Parte 15

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Jack

Albert

"Ogni volta che leggevo il suo nome sulla videata del cellulare, era una fitta allo stomaco. Bile mi saliva in gola: acida, nauseante.

Messaggi, telefonate, ricevevo questa merda a tutte le ore del giorno e della notte."

Cinquecento
Trecento
Non fare il furbo con me, ragazzino Bravo, tua madre deve essere molto orgogliosa di te
O tu o... chi sai tu. A te la scelta
Bella casetta. Non vuoi che tutto vada a rotoli, vero?
Ancora duecento, pensi che non sappia contare?
Non rispondi più? Forse dovrei farmi un giretto uno di questi giorni

Albert ha chiamato alle ventitré
Albert ha chiamato alle due e ventuno

Messaggio in segreteria da Albert: "Ragazzino, mi assomigli così tanto, guardati allo specchio: siamo uguali!"

"Davanti al riflesso lo vedevo pronunciare quelle parole, non riuscivo a cancellarle.
Ho deciso di non rispondergli: silenzio stampa.

Non ho più avuto sue notizie, passavano i giorni e ricominciavo a respirare.
Mi sono buttato sullo studio, nel tempo libero scrivevo pezzi freelance per racimolare più denaro possibile, lavoravo in un pub notturno e intascavo un sacco di mance: risparmi per la scuola, per la nostra famiglia.
Ero l'uomo di casa da così tanto tempo da non saperlo quantificare.
Il male lo lasciavo nell'ombra, esattamente da dove proveniva, dove doveva restare.
Per un momento ho rivisto la luce, soltanto uno spiraglio, ma era l'ennesima illusione.

Quando è comparso il tuo nome sullo schermo, ho premuto la cornetta con un sorriso ebete sulla faccia: mi chiamavi tutti i giorni per raccontarmi la tua giornata.
E il mondo mi è caduto addosso, si è frantumato ai miei piedi. Ho preso a correre verso l'auto sgangherata che avevo acquistato con i miei primi risparmi, quelli che mi erano rimasti dopo aver lasciato la somma richiesta da Albert, in cambio della serenità della mia famiglia.
Tutte le volte era la stessa storia: soldi per una pace fittizia."

Vieni a casa, ti prego... C'è tuo

"Non ho avuto bisogno di sentire altro.
Ho schiaccio sull'acceleratore, le mani strette sul volante fino a farmi male, ho parcheggiato malamente e mi sono fiondato alla porta.

Eri svenuto sul pavimento, il tuo viso imbrattato di sangue.

L'uomo su nostra madre continuava a colpirla mentre sbraitava parole sconnesse, ubriache, fatte.

Si è girato. I nostri volti l'uno lo specchio dell'altro.
Per un istante le sue mani sono diventate le mie. 

Un mugolio e mi sono risvegliato da quel torpore."

Un rantolo. Lei.
Un sorriso malvagio. Lui.

"Non ci ho più visto. Ho lasciato andare la rabbia, tutta l'ira repressa, sul corpo di Albert."

Per te sono il Signor Meiser, devi portarmi rispetto ragazzino.

"Quando l'ho raggiunta, l'ho presa tra le braccia. Mi ha sorriso."

Non parlare, Mamma, tra poco arrivano i soccorsi...

"Si è spenta, ci ha lasciati dopo avermi fatto una sola richiesta."

Jack, prenditi cura di Josh. Dovete essere forti... una squadra. I miei ragazzi. Vi voglio bene.

"Non l'ho salvata, non sono arrivato in tempo.

È tutta colpa mia, fratellino."

Siamo seduti in una dannata sala d'aspetto, in attesa di avere notizie di Judy: io, Josh e Karen. Alex si sta occupando delle ragazze e ci raggiungerà il prima possibile.

"Perché non me l'hai raccontato prima? Se penso a quello che ti ho fatto patire in quegli anni!"

"Non pensarci neanche per un secondo. Sei tutto quello che mi resta. Tutto quello che ho."

Non finisco di parlare che scorgo la figura di Karen venirci incontro dalla reception. Faccio cenno a mio fratello di attendere un secondo e mi alzo per andarle incontro.

