Capitolo 1

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"Io credo che tu stia esagerando con quei pesi. Finirai per stirarti qualche muscolo, Parker," parlò una voce baritonale alle spalle di Thomas Parker mentre continuava a sollevare i pesi con tutte le forze che aveva ancora in corpo.

"Io penso, invece, che debba farti un po' i fatti tuoi, Rivera," rispose Thomas, ansimando e continuando a torturare ogni singolo muscolo delle sue braccia mentre sollevava quei pesi sulla panca della palestra che aveva iniziato a frequentare quasi tutti i giorni da quando si era trasferito a Rockford due anni prima per iniziare a lavorare all'Animal's Planet.

L'uomo alle sue spalle, però, pensò bene di fargli saltare gli ultimi nervi sani che gli erano rimasti afferrando il bilanciere per rimetterlo a posto sulla panca multifunzionale.

Thomas si mise di scatto dritto con la schiena e voltò il capo verso quell'uomo irritante.

Michael Rivera lo stava fissando con sguardo imperturbabile e a braccia conserte. I suoi capelli neri erano come al solito acconciati in una treccia bassa e la maglietta grigia che indossava non faceva altro che risaltare quel corpo allenato su cui qualche volta anche Thomas aveva sbavato, ma non ne era mai andato tanto fiero perché quell'uomo sempre serio e a tratti misterioso era super fidanzato e innamorato del suo compagno.

Non ci avrebbe mai provato con lui, ma sapeva a prescindere che non avrebbe avuto alcuna speranza.

"Michael, per favore, non è giornata," disse Thomas. Si alzò dalla panca e si diresse a lunghe falcate verso il tapis roulant più distante dagli altri clienti della palestra perché in quella città erano quasi tutti chiacchieroni e prolissi mentre Thomas era tutto il contrario.

Iniziò a correre sul tappeto ad una velocità sostenuta, la maglietta che aveva addosso era talmente sudata che per scollarsela di dosso avrebbe dovuto solo tagliarla.

"Stasera è giorno di chiusura per il locale. Birra a casa mia?"

Thomas sospirò e chiuse per un istante gli occhi, continuando a correre. Aumentò la velocità del tapis roulant mentre la presenza ferma e ingombrante dietro di sé attendeva in silenzio una sua risposta.

"Sei assillante, Michael," rispose Thomas.

"No, sono solo preoccupato," replicò immediatamente il proprietario del locale gay più frequentato di tutta Rockford.

Aveva conosciuto Michael Rivera proprio in quella palestra. Dopo due anni che lo conosceva, Thomas poteva azzardarsi a considerarlo un amico, più o meno.

Thomas in ventisette anni non aveva mai avuto un vero amico e Michael era l'unica persona con cui lui aveva un rapporto un po' più stretto fuori dall'Animal's Planet, luogo dove trascorreva la maggior parte del suo tempo.

Nonostante si conoscessero da due anni, Thomas non aveva mai messo piede nel suo locale, il Red Moon, perché lui non era frequentatore di quei luoghi e Michael conosceva per quale motivo Thomas avesse quasi paura di entrarci.

Finì per interrompere la sua corsa sul tapis roulant, scendere e mettersi di fronte a Michael.

Erano alti uguali, entrambi alti e grossi di natura. Michael, però, a differenza sua aveva una capigliatura folta, un compagno meraviglioso e cinque anni in più.

Thomas gli aveva invidiato spesso solo il compagno meraviglioso.

Sospirò nuovamente e domandò: "A che ora passo?"

Michael lo guardò e accennò un sogghigno di lato. "Vieni alle sette. Ceni con noi. Jamie ha detto che prepara le lasagne. Vegetariane," ci tenne a precisare alla fine.

Thomas si strofinò il capo rasato e sbuffò una mezza risata. "D'accordo. Posso portare qualcosa?"

"Solo te e il tuo simpatico malumore, come sempre," affermò Michael. Poi si voltò per dirigersi verso gli spogliatoi, ma prima aggiunse: "Non fare tardi."

Thomas alzò gli occhi al cielo, per fortuna Michael era ancora voltato di spalle altrimenti lo avrebbe fulminato con lo sguardo e quando lanciava occhiatacce metteva i brividi.

***

Quando Thomas rimise piede nel suo appartamento un ticchettio di unghie contro il pavimento gli preannunciò l'arrivo dei suoi due terremoti bavosi.

Rosemary e Stella erano le sue coinquiline combina guai. Due trovatelle che aveva raccolto per strada, curato e trattato con l'amore che era capace di far uscire fuori solo quando si relazionava con gli animali.

Diede ad ognuna la sua dose di carezze prima di dirigersi in bagno per lavarsi di dosso tutto il sudore. Peccato che l'acqua non poteva far nulla con l'ansia, la paranoia e il malumore.

La causa del suo particolare malumore in quell'ultimo periodo era il figlio del suo capo: Tobias Clark.

Quel ragazzino lo innervosiva, lo faceva uscire fuori dai gangheri, gli faceva abbattere ogni limite che si era imposto e gli riempiva la testa di pensieri strani.

Quella mattina, durante il suo turno all'ambulatorio veterinario lo aveva solo intravisto dalla finestra gironzolare per il canile ed era stato perfetto così perché dopo il loro ultimo incontro/scontro era meglio che per un po' fossero stati lontani l'uno dall'altro perché ogni volta che condividevano lo stesso spazio vitale finivano sempre per combinare qualche guaio.

Thomas poggiò la fronte contro le piastrelle fresche della doccia, mentre l'acqua calda gli scivolava sulla pelle.

Purtroppo, si ritrovò a pensare a quel corpo magro, a quegli occhi scuri sempre cupi che si addolcivano solo quando varcava il cancello del canile e a quei boccoli castani dentro cui aveva immerso le dita.

"Cristo," brontolò, sbattendo la fronte contro la parete della doccia.

Avrebbe tanto voluto aprirsi la testa per levarsi con la forza quel ragazzino eccentrico e scorbutico dai pensieri.

Ci aveva provato, solo Dio sapeva quanto aveva provato a stargli lontano, a non cadere in tentazione, ma aveva finito per perdere e, come al solito, per infrangere tutte le regole che si era imposto negli anni.

Toby Clark era una bambola fragile di vetro capitata tra le sue mani che finivano per distruggere ogni cosa.

***

Alle sette e zero due mise piede in casa di Michael e Jamie.

"Sei in ritardo," furono le prime parole che pronunciò il suo adorabile amico appena lo vide.

Thomas alzò il occhi al cielo, poi gli sbatté tra le mani la sua giacca e il casco della moto.

"Di due minuti, Michael. Non rompere," replicò.

"Ciao, dottore."

Thomas spostò gli occhi sul proprietario di quella voce sempre così cordiale, ovvero su Jamie, il compagno di Michael che tutto era tranne che cordiale.

"Buonasera, Jamie. Ogni volta che ti vedo non faccio altro che chiedermi come sopporti questo tipo."

Jamie ridacchiò. "Con gli anni ho scoperto il trucco magico per ammansirlo."

Michael osservò il suo compagno con la coda dell'occhio. "Ho fame, Jamie."

Jamie si passò una mano tra i capelli lunghi. "Vai in cucina e riempi i piatti, allora."

Thomas finì per abbozzare un sorriso triste perché quei due avevano quel genere di rapporto che segretamente sognava da anni.

Paura del buio (Red Moon Saga 4)Where stories live. Discover now