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Effy rimase in paranoia per tutto il resto della giornata. Quando le portarono i pasti non mangiò. L’unica
acqua che beveva era quella che usciva dal rubinetto del suo bagno. Erano in molti gli infermieri che le
chiedevano in tono preoccupato che cosa avesse.
“Falsi” pensava ogni volta che li vedeva “siete bravi a fingere, ma io so la verità”
Loro non dovevano sapere che aveva scoperto tutto. Con un finto sorriso rispondeva che andava tutto bene
e che aveva un leggere fastidio alla pancia. Una giovane infermiera le chiese se volesse qualche farmaco per
far passare il dolore. Effy la guardò con diffidenze e le rispose con un secco no.
Si prese una sigaretta e si sorprese quando vide Stiles seduto sulla sua panchina.
- Che ci fai tu qui? – gli chiese.
- Anche gli psicopatici hanno bisogno di un po’ d’aria – rispose con una scrollata di spalle.
Si sedette vicino a lui e gli lanciò un’occhiata. Per un momento voleva chiedergli chi volesse ucciderla.
Durante il gruppo ignorò la sua domanda.
- Ti vedo abbastanza in paranoia – le disse senza guardarla.
Effy alzò un sopraciglio – E ti domandi anche il motivo? – domandò sarcastica.
Si strinse le spalle – Non sono affari miei, ma sono abbastanza curioso –
Lo guardò accigliata. “Sei stato tu a dirmi che mi volevano uccidere” pensò innervosendosi. O almeno
questo era quello che pensava lei. Ha sempre pensato che la voce era di Stiles, ma era davvero così? Forse
stava solo impazzendo e la voce che sentiva era una qualunque. E forse pensava che quella voce
appartenesse a Stiles perché iniziava a provare qualcosa per lui. Ma cosa provava esattamente nei suoi
confronti?
- Come hai detto tu sono in paranoia – sospirò – è solo che ho delle brutte sensazioni –
- Fai bene – rispose – non ti puoi mai fidare di gente che ti fa dormire sotto lo stesso tetto di malati mentali

- Sono stata etichettata anche io malata mentale – disse alzando il braccio e mettendo in mostra il suo
braccialetto – e poi sono sotto lo stesso tetto tuo –
Stiles scoppiò a ridere – Io non ho malattie mentali –
- E allora perché sei nel corridoio D? –
- Mi piace definirmi uno psicopatico – sorrise – o almeno è quello che dicono di me –
- Un po’ lo sembri – ammise Effy.
- Ne sono compiaciuto. E se può farti sentire meglio a volte non sembra che tu abbia disturbi mentali –
Effy arrossì senza ragione – Io non ho disturbi mentali –
- Oh si invece, la depressione è uno dei più grandi disturbi mentali – le lanciò un’occhiata – e anche la
schizofrenia –
- Non sono schizofrenica – disse stringendo i pugni.
- Se questo ti fa sentire più sicura allora no – la prese in giro.
- Come fai a dire che sono schizofrenica – domandò con sospetto – non parliamo mai, tu non mi conosci –
- Quindi mi vuoi dire che non senti mai voci nella tua testa –
“Solo la tua” pensò mordendosi il labbro. Ma lui di certo non doveva saperlo. Mantenne un’espressione
indifferente e scosse la testa.
- Allora la tua vita è davvero noiosa. E piena di solitudine – dichiarò.
- Perché, tu le senti? – domandò incrociando le braccia al petto.
- Se così non fosse non sarei uno psicopatico – replicò sorridendo – anche quando sono da solo ho
compagnia –
- E questo non ti spaventa? –
- Dovrebbe? – inarcò un sopracciglio – io ne sono consapevole e non lo nego a me stesso. Sono io che
comando me stesso – sospirò e guardò in alto – non tutte le persone possono dire la stessa cosa –
- Allora è una tua scelta – comprese Effy – sei tu che vuoi essere uno psicopatico –
- Volere o non volere non fa molta differenza – si girò a guardarla – io accetto me stesso e non potrei essere
più felice di così –
La cosa la fece ridere – Wow, non credevo ci potesse essere la felicità in questa clinica. Tanto meno nel
corridoio D –
- Sai cosa penso io invece? – chiese di rimando – che tu non sei mai stata felice. scommetto che non sai
nemmeno cos’è la felicità –
- Tu non mi… - provò a dire.
- Guardati allo specchio e saprai che ho ragione – la interruppe subito – una persona che sa cos’è la felicità
non avrebbe i tuoi problemi – la guardò per un momento – e i tuoi occhi… non hanno mai visto la felicità –
la sua mano si appoggiò sulla sua guancia. Un tocco leggero e caldo. Effy chiuse gli occhi mentre sentiva le
dita di Stiles accarezzarla appena.
