Mi misi a suonare sempre la solita melodia, la preferita dei miei genitori: Moonlight Sonata. L'archetto scivolava sulle corde malinconicamente, esprimendo il mio stato d'animo. Chiusi gli occhi lasciandomi trasportare dalla melodia e indugiai quando, una volta terminata, dovetti riaprire gli occhi: quando ero piccola e al termine di una melodia riaprivo gli occhi, i miei genitori erano davanti a me, sempre. Quella volta, quando li avrei riaperti, loro non ci sarebbero stati. E la cosa faceva ancora male.

CALEB

Sì, lo sapevo: non avrei mai dovuto seguirla... ma mi sembrava sconvolta quando era scappata da casa sua. La mia intenzione era semplicemente quella di parlarle, ma non ne ebbi il tempo. Così decisi di seguirla quando la vidi prendere un autobus e mi preoccupai quando non la vidi scendere più. Quando finalmente si decise a farlo, eravamo molto lontani da casa. La osservai da una decina di metri di distanza e la ascoltai suonare, rimanendo senza fiato.

Quando riaprì gli occhi mi nascosi meglio dietro all'albero e la osservai guardarsi intorno. Accanto a lei c'era un piccolo stagno, vidi come lo guardava e sperai vivamente che non stesse pensando di fare qualcosa di stupido.

Grace si alzò in piedi, cominciò a spogliarsi e si avvicinò ad esso. Non riuscii a trattenere un'imprecazione nel momento in cui si immerse nell'acqua che sicuramente doveva essere congelata.

Mi nascosi nuovamente dietro al tronco e mi guardai intorno: fortunatamente non c'era anima viva, altrimenti avrebbero potuto scambiarmi per uno stalker.

La ragazza urlò ma non era un urlo spaventato, era frustrato, triste, malinconico, allora mi girai ancora per guardarla: si stava tenendo stretta al petto la mano sanguinante, tremava.

Ha... appena tirato un pugno contro la roccia?

A quel punto non riuscii più a trattenermi e mi incamminai verso di lei.

GRACE

Rivolevo i miei genitori.

Ero consapevole del fatto che tirare pugni contro le rocce non me li avrebbe riportati, ma sentire dolore in quel momento mi ricordava di essere umana, che provare dolore era umano e che provare un tale dolore per la morte dei mie genitori era profondamente umano.

«Grace...» mi sentii chiamare, mi girai lentamente e mi trovai Caleb davanti.

«Cosa ci fai tu qui?» l'adrenalina stava abbandonando il mio corpo e stavo iniziando a sentire l'acqua gelida a contatto con il mio corpo.

«Storia lunga... ora esci di lì o ti ammalerai.» affermò, e sembrava davvero preoccupato per me.

Sbuffai una risata «Ora non fingere che ti importi qualcosa di me. Vattene e lasciami in pace.»

Lui mi guardò accigliato «Non sto fingendo.»

Alzai gli occhi al cielo «Senti: sto benissimo, non ho bisogno di un babysitter o cose del genere.»

Quando mi ricordai di essere in intimo e scoperta dall'acqua dalla vita in su, gli diedi le spalle e cercai di coprirmi.

Dietro di me lo sentii sospirare, così lo guardai da sopra la spalla e lo trovai intento a togliersi i pantaloni.

«Fermati immediatamente, pervertito!»

Lui non mi rispose, ma lo sentii entrare in acqua e imprecare.

Mi allontanai «Non avrai mica intenzione di venire qui, vero?»

«Se tu non vieni fuori, allora vengo io da te.»

La mia vita è un clichéDove le storie prendono vita. Scoprilo ora