Capitolo 19

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GRACE


Quando riaprii gli occhi notai solo del gran buio. Sbadigliai e tentai di stiracchiarmi, ma qualcuno me lo impedii.

In un nanosecondo mi ricordai gli avvenimenti del giorno precedente e realizzai di essere ancora a casa di Caleb, nel suo letto con lui, per giunta. Dovevo andarmene prima che si svegliasse. Cercai di allontanarmi da lui ma era troppo pesante, così rinunciai nell'intento.

Cominciai a pensare a cosa digli una volta che si fosse svegliato, ma non mi venne in mente niente.

Fortunatamente, la porta della stanza si aprii e sentii delle voci sussurrare. Dovevano essere i fratelli di Caleb.

«Ragaz-» non riuscii a finire la parola che una cascata gelida mi fece sobbalzare e le risate dei quattro fratelli riempirono la stanza.

«Auguri, fratello!» gridarono accendendo la luce.

Caleb, zuppo dalla testa ai piedi come me, era già in piedi accanto al letto, l'espressione furiosa.

Jace mi notò «Oh, Grace, non pensavo ci fossi anche tu.»

Austin picchiettò sulla spalla del fratello che quasi sbiancò non appena vide l'espressione di Caleb.

«Oddio...» mormorò.

I quattro ragazzi scapparono e Caleb scattò per inseguirli «Se vi prendo ve la faccio pagare!» gridò.

Io approfittai della situazione per rimettermi le scarpe, prendere le mie cose e sgattaiolare via.
Scesi le scale in punta di piedi e aspettai che in salone non ci fosse nessuno prima di correre verso la porta.

«Tu dove pensi di andare?» mi richiamò Caleb alle mie spalle.

Mi fermai sul posto, gocciolando dai capelli, e mi voltai lentamente «A casa...?» più che un'affermazione mi uscì come una domanda.

Lui scosse la testa «No. Tu mi devi spiegare un paio di cose... come a esempio il motivo per il quale sei qui.»

Sospirai e incurvai le spalle, consapevole che non sarei tornata a casa tanto presto. Lo seguii in camera e mi sedetti sul letto quando lui me lo indicò. Chiuse la porta e si mise davanti a me in piedi e con le braccia incrociate. La maglietta bianca, bagnata, si appiccicò ai suoi pettorali e rimasi per un attimo a fissarli.

«Allora?»

Mi ripresi e lo guardai negli occhi «Aaron mi ha chiamato dicendomi che ti fossi ubriacato, chiedevi di me e nessuno riusciva a farti ragionare. Sono venuta qui e ti ho messo a letto.» dissi a grandi linee.

«Ma tu non mi odiavi?» chiese. Il sorrisetto che aveva non portava a nulla di buono.

«Di fatti ti odio tutt'ora, cosa credi?» dissi indispettita.

Caleb scosse la testa sorridendo, poi si sfilò la maglietta e la buttò a terra. Mi coprii gli occhi con entrambe le mani ed emisi un gridolino dall'imbarazzo «Che stai facendo?!»

«Non voglio rischiare di ammalarmi per colpa di quei coglioni dei miei fratelli. Devo mettermi qualcosa di asciutto e credo che anche tu debba farlo.» disse ammiccando.

Tolsi le mani dagli occhi e lo guardai male «Simpatico.»

«Non sto scherzando. E comunque non credi che stia meglio così? Insomma, mezzo nudo, bagnato... lo vedo che mi stai mangiando con gli occhi, tigre.»

Ed eccolo tornato lo stronzo di sempre. Cosa diavolo avevo nella testa quando ho creduto che pensasse davvero tutte quelle cose il giorno prima?

La mia vita è un clichéDove le storie prendono vita. Scoprilo ora