All’improvviso la pressione della sua mano scomparve. Effy riaprì gli occhi ma non vide nemmeno l’ombra
di Stiles.
“Me lo sono solo immaginato? Un sogno a occhi aperti? Un’allucinazione?” si interrogò. No non era
possibile. Non c’è mai stato niente di più reale del tocco di Stiles sulla sua pelle. delicato, eppure in qualche
modo deciso. Non era un’allucinazione e nemmeno un sogno ad occhi aperti. E lui aveva ragione.
Che cos’era la felicità, che significato aveva quella parola? Si sforzò, ma non riuscì a ricordare una volta in
cui è stata felice. pensò a Freddie. Con lui era felice. Eppure mentre ci pensava si rese conto che non era
vera e propria felicità. Con Freddie si sentiva complice, affamata d’amore. Ma non era felice. Non lo era
perché ogni volta che stava con Freddie si sentiva in colpa per Cook.
Pensò a Tony. Suo fratello l’aveva sempre amata e protetta. Ma quante volte poteva dire di essere stata
realmente felice quando era con lui? Forse quando erano piccoli, ma Effy aveva completamente rimosso la
sua infanzia.
Stiles aveva detto che i suoi occhi non avevano mai visto la felicità. Aveva davvero ragione? In quel
momento non lo voleva sapere. E l’ultima cosa che doveva fare era cercare di ricordare quando è stata
felice. una ricerca che probabilmente non avrebbe portato da nessuna parte. E più ci pensava e più le sue
forze si prosciugavano.
Alla sera ebbe un’accesa litigata con l’infermiera. Effy si rifiutava di prendere le gocce e i farmaci. Non
poteva. Le aveva prescritte Vincent. E lui l’aveva tradita. Aveva detto che si doveva fidare. E lei si è fidata.
Ed ora? C’erano possibilità che la stesse avvelenando. Non avrebbe dormito per tutta la notte, non poteva
rischiare.
Rimase per un po’ distesa a letto a guardare il soffitto. Gli occhi le bruciavano ma ogni volta che gli chiudeva
per cercare di prendere sonno questi si riaprivano. Non ne poteva più di stare a letto. Ormai le coperte la
stavano soffocando. Nonostante non facesse caldo lei stava sudando. Non ne poteva più. Si alzò di scatto e
balzò in piedi. Si guardò attorno. Era in uno spazio troppo piccolo. Aveva bisogno di camminare per
distrarsi. Ma se lo avesse fatto in quello spazio ridotto sarebbe sicuramente impazzita. Ogni pensiero
andava a finire in soli due modi: o la morte, oppure Freddie. E lei non poteva sopportare nessuno dei due.
Alla fine decise di uscire dalla sua stanza. A ogni passo che faceva si voltava a guardasi le spalle per essere
sicura che nessuno la stesse seguendo. Quando c’erano degli infermieri lei subito cambiava strada o si
appiattiva sul muro cercando di nascondersi nel buio.
Effy sentiva la necessità di uscire, andare nel giardino e respirare un po’ d’aria fresca. Ma trovò tutte le
porte ben serrate. Provò ad aprire una finestra ma questa era bloccata. Era in gabbia. E questo la faceva
angosciare solo di più.
Camminando si ritrovò davanti al corridoio D. per lei era quasi d’obbligo buttare l’occhi all’interno. In quel
corridoio dormiva Stiles. Mentre si avvicinava si chiese come lui riuscisse ad uscire da quel corridoio
passando del tutto inosservato.
Si alzò in punta di piedi e guardò attraverso la finestrella. Il suo cuore accelerò. Infondo al corridoio c’era
Stiles di spalle. Davanti a lui c’erano altre due persone. Subito le vennero i brividi. Quelle figure era molto
più intimidatorie dei Nulla, sebbene meno inquietanti. Vestiti tutto di nero, con un lungo mantello che le
faceva da strascico. L’abbigliamento era molto diverso da quelli dei Nulla, sembrava più elegante, meno
trasandato. Però il viso non era bendato. Sembrava che avessero indosso delle maschere. Maschere di un
colore grigio scuro, con i lineamenti molto marcati e denti sottili che digrignavano. Gli occhi due fosse nere
che quasi scintillavano.
Effy non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle creature. Non vedeva il viso di Stiles, ma sapeva per
certo che non era spaventato, di sciuro quelle figure non gli facevano per niente paura. La sua schiena era
dritta, le spalle rilassate e tutto nella sua postura trasmetteva sicurezza.
Effy si dovette tappare la bocca con le mani per non urlare. Una delle due creature, quella sulla destra, alzò
il braccio pronto a colpire Stiles. Ma lui bloccò subito il colpo. Gli strinse il polso così forte che sembrava che
il contatto bruciasse la creatura. Una nebbiolina si alzò dal braccio di quell’essere. Effy non riusciva a capire
se provasse dolore. Il suo volto era una vera e propria maschera si rese conto. Tutto quello che fece fu
inclinare la testa leggermente, come se stesse studiando Stiles.
