1.𝙃𝙤 𝙥𝙖𝙪𝙧𝙖

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T/n pov:

Non capisco più nulla.
È successo tutto troppo velocemente.
In questo momento l'unica mia certezza è che devo continuare a correre.

Scappo, cercando di non inciampare su pezzi di edifici crollati o peggio, corpi.
Corpi privi di vita di persone che solo qualche attimo fa vivevano tranquille.

Vorrei fermarmi, cadere in ginocchio sulle macerie ed aspettare di essere uccisa.
Ho perso tutto ciò che avevo di importante, l'unica cosa che mi resta è la vita.
Ma vale ancora la pena di continuare ad esistere? Vale la pena scappare con il vuoto dentro che mi consuma ad ogni passo?

Respiro a fatica scossa da singhiozzi incontrollabili. Inciampo, ma mi rialzo con le mani sporche senza smettere di guardare avanti. Lancio un urlo di dolore mentre la mia gamba si scontra con qualcosa di affilato.

Cerco di non darci peso, devo andare avanti. C'è una parte di me che vuole disperatamente mettersi in salvo.
Una parte davvero piccola, che però non posso ignorare.

Sento qualcosa cadere alle mie spalle, probabilmente una casa che crolla.
Mi butto istintivamente a terra, mentre vengo ricoperta dalla polvere di calce.
Non riesco a respirare e per un istante penso che questa sia veramente la fine.

Alzo lo sguardo mossa solo dalla disperazione e le vedo, sono vicine, ma allo stesso tempo irraggiungibile.
Le barche: l'unica mia via di fuga.
Mi lancio in una corsa sfrenata con le ultime energie che mi restano.

Mi faccio largo a spintoni tra la gente.
Sento il pianto di un bambino e la voce di una madre che cerca di calmarlo con una ninnananna. È orribile ascoltarla mentre viene sommersa dalle urla delle persone.
Urla di terrore puro, che mi perseguiteranno nei sogni.

Sono abbastanza piccola e minuta da riuscire a sgusciare tra la folla con discrezione.
Sono tutti agitati, si muovono spinti dall'istinto di sopravvivenza.

Non sono stupida, capisco perfettamente che le barche possono contenere un numero massimo di persone.
Se per caso non dovessi riuscire a salire...no, non accadrà.

Non vedo oltre le teste della gente, ma c'è un dettaglio che salta subito all'occhio.
-Armin!- urlo a pieni polmoni sovrastando le grida.
Quei capelli biondi non possono passare inosservati.

Lo vedo girarsi e guardarsi intorno.
Prego che mi abbia notata, che si accorga di me.
Sono sola, ho bisogno dei miei amici.
Mi alzo sulle punte dei piedi agitando le braccia.
Nonostante questo lui torna a concentrare la sua attenzione davanti a sé.

Non mi ha vista, oppure mi ha ignorata.
D'altronde io mi sono sempre sentita fuori posto nel trio che formava con Eren e Mikasa.

Ricevo una forte gomitata nelle costole da un uomo che cerca di saliere sulla barca tenendo per mano una bambina.
Mi piego dal dolore, tentando di non perdere l'equilibrio.

Vorrei arrendermi, ma devo andare avanti per mio padre.
Devo andare avanti per mia madre.
Devo andare avanti per mio fratello.

Se morissi qui morirebbero anche tutti i ricordi che ho di loro.
Devo vivere per la mia famiglia.

Prendo la rincorsa e spingo la gente che ho attorno.
Salirò su quella barca, dovesse essere l'ultima cosa che faccio.

Lotto come una pazza, passando a destra e a sinistra e superando il maggior numero possibile di persone.
Ci sono quasi, mi manca pochissimo.

Improvvisamente inciampo sul piede di qualcuno e finisco a terra.
Cerco di alzarmi, ma vengo spinta nuovamente giù. L'unica cosa che vedo sono centinaia di scarpe e il duro terreno.

Poi, quando ormai mi rassegno al mio triste destino, sento una mano tirarmi su.
Alzo lo sguardo, mentre vengo trascinata sull'imbarcazione.

_________________________

Mikasa è riuscita a portarmi su quella dannatissima barca.
Nonostante io fossi a terra come un inutile peso morto, ormai convinta di non avere speranze.

Stimo molto quella ragazza, vorrei anche solo un briciolo della sua forza di volontà e determinazione.

Osservo Eren, l'espressione innaturale stampata sul suo volto mi fa accapponare la pelle.
Gli occhi sono vuoti, persi a guardare qualcosa che non esiste.
Non vedo sua madre e non ci metto molto a capire.

Armin non parla. Quando fa così nella sua arguta mente si stanno discutendo dibattiti che io non potrei mai sostenere.
È veramente intelligente quel ragazzo.

Mikasa fissa preoccupata Eren.
Cavolo, se solo pensasse un po' di più a sé stessa.
Dopotutto è normale volergli bene, la famiglia di Yaeger l'ha presa con sé quando era piccola.

Io però riconosco dal suo sguardo che per lei Eren è più di un fratello.
Va sempre in giro con quella sciarpa al collo, non credo ci voglia un genio per capirlo.

Io cerco di tenere la mente attiva.
Ho preso la mia famiglia durante l'attacco.
Non sono certa che siano morti, ma nemmeno il contrario.

Ci siamo separati per sfuggire ad un gigante.
È un miracolo che io sia viva.

Probabilmente è la speranza di rivederli sani e salvi a mandarmi avanti.

Non ho mai avuto un buon rapporto con i miei genitori, ma adesso vorrei tanto aver potuto dire loro un sincero "vi voglio bene".

-Ucciderò tutti quei giganti- l'affermazione di Eren mi coglie alla sprovvista.
La rabbia nella sua voce è disarmante.
Mi spaventa.

Anche gli altri lo guardano qualche istante interdetti.
Non dico nulla, ha bisogno di sfogarsi.
Se le mie supposizioni sono vere sua madre è morta, magari anche davanti ai suoi occhi.

In quella frazione di secondo realizzo che ho bisogno di trovare un modo per mantenermi.
Non basta essere vivi, necessito di soldi per mangiare.
Cosa potrei fare? Non ho scopi nella vita, né tantomeno passioni o talenti particolari.

Non ho parenti che potrebbe ospitarmi, finirò a vivere per strada sola e abbandonata.

L'unica cosa sarebbe...no, no, no.
Eppure...no.
Io non mi arruolerò.

Ciaoooo,
Questa è la prima storia che pubblico, ma spero vi piaccia.
Non sono una scrittrice, però giuro che mi sono impegnata nel descrivere il clima di terrore di Shiganshina.
Se volete lasciate un commento perché credo siano la parte migliore nelle xReader.
Al prossimo capitolo ( ˘ ³˘)♥

𝐅𝐫𝐨𝐦 𝐇𝐚𝐭𝐞 𝐭𝐨 𝐋𝐨𝐯𝐞~𝐿𝑒𝑣𝑖𝑥𝑅𝑒𝑎𝑑𝑒𝑟Where stories live. Discover now