-Capitolo numero 13-

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            "Una forzata tolleranza"

Non aveva nulla di fare nulla, uscire non ne aveva voglia, dopo la spiacevole discussione della sera precedente, e nemmeno di leggere, cosa strana per lei che solitamente vi si rifugiava dentro alle pagine di un libro.

La verità era che le parole di Kito l'avevano turbata parecchio.

"Assecondami" quella condizione risuonava nella sua mente come un vicolo a senso unico, era davvero demoralizzata.

E quella mattina non aveva nemmeno partecipato alle lezioni, tanto che era troppo spossata per entrare in aula.

Presa da un attacco di noia prese il quaderno di matematica intenta a provare a fare qualche esarcizio, anche se la voglia andava sotto zero.

"Non ci capisco nulla" pensò infine mordendo svogliatamente la matita "Che palle...".

Si lasciò cadere sul letto tentando inutilmente di farsi arrivare qualche idea.

Notando che le idee non affioravano alla mente chiuse per un attimo gli occhi, cercando di riposarsi il più possibile, quando la porta della stanza venne bussata appena appena.

"Che diamine Denise" pensò lei "Si è dimenticata le chiavi".

Avanzò stancamente verso la porta controllando i due ganci su cui appendevano le chiavi.

"Ma qui non ci sono quelle di Dee-Dee" si disse incredula "Ma allora chi è che bussa?".

Aprì lentamente la porta alzando lo sguardo sul visitatore.

La sua espressione mutò da annoiata a infastidita e di ripicca chiuse la porta di colpo.

Ancora bussare.

« Sparisci!» urlò la ragazza posizionandosi contro la porta.

Non udì risposta, solo un continuo incessare di colpi contro il legno che la stavano letteralmente mandando in bestia.

Spalancò di nuovo la porta.

« Si può sapere che diavolo vuoi!?».

Il giovane non rispose e si limitò solamente a posare la mano sullo stipite della porta.

« Te la rompo! Non ho riguardo sai?».

« Sta zitta ed entra!» ordinò infine il giovane spingendola lentamente all'interno della stanza e facendo irruzione nella camera.

Jessica sgranò gli occhi indietreggiando e prendendo le distanze di sicurezza da quel ragazzo.

Afferrò il manico di una scopa puntandoglielo contro con sguardo per niente amichevole.

« Non ti avvicinare!».

« Quanta ostilità» affermò lui « E io che sono venuto apposta per portarti il pranzo visto che non hai fatto nemmeno colazione. Sei pallida sai se non mangi ti ammali seriamente».

« Non voglio di certo il tuo di cibo! Puoi anche mangiartelo».

« Serena non sarà contenta di saperlo» disse lui assumendo quasi un'espressione dispiaciuta.

« C-che c'entra Serena adesso?».

« E' lei che si è preoccupata per te fino a chiedermi di portarti questi» mentì in parte il ragazzo « Era molto impegnata e mi ha chiesto il favore di portarteli».

"Domani la uccido" pensò la ragazza in tutta risposta.

Non si fidava di Kito, no per niente, eppure era lì, con un vassoio con troppe cose invitanti da poter mangiare, con cui saziarsi per l'intera giornata.

Strinse forte la presa sul manico combattuta se fidarsi o meno.

« Allora? Farai un simile torto alla tua amica?».

« Certo che sei bravo coi ricatti» disse infine la ragazza « Appoggialo sul letto, e tu invece siediti sull'altro».

« Sempre troppo ostile le mie intenzioni sono buone».

« Non mi fido! Coraggio!».

« Sissignora».

Kito appoggiò il vassoio sul letto della ragazza allontanandosi docilmente e con quel sorrisetto.

Si sedette sul letto di Denise e attese paziente, sembrava una leonessa in attesa di sbranare la sua preda.

La ragazza si sedette non staccando gli occhi da lui concedendosi infine il morso di quel panino fin troppo imbottito che le aveva portato.

Mangiò tranquillamente, non aveva nulla di cui temere a quanto pare.

Questione di due secondi, finì il panino e cominciò col bere la sua bibita che notò il volto del ragazzo vicinissimo al suo.

Sputò di rimandò il liquido contro il ragazzo mentre la mano correva al manico di scopa che aveva lasciato.

« Eh no, sta volta no».

Le afferrò il polso bloccandola per la mano, era stato troppo veloce.

Kito sorrise e lei non poté fare a meno di arrossire vivamente.

« L-lasciami! Kito!» urlò la ragazza cercando di divincolarsi da tale stretta « Per favore... mi fai male! Kito!».

« Se eviti di dimenarti allora non ti farei male, sciocchina» disse infine avvicinandosi ulteriormente.

« T-Tro...».

Le posò un dito sulle labbra intimandola a stare zitta, perché quella situazione la imbarazzava così tanto?

« Dovevo dirti anche un'altra cosa» disse infine avvicinando le labbra al suo orecchio « Sabato... richiedo la tua compagnia».

« N-neanche sotto tortura!».

« Allora credo proprio che tutti sapranno che sei una ballerina piuttosto abile» disse lui mordendole leggermente il lobo « Allora?».

« T-ti odio!».

« Lo prendo per un sì» disse infine allontanandosi da lei con quel sorriso « Fatti bella mi raccomando».

« Insolente!».

« E sforzati magari di sorridere un pochino».

« Se me lo dici tu con cavolo che lo faccio».

« Su su, prometto che ti farò divertire».

« Perché detto da te mi sembra un tentativo come un altro per arrivare a situazioni perverse?».

« Eh? Smettila di pensare male! C'è una festa in città di sera e siccome sei nuova ti ci volevo portare» sbottò lui « Sei sempre la solita diffidente!».

« Non che tu mi dia altre possibilità per non pensare male, sai?».

« Ammettilo che ti piace però essere ricattata da me!».

« Vattene!» urlò infine la ragazza calciandolo giù dal letto « Sei solo un odioso pervertito! Idiota!».

« Questo è tutto amore».

« Questo è tutto odio invece! Rassegnati!».

Kito sorrise, non si era bevuto nulla di quella situazione.

Si alzò avviandosi alla porta salutandola con un cenno della mano con quel sorrisetto divertito che non si era mai tolto dal suo volto.

« Passo a prenderti alle tre, fatti trovare pronta!».

« Vai al diavolo Kito!».

Il ragazzo sorrise e imboccò l'uscita seguito da un urlo esasperato che sapeva appartenere a quella ragazza.

"Sabato..." pensò "Cambierai idea, vedrai!".

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