Capitolo 7 - Pur di vederti sorridere [Revisionato]

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Brycen non sapeva dire se fosse o meno il loro colore naturale. Di certo non lo era quello del manto, che sfoggiava una tonalità acquamarina sporcata da striature argentee. Lui non avrebbe saputo riconoscere quale fosse tra i gatti delle gemelle, ma Chloe allungò le mani verso di lui senza esitazione.

«Oliver» lo chiamò, prendendolo in braccio. «Tu la pensi come me, vero?»

Lo strinse al petto e lo baciò tra le orecchie, ma il felino scalciò. Si dimenò abbastanza da sgusciare via dalla sua presa e zampettò fuori dal soggiorno tra le risate dei presenti, ignorando le suppliche di Chloe. Brycen la osservò accasciarsi sul divano, con le sopracciglia aggrottate e le labbra strette in una smorfia. Persino con un'espressione simile, non smetteva di essere graziosa. Che fosse divertita, offesa o preoccupata, Chloe era...

Non sapeva quali fossero le parole giuste per dirlo, ma non riusciva a smettere di guardarla. Aveva impressa ogni sfaccettatura del suo viso nella sua memoria, ma anelava i suoi sorrisi. Ogni volta sperava di essere abbastanza fortunato da vedere le sue labbra distendersi e di sentire il suono della sua risata, perché saperla felice rendeva sereno anche lui.

Lo scrosciare della pioggia si unì agli ululati del vento, picchiettando in gocce furiose contro la finestra. Chloe sospirò di delusione, ma nel suo sguardo non si era ancora spenta la speranza; se avesse potuto, Brycen avrebbe fatto nevicare all'istante, solo per vedere il suo viso risplendere di gioia.

"Puoi farlo" si disse. "Non oggi, forse, ma puoi realizzare il suo desiderio. Puoi renderla felice."

Brycen chinò il capo, respirando lentamente. Da quanto tempo non lasciava scorrere il Sihir nel suo corpo al di fuori del Centro di Ricerca? Da quanto non usava Subsidence per qualcosa che non fosse un mero esercizio di controllo?

Non sarebbe mai uscito da quella gabbia, non per se stesso. Per Chloe, però, valeva la pena provarci.

Per lei, poteva addirittura riuscirci.

La prima settimana di tentativi fu inconcludente. Abbassare la temperatura era l'uso più basilare di Subsidence, ma Brycen riusciva solo a congelare l'umidità dell'aria in amorfi cristalli di ghiaccio. Gli servirono altri sei giorni per ottenere forme più piccole, trasparenti e definite, poi altri quattro per creare minuscoli granelli di grandine che poteva a malapena considerare nevischio.

Non era in grado di visualizzare cristalli abbastanza piccoli da formare fiocchi di neve, figurarsi concentrare il suo potere in modo così preciso. Era come avere con sé una tavolozza con tutti i colori di cui aveva bisogno, ma la tela non era abbastanza ampia per contenerli tutti. No, non proprio: era come se fosse così piccola che non si riusciva neanche a vedere dove dipingere. Era come...

"Minuscole macchie di colore nell'aria."

I colori vibranti dell'esibizione di Jessica esplosero nella sua mente, riempiendola di ricordi. Uno spettatore ignaro avrebbe potuto pensare che Chromaster colorasse la realtà, ma sarebbe stato un errore; non faceva altro che modificare l'assorbimento e la riflessione della luce, così che l'occhio umano percepisse un colore differente. Allo stesso modo, Brycen non creava ghiaccio. La capacità di Subsidence era quella di abbassare temperatura, umidità, pressione. Lavorava sull'ambiente circostante, creando le condizioni ottimali affinché il ghiaccio si formasse.

Come aveva potuto dimenticare una differenza così elementare? Nei suoi taccuini aveva trascritto dettagli sul funzionamento di Naru che non aveva mai visto di persona, ma quando si trattava di Subsidence...

Brycen sospirò, passando una mano sul tavolo ricoperto di un sottile strato di brina. I piccoli cristalli di ghiaccio si disgregavano tra le sue dita, svanendo come se non fossero mai esistiti. Non aveva ancora raggiunto il suo obiettivo, ma quello era un traguardo; non aveva mai neanche solo pensato di potersi avvicinare.

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