19. Psychologist

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Apro lentamente gli occhi, trovandomi stesa in un letto che non è il mio, quando sento i caldi raggi del sole colpire la mia faccia. La pelle del mio braccio brucia leggermente, per via dei raggi di sole che la colpiscono, rendendola leggermente più chiara del resto del mio corpo ancora nell'ombra della stanza.

Mi alzo e prontamente poggio una mano contro alla parete, per evitare di finire con la faccia contro il muro. La mia testa batte così forte che mi sembra che i miei pensieri stiano facendo un party e stiano prendendo a calci il mio cervello, così forte che in un primo momento non ricordo di ciò che è successo la sera prima; solo dopo essermi voltata a guardare la mia stanza ricordo di alcune cose che sono successe. Mi ricordo del ragazzo dagli occhi verdi dormiente, steso accanto a me con le sue braccia ad avvolgere il mio fragile corpo fin troppo magro, e ricordo anche di essermi alzata alcune volte durante la notte, di sotto c'era ancora un terribile chiasso e Harry era profondamente addormentato nel lato di destra del letto, i capelli scompigliati, gli occhi chiusi e le labbra leggermente schiuse che lasciavano fuoriuscire alcuni sbuffi e il suo alito alla menta. Menta e morte.

Non rimango molto a girovagare nella stanza, per cercare di ricordare, non voglio ricordare del bellissimo uomo steso accanto a me e poi pensare al letto vuoto con le lenzuola stropicciate. Tanto lui non c'è.

Quando esco dalla stanza alcuni ragazzi sono stesi a dormire sul pavimento, evidentemente sbronzi, con alcune bottiglie di strani alcolici vicino ai loro corpi e dei liquidi sparsi sul pavimento: probabilmente dei drink di gente troppo ubriaca per riuscire a tenere i bicchieri in mano. Cerco di evitare le macchie ancora umide sul pavimento con i miei piccoli piedi scalzi e mi guardo intorno, sentendo rumori proveniente da alcuni lati della casa, probabilmente di ragazze intente a vomitare, o di qualcuno che cerca di ripulire la merda sui pavimenti di questa enorme villa ormai ridotta in un buco puzzolente e sporco. Scendo le scale, è abbastanza difficile poiché molti ragazzi stanno tranquillamente dormendo a terra, corpi mezzi nudi aggrovigliati l'uno all'altro che mi occupano il passaggio; molte delle ragazze stese a terra hanno i vestiti sollevati, non hanno le scarpe o hanno le enormi tette rifatte fuori da quei piccoli vestitini, così stretti che potrebbero essere paragonati a bustine per cannucce. Al piano inferiore trovo alcuni ragazzi e ragazze che stanno ripulendo la cucina e il salotto. Quasi tutti i ragazzi e le ragazze sono messi davvero male, si vede dalle loro espressioni disgustate, credo di poter sentire il dolore nelle loro teste infliggere danni anche alla mia; altre ragazze, invece, sono completamente sobrie, o comunque con poco alcool che circola nei loro corpi, i vestiti ancora intatti e i capelli leggermente in disordine. Quasi tutte le ragazze hanno il trucco sfatto e la messa in piega andata ormai a fottersi, e sono sicura anch'io di avere una specie di nido in testa e di sembrare un clown.

Dei ragazzi che conosco, mi salutano quando mi vedono entrare, alcune ragazze danno il buongiorno e io ricambio tutto con un cenno della mano, prima di avvicinarmi alla finestra, passandomi una mano sul viso. "Ti sei divertita?" giro il viso di lato e trovo una ragazza con un volto familiare, intenta a sfilare una sigaretta da una piccola scatolina colorata. Io annuisco debolmente, non sapendo esattamente cosa dire e torno a guardare fuori dalla finestra, sospirando. "Discretamente," faccio una piccola pausa, tornando a guardare la ragazza accanto a me, che tiene la sigaretta appena accesa tra le labbra. "Sarebbe potuta andare meglio." Lascio scorrere il mio sguardo lungo la figura bassa e magra della ragazza di fronte a me, poi il mio sguardo si ferma sulle sue sigarette, colorate come il pacchetto. Probabilmente lei se ne accorge, perché subito apre bocca per parlare. "Ti piace? Ne vuoi una?" mi porge una delle sigarette all'interno della scatolina rosa con delle stelline, io la afferro con due dita, annuendo, e la porto alle labbra, aspettando che lei possa accenderla col suo accendino altrettanto colorato.

"Come mai sono colorate?" chiedo, dopo aver fatto un tiro alla sigaretta rosa, buttando il fumo fuori dalla finestra aperta. Lei non risponde subito, poi scrolla le spalle e schiude le labbra per parlare. "Me le hanno regalate."

Acid Blood | H.S.Where stories live. Discover now