12.

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È piena notte quando il vibrare incessante del mio telefono mi obbliga ad aprire controvoglia gli occhi. Sento il sonno schiacciarmi e la voglia di lasciar perdere prevale su ogni cosa.

Rimanere abbracciata al serbo e godermi queste ore di tranquillità è il mio unico desiderio al momento, eppure basta leggere il numero sul telefono per far passare qualsiasi pensiero.

Mi alzo di scatto, stando attenda a non svegliare Dusan mentre piano mi avvio verso il balcone per evitare di far sentire anche una sola parola della conversazione che sto per avere.

Il freddo punge la mia pelle, ma non importa o almeno nulla più ha importanza quando la voce di nicolò si propaga nelle mie orecchie.

"È nata, l'ho chiamata come te"

Mi fa sapere con la voce tremolante e con pochissima difficoltà immagino i suoi occhi scuri essere perlati dalle lacrime.

"Nico no, non è vero"

Anche i miei diventano subito vitrei, mentre inizio a tremare senza nemmeno rendermene conto.

"Se fosse stata femmina l'avremmo chiamata Livia, se maschio Kevin. Ricordi?"

Tiro su con il naso, troppo suscettibile a quei ricordi che rappresentano per me ancora una ferita aperta. Mi prendo il mio tempo per rispondere, assaporando il sapore delle mie stesse lacrime che mi bagnano ormai tutto il volto.

"Tu volevi dei gemelli, dicevi che così si sarebbero fatti compagnia a vicenda"

Decido di continuare il viaggio nei ricordi, consapevole di essere una masochista. Perché avrei dovuto attaccare nel momento esatto in cui il telefono aveva squillato, invece ti qui a ricordarmi di quel sogno che mai più potrà avverarsi.

"Lo voglio ancora, voglio ancora che tu sia la madre dei miei bambini"

"Non lo fare ti prego, ho bisogno-ho bisogno di andare avanti. T-ti prego"

Lo supplico di cancellare la mia esistenza dalla sua mente, cosa che razionalmente so non essere possibile. Lo so perché ci ho provato così tante volte a dimenticare quanto lui per me sia casa, eppure sono qui tremante e in balia delle emozioni.

"Non ce la faccio, ci sto provando ti giuro, ma penso a te in ogni cazzo di momento"

Sapere questa sua confezione rende ancora più impossibile per me staccare. In me non si è mai spento quel sentimento che mi ha legato a lui per così tanto tempo, come potrebbe farlo ora?

"L'hai scelto tu, Nico"

Gli ricordo, anche se ormai pensare al tradimento non mi provoca più quella rabbia ceca che mi ha portato a cambiare città.

In cuor mio, ingiustamente, l'ho perdonato.

"Un'ultima volta. Voglio averti per un'ultima volta e poi giuro che non ti contatterò mai più"

"Nico"

Mi sembra di vivere un dejavu. Io che gli chiedo di finirla, perché non sarei capace di interromperla e lui che mi prega per un'ultima volta che non è mai l'ultima.

"Cami, che stai facendo qua fuori?"

Mi prendo uno spavento quando Dusan, a petto nudo, esce a cercarmi. I suoi occhi passano dall'essere assonnati a preoccupati in un attimo, giusto il tempo di rendersi conto delle mie condizioni.

"Dudu"

"Che ci fa Dusan a casa tua a quest'ora?"

Se nelle ultime chiamate Nicolò mi spingeva verso un altro, adesso appare più che geloso. Sembra particolarmente infastidito dalla presenza del serbo.

"Nico, aspetta"

Pronunciando il nome del sardo, scatenò però la delusione di Dusan. Sono seduta sulla poltrona che permette di vedere il panorama dal balcone del serbo, mentre parlo con il mio ex che ha appena dato il mio nome alla sua bambina avuta con un'altra.

Siamo proprio alle comiche, devo ammetterlo.

"Stacca"

Subito Dusan si intromette, ma è chiaro che Nicolò l'abbia sentito poiché subito ribatte come se in chiamate fossero loro due.

"Digli di andarsene"

Una scelta, ecco cosa devo fare in questo momento.

Da una parte ho il ragazzo che ha saputo mostrarmi l'amore in tutte le sue sfaccettature, specialmente quelle più dolorose.

Dall'altra Dusan, a cui non saprei dare una definizione. Un tutto e un niente, potrebbe essere entrambe le cose. Eppure sono i suoi occhi scuri a incrociare i miei, a farmi capire attraverso uno sguardo che quello che sto facendo è sbagliato.

Sbagliato non perché sia geloso, non perché voglia dettare legge nella mia vita, ma perché è consapevole del male di cui sono succube per colpa di Nicolò.

"Nico, io vado"

Non lo sento nemmeno sbuffare, perché stacco subito. Stacco e scoppio a piangere come una bambina che ha saltato il pasto. Stacco perdendo ogni certezza a cui da tempo mi aggrappavo, senza essere consapevole che si trattava di un appiglio invisibile.

Non sarei mai potuta tornare a quando stavo bene, a quando la mattina venivo svegliata dalla colazione cucinata dal sardo, a quando i suoi occhi sapevano scavare dentro di me con una facilità disarmante.

Lo avrei dovuto accettare, il prima possibile.

Però per adesso mi concedo di essere fragile tra le braccia di Dusan, che mi cingono sperando di trasmettermi tutta la sua dolcezza mentre gli spiego a fatica la novità.

"Come cazzo fa a chiamare la figlia come l'amante"

"I-io non ero solo l'amante"

Quasi con rabbia mi difendo, non volendo apparire per ciò che in realtà ero: una semplice amante che non avrebbe mai scelto.

"Cami, non è per offendere te. È perché lui è un coglione di merda, non sa come trattare una cosa così preziosa"

Mi accarezza il volto con la sua ampia mano, spostandomi anche le ciocche che mi finiscono davanti agli occhi a causa del vento.

"Mi manca da stare male, ti giuro"

Ammetto spaventata dalla sua possibile reazione, ma sentendo la necessità di esternare la verità.

"Non ti manca lui, ti manca tutto quello che avevi con lui."

Sottolinea come se ai suoi occhi fosse ovvia la differenza, che io invece non colgo.

"Ora andiamo a dormire, hai bisogno di riposare"

➸Last first kiss || Dusan VlahovicDove le storie prendono vita. Scoprilo ora