Capitolo 1 - Curiosi occhi neri [Revisionato]

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"La volontà di apprendere non va mai denigrata a prescindere dalle motivazioni" si ripeteva Brycen, eppure non era per quegli sguardi vuoti che era venuto a Sayfa. Avrebbe potuto elencare uno a uno i motivi per cui aveva lasciato Zima, parlando per ore di ogni più piccolo dettaglio di ciò che avrebbe voluto cambiare nella sua terra, ma cosa veniva dopo aver superato i confini? Cosa restava di tutte quelle lamentele, speranze e ponderazioni?

L'aveva dimenticato. Forse non l'aveva mai saputo. Sayfa gli aveva concesso la libertà, ma dopo tre anni non aveva ancora idea di cosa farne.

Brycen sospirò quando vide le lancette scoccare le diciotto, sfuggendo ai suoi pensieri per congedare gli studenti. Sciolse i capelli dalla coda alta solo per legarli con un nodo più basso e morbido, facendo ricadere le ciocche viola sulla spalla, e indossò il giaccone scuro prima di uscire. Era il suo preferito, ma forse era già arrivato il momento di riporlo nell'armadio: l'estate era alle porte e i passanti avevano già braccia e gambe scoperte, ampi cappelli per tenere in ombra il viso e ventagli con cui concedersi sollievo dalla calura.

Molti si voltavano a fissarlo mentre camminava, puntandogli addosso i loro sguardi straniti. Brycen poteva sentirli bruciare di curiosità, divertimento e persino invidia, sicché fece di tutto per evitarli: superò i confini dell'Accademia e imboccò via Meridia, facendo vagare lo sguardo lungo le vetrine, sulle insegne illuminate a Sihir e sugli espositori di merci, lasciandosi distrarre dai suoni e dagli odori che solo le vie commerciali potevano offrire. Mehtap era così diversa dal paese in cui era cresciuto che non smetteva di stupirlo anche adesso che era diventata la sua quotidianità: a Zima non si trovavano vie simili, dove negozi dalla natura più disparata si alternavano in un cammino dedicato alla compravendita; la sua lingua non aveva neppure una traduzione per "negozio", dato che non era un concetto familiare per gli zimei.

Il profumo di pane appena sfornato gli sfiorò le narici, e Brycen notò che le panetterie erano assaltate da nutriti gruppi di persone che si accalcavano fin oltre le porte, smaniosi di entrare. Chi usciva dai locali aveva in mano il medesimo sfilatino intrecciato, condito con pomodori secchi e olive: Brycen non ne rammentava il nome, ma a Sayfa era usanza mangiarlo durante una qualche festa lucista. A quale Angelo fosse dedicata, però, non avrebbe saputo dirlo: la Chiesa della Luce ne venerava tanti quanti erano le stelle, persino lui non riusciva a ricordarli tutti.

Scansò le persone in fila e puntò un bar all'angolo della strada, pressoché vuoto. Non era il Cristallo, dove sovente si fermava a bere qualcosa dopo le lezioni, ma non aveva voglia di sfidare la folla per raggiungere l'ingresso e il Nerea si presentava come un degno sostituto. All'interno il profumo di zucchero, alcool e caffè permeava l'aria in un miscuglio invitante, mentre una piccola radio diffondeva musica leggera. L'arredamento strizzava l'occhio allo stile moderno di Sayfa, con linee pulite e legno laccato, abbellito da decorazioni che richiamavano l'ambiente marittimo: pesci colorati dipinti sulle pareti nuotavano tra coralli e alghe, mentre reti da pesca cadevano giù dal soffitto reggendo conchiglie e stelle marine. Luci al Sihir colorate illuminavano i pochi tavoli rotondi e il lungo bancone ad angolo, che si ergeva come uno scoglio colpito dalle onde.

Una scelta curiosa, dato che Mehtap non aveva alcuno sbocco sul mare, ma gradita: Brycen aveva visitato simili ambienti solo attraverso i suoi libri, perciò si ritrovò a distendere le labbra mentre prendeva posto al bancone, ammirando la cura con cui erano state realizzate quelle decorazioni.

«Ciao! Cosa ti porto, caro?»

Brycen sobbalzò, voltandosi per incrociare lo sguardo della giovane barista che gli sorrideva dall'altro lato del bancone. Aveva un viso piccolo e tondo, capelli azzurri raccolti in un coda alta e una carnagione chiara dal forte sottotono caldo, tipica di Jiyu. Non aveva il minimo accento, ma i curiosi occhi neri tradivano le sue origini per via della forma sottile e allungata che neanche la frangetta riusciva a nascondere.

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