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Il rumore dei tacchi di Miyeon si perdeva nel casino delle strade affollate di Gangnam, i clacson dei taxi ed il vociare delle persone si univano insieme in un chiasso che la ragazza percepiva come lontano. Era immersa nei suoi pensieri.

Slacciò i bottoni centrali della giacca bordeaux, abbinata alla gonna in tweed ed alla camicetta in chiffon in un completo dall'aria professionale. Il bel tempo di Maggio era arrivato a Seoul ed il sole scaldava lei ed il resto dei passanti, tutti avevano iniziato ad abbandonare le giacche a vento sostituendole con quelle più leggere in pelle.

A causa del bel tempo quel pomeriggio tanta gente se ne andava a spasso per il quartiere: era un giorno lavorativo, martedì per essere precisi, eppure le persone chiacchieravano fra di loro tranquille o si godevano un caffè sedute ad un tavolino del bar.

Miyeon no. Miyeon aveva lavorato quella mattina e stava andando a lavoro anche in quel momento.

Arrivò finalmente al grattacielo che era la sua destinazione ed entrò nella porta girevole all'ingresso; davanti a lei vide un lungo bancone in finto marmo nero con inciso sopra il nome dello studio legale Kim & Jeon.

Si tolse gli occhiali da sole di Chanel e parlò alla ragazza seduta al banco d'accettazione.

"Buongiorno, devo vedere Kim Namjoon".

"Ha un appuntamento?" le chiese l'impiegata con fare annoiato.

"Qualcosa del genere".

La receptionist chiese quale fosse il suo nome e, quando lo ripetè al telefono con il piano superiore, sgranò gli occhi per la risposta che ricevette.

"Il signor Kim l'aspetta al quinto piano".

Miyeon ringrazió e prese l'ascensore, controllò il proprio aspetto allo specchio e provò a sorridere: le riuscì difficile. Era nervosa, le parole che Hoseok le aveva detto quella mattina continuavano a vorticare nella sua testa come nuvole grigie, ricche di tuoni e pioggia.

Prese un profondo respiro cercando di rilassarsi e di liberare la mente. Doveva riuscire a calmarsi, stava lavorando dopotutto. Vedere Namjoon era parte del suo lavoro.

Le porte dell'ascensore si aprirono con un trillo e davanti a Miyeon, ad accoglierla, si presentò il viso familiare della signora Yang. La donna le rivolse il suo tipico sorriso gentile e la invitò a seguirla verso l'ufficio del "signor Kim".

Attraversarono il corridoio e quella che doveva essere la zona relax del piano. Davanti alle due macchinette del caffè, proprio di fianco al dispenser d'acqua, se ne stavano niente meno che Scemo e Più Scemo, impegnati a non fare proprio nulla e parlare fra di loro.

Più Scemo sobbalzò quando vide Miyeon passare e disse qualcosa a Scemo, questo si voltò di fretta quasi rovesciando il caffè sulla camicia salmone del suo collega.

Nelle ultime due settimane quei due avevano sviluppato una specie di timore reverenziale nei confronti di Miyeon, probabilmente perchè la ragazza li aveva beccati più volte a rifarsi gli occhi sulle sue curve e li aveva sentiti fare un'infinità di apprezzamenti raccapriccianti sul suo fisico.

Scemo e Più Scemo sapevano che Miyeon sarebbe stata in grado di metterli in imbarazzo persino davanti alle loro stesse madri e tutto con un semplice schiocco di dita. Questo li spaventava.

Prima o poi li massacro.

Provava un irrefrenabile disgusto per i colleghi di Namjoon, un profondo ribrezzo che sembrava essere aumentato con il passare del tempo e che quel giorno, complice il suo umore nero, sembrava pronto ad esplodere.

Aveva voglia di andare da quei due e farli sentire dei vermi, far sapere a tutto l'ufficio che razza di pagliacci disgustosi fossero, ma non poteva. Non poteva utilizzarli come vittime su cui sfogare tutto il suo malumore.

Bittersweet ¦ k NjWhere stories live. Discover now