Fumo e nuvole bianche REMIX

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Sinistra, destra e poi... poi ancora destra, sì, lì in quel vicolo buio che quasi non si vedeva. Non c'era tempo per pensare, davanti ai bivi l'esitazione poteva costare cara. In gola, come un martello, il battito folle del cuore, il vapore caldo dei polmoni roventi sul punto di esplodere. Una curva, un'altra... Il fiato che mancava. Ma adesso? Era la fretta a essergli costata cara: la strada era sbarrata da un'alta muraglia, John non poteva scappare più. Era in trappola.

Non poteva nemmeno tornare indietro, no di certo, perchè dietro c'era chi lo stava inseguendo. E non poteva stare lì indeciso, fermo a fissare il muro e a passare il proprio peso da un piede all'altro e a disperarsi. A maledirsi e a pensare che no, sparire non era possibile, e nemmeno passare attraverso i mattoni era possibile, e nemmeno scavalcare un muro così alto era possibile. Ma John ci provò, a scalare il muro. Ci provò perché aveva già perso troppo tempo a pensare, e provare a oltrepassare la muraglia era, tra le alternative, la meno assurda, tanto che a un certo punto a un cervello disperato quasi sembrava fattibile.

Lo sembrò solo prima di iniziare, però: perchè poi, dopo i primi tentativi, John si arrese all'evidenza che le mani non riuscivano a far presa, i piedi non parliamone, e le unghie si frantumavano mentre scivolavano giù sull'intonaco grezzo e ruvido che raspava via anche pelle e carne dalle dita. Il sangue iniziò a scorrere e a macchiare il muro e no, questa non era una cosa buona, perchè forse Lui poteva fiutare il sangue ed essere guidato lì. E comunque era inutile, non si riusciva a salire nemmeno di pochi centimetri. La via di fuga non esisteva e non poteva esistere e non sarebbe comparsa dal nulla solo grazie alla forza della disperazione.

Che fare, che poteva fare? Forse cercare di nascondersi tra i sacchi accatastati in quel retrobottega, rannicchiarsi così, stringendo forte al petto le ginocchia, tenendo gli occhi spalancati e all'erta, pronti a saettare da una direzione all'altra, a non lasciarsi sfuggire neanche un centimetro. Pregare, pregare di essere davvero riuscito a far perdere le proprie tracce. Pregare che quello fosse solo un brutto sogno. Magari ora sarebbe arrivata la mattina, e l'incubo sarebbe finito. Pregare di morire, anche questa forse poteva essere una soluzione. Ma chissà perché John era certo che nessuna preghiera avrebbe potuto funzionare.

Quel fantasma fatto di fumo e niente lo perseguitava da giorni. Non si sapeva da quale inferno fosse fuoriuscito, attraverso quale crepa tra i mondi si fosse infiltrato a Liberia, non si sapeva nemmeno perché stesse perseguitando sempre e solo lui. C'erano, in città, uomini più cattivi, che meritavano più di lui questa maledizione; c'erano persone infinitamente più buone, bersagli perfetti per simili demoni. Il fantasma, però, voleva lui.

Cos'era stato, ora? Un'ombra... o... fumo? Gli occhi di John si spalancarono e scandagliarono i paraggi ancora più velocemente, spostandosi a scatti da destra a sinistra, e poi ancora a destra e a sinistra ancora. Forse quello era proprio fumo, il fumo denso e nero e schifoso di cui era fatto il dannato fantasma. Forse aveva scoperto anche questo suo ennesimo nascondiglio! John non sapeva che fare, se non stringere ancora di più le gambe al petto nel tentativo di farsi più piccolo e provare a spostare un sacco di farina, forse così poteva nascondersi meglio. Ma una vampata nera salì proprio da dietro il sacco, e turbinò salendo in un vortice, per poi ricomporsi in una sagoma minacciosa e buia.

"N-non fa-farmi male... Co-cosa vuoi?"

Le parole sembravano incagliarsi nelle corde vocali. Il fantasma spalancò le fauci rivelando la terribile gola, diventando egli stesso una gola profonda come un burrone di disperazione, un'enorme voragine nera pronta per ingoiare un uomo.

John si mosse all'indietro, aiutandosi con le mani, arrancando da seduto. Non serviva a niente, non poteva fuggire, non c'erano scappatoie. Lo sapeva benissimo, ma che altro poteva fare? Disperazione e paura colmavano i suoi pensieri e non lasciavano spazio per idee geniali: ormai era spacciato e non aveva nemmeno più la forza di lottare. Solo di piangere e urlare, e il fantasma sembrava quasi diventare più grande e forte a ogni suo grido di terrore, a ogni gesto convulso delle sue braccia che si agitavano in aria comunque, nei momenti in cui non le usava per spostarsi, nel disperato tentativo di tenerlo a distanza.

"Ahahah! Che mosse buffe! Sembri un gambero che combatte!"

Dove... dov'era finito il fantasma? Chi aveva parlato? Forse quella flebile vocina apparteneva allo spirito di fumo? No, quel mostro doveva avere una voce lugubre e... Accidenti, dove si era cacciato?

John lo vide, era accasciato al suolo, lì accanto ai sacchi. Era così piccolo, in quel momento, sembrava quasi ferito, ma la bocca (se poteva chiamarsi bocca) era piegata in un'espressione che sembrava furente. Solo scorgerne la sagoma e il ghigno malefico tolse il fiato a John. Il fantasma ora sembrò rinvigorirsi, la sua incertezza era durata solo un attimo, ora si stava librando di nuovo nell'aria.

Bisognava scappare. John si alzò, indietreggiò, ma inciampò sul sacco di farina e cadde, il sacco sotto di lui. Da un buco nella iuta, volò nell'aria una nuvola bianca.

"Ahahah! Che imbranato! Sembrava che la farina venisse da... Ahahah, sembrava una grossa puzzetta! Fallo ancora, dai!"

C'era qualcun altro, oltre a loro. Con la coda dell'occhio John vide una bambina, alla finestra della forneria: rideva, quasi come se non vedesse nulla di pauroso. Il fantasma era di nuovo a terra, eppure nessuno gli aveva fatto niente... O forse sì?

***

Non poteva ridere quando era terrorizzato, quindi aveva pensato che far ridere moltissime altre persone contemporaneamente fosse l'unica soluzione. La soluzione perfetta.

John poggiò con cautela, dietro le quinte, la boccetta di cristallo dove, anni prima, aveva intrappolato il fantasma: colpito da centinaia di risate, ormai inerme, dopo il primo spettacolo. Gli piaceva portarlo con sé durante lo show. Il fumo nero vorticava e si contorceva. A volte si intravedevano piccoli occhi sbarrati che sembravano implolargli pietà dall'interno della fiala. Il fantasma sembrava soffrire, proprio quanto aveva sofferto lui a quei tempi.

Il presentatore annunciò finalmente il suo numero:

"Gentile pubblico, al Circo Blenkinsopp, lo spassosissimo Signor Puzzetta! Per la gioia di ogni bambino, ecco il clown più famoso di Liberia!"

Per la gioia di ogni bambino... Sì, e per il terrore di ogni fantasma.

Storie un po' cosìWhere stories live. Discover now