Capitolo 26 - Chloe [Revisionato]

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Chloe chiuse gli occhi. Spinse la mente fino a quel giorno di tre mesi prima e inspirò, immergendosi in quel ricordo. I dettagli erano facili da rievocare: se Yu-Zhay le avesse chiesto quante stanze aveva superato, avrebbe saputo rispondere. Se avesse domandato se c'erano più peonie o più ginken, non avrebbe dovuto riflettere a lungo. Quanto a lei... Stava camminando dietro il suo mentore. Sentiva le assi scricchiolare sotto i suoi passi e una zaffata di incenso che le solleticava la gola. Poteva scorgere nudità oltre i tendaggi, dove i corpi di uomini e donne si intrecciavano in sospiri eccitati. Il suo sguardo era passato oltre, alla ricerca della scala che avrebbero dovuto salire. E poi? Cos'altro?

«Ho il battito accelerato. Il respiro è pesante, caldo. Sto cominciando a sudare, le mani però sono fredde. Ho la bocca secca e mi fa male l'articolazione della mandibola: ho stretto i denti per tutto il tempo, finché non siamo entrati in camera.»

«Per quale ragione?»

«Non lo so.»

«Ragiona sul motivo per cui hai smesso di farlo, allora. Cosa c'era di diverso in quella camera?»

Chloe espirò, meditabonda. Una stanza era diversa da un corridoio per definizione, ma l'architettura ripeteva i suoi schemi: il legno era sempre scuro, c'erano gli stessi tendaggi, le stesse piante, gli stessi colori, le stesse luci...

«Era un luogo isolato e circoscritto, protetto da pareti e non da tende. I suoni esterni erano ovattati e anche i profumi erano meno intensi. Insieme a me e Chen-Yi c'era solo l'oiran, ma Chen-Yi si è ritirato poco dopo.» Chloe fissò la tazza sul tavolino finché i contorni sfocati non tornarono definiti alla sua vista, e un lampo di comprensione la attraversò. «Era silenziosa e vuota, ecco la differenza. Ho stretto i denti prima di entrare perché fuori c'erano troppi rumori e troppe persone.»

Un sorriso sbocciò sulle labbra di Yu-Zhay. «Cosa ti fa venire in mente una persona che stringe i denti? Che emozioni diresti stia provando in questo momento?»

«Sta ringhiando. È arrabbiata, infastidita. Nervosa. Vuole stringere qualcosa tra i denti» disse Chloe. Quello non era difficile: Chen-Yi l'aveva istruita a riconoscere i segnali più evidenti in chi aveva di fronte, eppure quel vocabolario non sembrava funzionare per lei. Se ripensava a se stessa al Meigui-wu, qualunque confronto le sfuggiva via dalle dita e nessuna risposta aveva senso. «Non ero arrabbiata in quel momento. È impossibile.»

«Cosa te lo fa pensare?»

«Le persone non erano ostili e i rumori non erano striduli, ripetitivi o dannosi. Non c'era ragione per cui dovessi innervosirmi.»

«Eppure, ecco un dettaglio interessante su cui riflettere: hai detto che è un luogo difficile da controllare, poco fa. Le motivazioni che hai nominato sono "troppi rumori e troppe persone".»

«Non ha importanza. Non ho il compito di spiarlo o proteggerlo, perciò non devo curarmene.»

«E per quanto riguarda il Tempio? Devi proteggere il Tempio di Hoshu, è corretto?» Yu-Zhay attese che Chloe annuisse per continuare. «Prova a immaginare di essere lì, dunque, con gli stessi rumori e le stesse persone.»

«Una cosa del genere è inverosimile.»

«Fai uno sforzo per me, giovane Kiyoko» disse il Monaco, addolcendo il tono. «Figura la Sala dell'Heiko nella tua mente. Sei lì, al suo centro, circondata dalla folla. Parlano, ridono, urlano tutti insieme: i tuoi fratelli e sorelle, i Senza Volto, le persone che hai visto al Meigui-wu e persino sconosciuti. Cosa provi in questo momento?»

Chloe si sistemò meglio sulla sabbia e chiuse di nuovo gli occhi, proiettando nella sua mente l'immagine del Tempio. La Sala dell'Heiko era la parte più sacra di ogni edificio, cuore pulsante della preghiera, dove quello stesso anno aveva effettuato il suo Giuramento agli Dèi di fronte alla Madre. Non era paragonabile ai corridoi del Meigui-wu: la Sala era immensa, di forma ottagonale, costruita con marmo bianco e ossidiana su strutture di legno rosso. Se fossero state presenti così tante persone, però, per Chloe sarebbe stato impossibile vedere le decorazioni sulle colonne e sui drappi che scivolavano fino al suolo, così come il trono di giada della Madre. Non avrebbe sentito il suono del gong che incitava al silenzio per le celebrazioni. Non sarebbe riuscita a distinguere i suoi fratelli e sorelle dagli sconosciuti, le maschere bianche dei Senza Volto dal trucco pallido degli oiran.

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