpo. Cora passò da un ramo all'altro, silenziosamente, ma non vide nessuno. Si acquattò nel ramo e tese le orecchie al massimo. Nulla. Poi la sentì. Si sfilò velocemente il pugnale dalla tasca e si voltò di scatto, atterrando colui che stava alle sue spalle. Atterrando non era corretto. L'intenzione era quella, ma fu fermata da una mano forte.
«È un po' che non ci si vede» scherzò Legolas.
Cora lo guardò e realizzò. «Oh no.»
Legolas le lasciò la mano in cui teneva il pugnale e lei lo ritirò nella sua tasca. Si lasciò cadere dall'albero, atterrando sulle gambe. Prese a fare giri in tondo. Legolas scese dall'albero e la guardò girare in tondo e borbottare.
«Lo sapevo, brutto maledetto» borbottò Cora.
«Dici a me?» chiese Legolas, sorpreso.
«No, ma che c'entri tu» sbuffò lei.
«Ok.. allora con chi ce l'hai?.»
«Odino.»
«Ti ha mandato per dare una mano? Se è così dev'essersi sbagliato, perché qui è tutto apposto.»
«No, non sono qui per quello.»
«No?»
«No!»
L'arrivo di Tauriel fece distogliere l'attenzione di Legolas da Cora. La nuova arrivata guardò Cora, che continuava a girare in tondo e borbottare. Poi guardò Legolas, con sguardo interrogativo. Lui si strinse nelle spalle e tornò a guardare Cora.
«Come ha fatto a entrare?» sussurrò Tauriel, guardando Cora.
«Non lo so, l'ho trovata neanche due minuti fa sull'albero» sussurrò Legolas, guardando anche lui Cora.
«Tuo padre deve averne avvertito la presenza, per questo ci ha mandati in ricognizione.»
«Non so quanto possa essere saggio farli incontrare di nuovo.»
«Si sono già incontrati?.»
«Qualche anno fa.»
«Non possiamo fare finta di niente, lo sai.»
«Prima voglio sapere cosa ci fa qui.»
Si avvicinò a Cora e la fece fermare. La guardò.
«Cosa ci fai qui?»
La risposta di Cora ci mise un po' ad arrivare, ma arrivò. «Sono in esilio.. fino a nuovo ordine.»
I due Elfi si guardarono tra di loro e si parlarono nella loro lingua. Ovviamente Cora non aveva studiato elfico, per cui non capì. Legolas tornò a guardarla.
«Devi venire con noi.»
Protestare non sarebbe servito a nulla, per cui seguì i due Elfi nel loro reame. Arrivarono in quella che Cora chiamò "sala del trono", perché lei era abituata così quando in una stanza c'era il trono col Re seduto sopra. Come incrociò lo sguardo di Thranduil, roteò gli occhi e sbuffò. Il Re degli Elfi si alzò, scocciato anche lui.
«A cosa devo l'onore?»
Cora lo guardò. «Non certo a me.»
Thranduil guardò i due Elfi accanto alla ragazza, in attesa di risposta. I due lanciarono uno sguardo di scuse alla ragazza e riferirono quello che lei aveva detto loro. Nelle labbra del Re prese vita un sorriso beffardo.
«Potete andare.»
I due Elfi annuirono e si voltarono, seguiti da Cora.
«Tu no, Asgardiana
Cora si fermò e lo guardò male. Thranduil si avvicinò, con stampato in faccia quel sorrisetto beffardo.
Il Re degli Elfi prese a girarle attorno. «Allora.. cos'hai combinato?» chiese, fermandosi e abbassandosi per guardarla negli occhi.
«Non sono affari tuoi» rispose lei.
«Correggimi se mi sbaglio, ma tu sei nel mio regno e nei miei confini.»
«Bene! Indicami la strada e me ne vado.»
«E dove vuoi andare, con tutti i mostri che ci sono in giro? Troppi, per una ragazzina così vulnerabile.»
Cora non riuscì a controllarsi. Si sfilò il pugnale dalla tasca e scattò verso Thranduil, posandogli il coltello nella gola.
«Non provare a definirmi ragazzina vulnerabile» minacciò Cora.
«Le tue minacce non attaccano» fece Thranduil.
Disarmò la ragazza e la lanciò a terra. La guardò dall'alto al basso. Cora si alzò, guardandolo male. Poi prese un bel respiro. Si calmò. E sorrise, fintamente.
«Ehi, cos'è quello?» indicò un punto a caso.
Thranduil si girò a guardare nella direzione da lei indicata e lei usò la sua distrazione per scappare. Prese vie a caso, evitando di attirare l'attenzione delle guardie. Finalmente aprì l'ultima porta, la varcò e lasciò che si chiudesse alle sue spalle. Davanti a lei apparve una foresta che le mise i brividi. Non si fece scoraggiare dall'aspetto inquietante e obbligò i suoi piedi a muoversi. Non fece nemmeno dieci metri e sentì un verso strano. Si voltò lentamente e vide un ragno gigante. Si paralizzò. Il ragno si avvicinò. Cora riuscì a sbloccarsi all'ultimo momento e scappò nuovamente dentro il reame degli elfi. Corse, prendendo ancora una volta strade a caso. Ma questa volta attirò l'attenzione delle guardie, che presero a seguirla. 

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