Capitolo 17

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GRACE


Odiavo gli spazi chiusi e stretti. Peggio ancora se erano bui. Sentivo il cuore martellare nel petto.

Prima che potesse baciarmi ancora, mi buttai con tutta la forza che avevo alla mia sinistra riuscendo fortunatamente a beccare l'anta dell'armadio che si aprì.

Volai fuori e mi piegai sulle ginocchia, facendo grandi respiri. Mi ci volle un po' per riabituare gli occhi alla luce del sole, ma quando ci riuscii mi tranquillizzai e il battito rallentò.

«Non potrai scapparmi per sempre.» disse il ragazzo tornando il solito perverso e presuntuoso di sempre.

Dovevo ammettere che quando era serio e sincero non era tanto male.

«Stammi lontano, coso... altrimenti giuro che ti-»

«Dai, sono davvero curioso di sapere cosa mi faresti.» mi interruppe con quell'aria da saccente.

Okay, calmati Grace, pensai subito. Feci qualche respiro profondo.

«Tu non hai idea di quante cose vorrei farti, quindi non ti conviene provocarmi.»

Lui resse il mio sguardo e fece un passo verso di me «Ti ascolto.»

In quel momento, la vocina nella mia testa prese le redini della mia lingua e cominciò ad elencare tutte le cose che avrei voluto fargli.

«Vorrei picchiarti.» cominciai. E fin lì tutto bene. Lo avrei voluto picchiare davvero per come mi stava trattando. Se lo sarebbe meritato.

«E vorrei che la smettessi di parlare con quel fare borioso, sei irritante.» continuai.

Ci stavo veramente prendendo la mano.

Il sorrisetto sul suo volto non fece altro che allargarsi, le sue labbra erano così perfette...

Cavolo, quanto vorrei baciarti, però.

«Ah!» esclamò lui.

Oddio, ma che avevo fatto? L'avevo davvero detto ad alta voce?!

«Vedi? Tu fingi di volermi resistere, ma non ce la fai.»

Scossi la testa quando si avvicinò «Hai sicuramente frainteso. Le cose non stanno così.»

Che casino avevo combinato?

Indietreggiai fino a raggiungere la porta. Ci sbattei la schiena contro ma non smisi nemmeno per un secondo di guardare il ragazzo dritto negli occhi.

Era vero: mi piaceva la sensazione delle sue labbra sulle mie, lui era decisamente un gran bel ragazzo, era inutile negare l'evidenza. Ma il suo comportamento nei miei confronti era inaccettabile, e già questo mi tratteneva dal lasciarmi andare. In più mi aveva praticamente detto in faccia che per lui ero semplicemente un gioco, una voglia che voleva togliersi. Però baciava dannatamente bene.

Misi le mani dietro di me e afferrai la maniglia, ma quando l'abbassai non successe nulla. Riprovai: era chiusa a chiave. Abbassai le dita e sfiorai il buco della serratura: la chiave mancava.

«Cerchi questa?» mi chiese facendomi ciondolare la chiave davanti alla faccia. Che stronzo.

«Dammela.» dissi seria.

Lui scosse la testa «Mh... no.»

«Non sto scherzando, devo tornare a casa: Alan mi sta aspettando.» dissi continuando a guardare la mia unica salvezza che in quel momento era tra le grinfie di quel ragazzo.

La mia vita è un clichéDove le storie prendono vita. Scoprilo ora