"Cosa ti hanno detto?"

"Sta bene. Ha avuto un calo di pressione probabilmente dovuto allo stress." Mi fulmina con lo sguardo.

Abbasso gli occhi colpevole. È successo quello che più temevo: la parte tossica che risiede in me, ha colpito lei. Ho voluto strafare e lei ha patito le conseguenze di questa mia urgenza.

"Jack, Judy è un'ottima psicoterapeuta, una delle migliori a mio avviso. Ma ogni paziente che le si siede davanti, ogni mente che le si apre, le porta via una grande quantità di energie." Addolcisce il tono della voce. "Non è colpa tua. Lei conosce bene i suoi limiti ed è stata una sua scelta superarli. Lo ha fatto per te..."

"Possiamo vederla?" La interrompo.

"Le hanno dato un sedativo leggero, si è agitata un po' quando ha ripreso conoscenza. Le hanno attaccato una flebo; tempo un paio di ore e potrà tornare a casa."

Dannazione! Si è svegliata sola, in un ambiente estraneo, con questo maledetto odore di disinfettante.

"Devo tornare in ufficio per disdire gli appuntamenti in agenda; il dottore ha parlato di riposo assoluto per almeno tre giorni. Faccio prima a spostare tutto di una settimana. Posso contare su di te per il rientro?" Mi inchioda con lo sguardo.

Soppesa la mia reazione.

"Sicura che io sia la persona più adatta?"

Mi blocca a sua volta scuotendo la mano come a scacciare una mosca fastidiosa.

"Perfetto, anche questa è sistemata. Alex pensa ad Angel e Dana si è data disponibile per i pasti. Il tuo numero lo prendo dal computer, ti chiamo più tardi per sapere come sta. Ci sentiamo dopo."

Non mi da il tempo di ribattere, si gira e prende a camminare come un treno verso l'uscita dell'ospedale. La vedo inchiodare e voltarsi ancora nella mia direzione.

"Ah, Jack! Un'ultima cosa: ricordati anche di Ombra, la piccolina non ha voluto abbandonare il letto della sua padrona e vista la situazione, l'hanno lasciata restare in camera." E se ne va.

"Se vuoi resto a dare una mano?" Josh ridacchia divertito al mio fianco.

"Fanculo, sono perfettamente in grado..."

Lei è qui dentro a causa mia.

Vedo sfocato per qualche secondo quando quel pensiero prende vita nella mia testa.

"Jack. Jack, guardami! Smettila di addossarti tutte le colpe! Non so se l'aver tirato fuori quella parte del nostro passato voglia dire che ne sei finalmente fuori, ma se ricominci a fare certi discorsi mentali... sarà come aver buttato all'aria tutto il lavoro che Judy ha fatto per te. È questo quello che vuoi? "

Scuoto la testa e non riesco a trattenermi. Mi giro verso il mio fratellino e lo prendo tra le braccia, lo stringo forte. Gli occhi diventano lucidi, sbatto le palpebre per cacciare indietro il liquido salato.

"Basta cazzate, fratello. Punto a capo, lettera maiuscola."

Punto a capo, lettera maiuscola, ragazzi!

"Te lo sei ricordato! Mamma ce lo diceva sempre, tutte le volte che le cose non andavano bene: domani è un altro giorno..."

"punto a capo, lettera maiuscola!" Ripetiamo in coro, ridendo al nostro tentativo di imitare la voce di nostra madre.

Sorridiamo mentre qualche lacrima scappa indisturbata, rigando i nostri volti.

Perché ho aspettato così tanto?

"Ti voglio bene, Josh!"

Annuisce.

"Anche io, Jack. Ma adesso vai. C'è una persona che ha bisogno di te."

Un cenno, mi volto e mi dirigo con passo sicuro verso la sua stanza.
Testa alta e varco la porta, l'unica cosa tra me e la donna che mi ha salvato.

Adesso è il mio turno di prendermi cura di lei.

"Perfettamente Imperfetti" Volume II "Le mie mani, i miei occhi" Where stories live. Discover now