Il braccio di Stiles scattò in avanti e colpì in pieno petto la creatura. Tutto sembrò tremare. Effy fu scossa da
una leggera scarica elettrica. In quel momento il gelo l’avvolse come una coperta. Era letteralmente
paralizzata mentre guardava quella creatura lanciarsi verso Stiles per poi dissolversi in una nuvola di nebbia
non appena fu a contatto con il corpo di Stiles.
All’improvviso lui si voltò. I suoi occhi erano di un castano così scuro da sembrare neri. Le luci del corridoio
cominciarono a sfarfallare all’improvviso. Stiles cominciò a camminare lentamente verso di lei. Il suo sorriso
mandò Effy a fuoco. Più lui si avvicinava più i brividi percorrevano la schiena di Effy.
“C’è la porta che ci divide” si disse. Eppure continuò a indietreggiare.
Tutto d’un tratto le luci si spensero. Effy era dentro l’oscurità, non vedeva altro che il buio. Effy si mosse in
fretta. Non sapeva dove stava andando. L’unica cosa a cui riusciva a pensare era che doveva allontanarsi il
più possibile da lui.
Le luci si riaccesero di colpo. Effy rimase accecata dall’improvviso bagliore che iniziò a illuminare il
corridoio. Ci mise un po’ per capire dove fosse. Si guardò più volte attorno finché non si rese conto di
essere ne corridoio dove dormiva Caleb.
“Se torno indietro incontrerò Stiles di sicuro” pensò rabbrividendo “non posso, non voglio tornare indietro”
Effy non avrebbe voluto ma si intrufolò all’interno della stanza di Caleb. Lo scosse e lui trasalì aprendo gli
occhi di scatto.
- Effy? – borbottò con voce rauca – ma che fai? –
Non poteva dirgli quello che aveva appena visto. Avrebbe pensato che fosse impazzita e sarebbe andato a
dirglielo a Vincent. Ma doveva trovare una scusa per spiegare il motivo per cui era li.
- Ho fatto un incubo – sussurrò – un incubo orrendo – “si, trasforma quello che hai appena visto in un
sogno. Magari era davvero così…”
- Cosa hai sognato? – gli chiese tirandosi su a sedere.
Effy iniziò a raccontarle quello che aveva visto iniziando la frase con “ho sognato” invece che “ho visto”.
Non gli disse che si trattava di Stiles. Non voleva che lui sapesse. Si sarebbe fatto paranoie e interrogato
Effy facendole un sacco di domande, domande che l’avrebbero mandata non solo in ansia ma in
confusione. Cercò quindi di non dilungarsi troppo nel raccontagli quello che aveva appena vissuto.
- Ma perché sei venuta da me? – gli chiese dopo che ebbe finito di parlare.
“Perché stavo scappando nel buio e mi sono ritrovata davanti la tua porta” stava per dire.
- Perché sei l’unica persona di cui mi fido – rispose invece.
Effy non si fidava del tutto di lui. Tony gli diceva sempre di non fidarsi mai di nessuno. Lei però si fidava di
sole due persone. Tony e Freddie. Loro hanno sempre cercato di aiutarla e proteggerla. O almeno ci hanno
provato.
Caleb sorrise nella penombra – Vuoi che ti riaccompagni in camera tua? –
Non poteva tornare li. Per arrivarci sarebbe dovuta passare davanti il corridoio D. e li ci sarebbe potuto
essere Stiles in agguato. C’erano i Nulla. Ed ora anche cose che sembravano ben peggiori degli uomini con il
volto bendato.
- Ho troppa paura per uscire da questa stanza – gli strinse il braccio – anche se tu fossi con me –
- Allora puoi dormire qui, se ti senti più sicura – propose senza esitare, quasi come se non aspettasse altro
che dire quella frase.
Non poteva. Non doveva. Lei stava con Freddie. Non poteva mettersi a dormire con un altro ragazzo. Ma
non avrebbero fatto niente, non serviva nemmeno che si toccassero. Il letto era grande e poteva mettere
abbastanza distanza dal corpo di Caleb.
Effy annuì e si infilò dentro le coperte. Stava quasi per cadere per evitare il contatto fisico con Caleb. Lui
parve percepirlo così pure lui si allontanò. Dopo circa 10 minuti però Caleb si girò e sfiorò Effy con la spalla.
Lei chiuse gli occhi e finse che Caleb fosse Freddie. Appoggiò la testa sulla sua spalla e cercò di dormire.

The Nogitsune - Fanfiction SKINS/TEEN WOLFDonde viven las historias. Descúbrelo ahora