The last thing I wanna do...

By wavy-baby

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Sebbene tra Gus e Bianca ci sia intesa fin dal primo incontro, sono due persone molto diverse. Peep è eccentr... More

girls
call me on my iphone
read the tattoos on my face
hold me closer
white wine
all I wanna do is get high
kiss
drive by at 125
one kiss then we fucking, I just can't get enough
you know I got my problems
club lights
fingers
drugz
i don't wanna fight like that
fucked up
you're the only one that could ever compare
u said
come over when you're sober
my bitch bleeding for me, she never cheated on me
you can suck my gothboi dick
i'm about to give her everything she ever wanted and more
i remember when we shared that same apartment
tell me awful things
baby, could you wait here? promise I'll be right back
i could see you and him
this music is the only thing keepin' the peace when i'm fallin' to pieces
fool me twice, put the blame on you
giving girls cocaine
we can do whatever that we wanna to do
show after show, fuckin' hoe after hoe
good luck mothafucka
got her little heart in my hand and i don't wanna break it
never stop blowin' up my phone
give me some time while i work on it
baby, won't you take me back?
sex with my ex
i'm not staying strong
she was the one
everybody's everything
can't breathe in the waiting room
doctor walks in
woke up surprised, am i really alive?
i run away from my problems
gettin' nookie
one day I'll be sober too
i can feel you watchin' after me
i ain't got the time for no compromise
never eat, never sleep
love letter
bonus curiosità
PARTE DUE DELLA STORIA ✌

did i let you down again?

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By wavy-baby

Esco dal bagno tirandogli una spallata ed inizio a girare nervosamente per casa. Sono incredula e delusa, non me lo sarei mai aspettata da lui: letteralmente alla prima occasione ha ceduto.

"Bianca, calmati per favore".
Mi volto di scatto: dirmi di calmarmi quando sono incazzata funziona esattamente al contrario, è come accendere un fiammifero in una stanza piena di taniche di benzina.
"Vaffanculo, sta zitto".
"Possiamo parlare civilmente?" mi chiede, sbuffando e passandosi una mano tra i capelli disordinati.

"No che non possiamo", rispondo agitata: "Perché sei un irriconoscente del cazzo. Ti sei tatuato una scritta grande come una casa sulla faccia per ricordarti di restare grato per ciò che hai... beh, mi sa tanto che dovevi farla ancora più grande, perchè non funziona molto come promemoria. Crybaby: è proprio quello che sei, un fottuto piagnucolone".
Lui si tocca istintivamente il sopracciglio su cui campeggia il tatuaggio in questione, poi tuona gelido: "Smettila, cazzo. Non fare così". 
"Ti sto dicendo la verità, quella che tu non riesci mai ad accettare né ad affrontare".

Ricomincio a camminare nervosamente da una stanza all'altra, non riesco a restare ferma e non so bene cosa fare, mi sento sopraffatta da un miliardo di pensieri negativi e di domande.
"Vuoi ascoltarmi un attimo?", mi chiede lui, quasi supplichevole.
"Chi cazzo te l'ha regalata?", ribatto a mia volta.
"Non è importante". Non me lo direbbe mai, non manderebbe mai nei casini un suo amico ed effettivamente non mi serve a niente sapere chi gliel'ha offerta, conta solo il fatto che lui l'abbia effettivamente accettata.
"Fanculo", borbotto a bassa voce. Dandogli la schiena, prendo dal guardaroba un paio di pantaloni e li indossando con un gesto veloce, intenzionata a levarmi di torno per darmi una calmata. 

"È solo della stupida erba, perchè ne stai facendo un dramma?".
"Perché non sono passate neanche due settimane e tu non sei stato in grado di dire di no", alzo la voce. Infilo le scarpe e prendo le chiavi dallo svuotatasche all'ingresso, mi sembra di soffocare e ho bisogno di aria. Con uno scatto felino, però, Gus balza di fronte a me, posizionandosi davanti alla porta: "Non vai da nessuna parte, adesso parliamo".
"Fammi uscire".
"Col cazzo, non puoi insultarmi tutto il tempo come se avessi ragione e poi andartene senza nemmeno ascoltarmi".
Lancio il mazzo di chiavi sulla mensola senza dire una parola, vorrei urlare con tutta la forza che ho per liberarmi da questa sensazione di oppressione che sento al petto.

"Vado da un terapista tutti i giorni per due ore, cosa altro posso fare più di così?".
Mi guarda dritto negli occhi e capisco che non è una domanda retorica, si aspetta davvero una risposta seria da parte mia. Ma io non una soluzione a portata di mano; se solo potessi mi prenderei tutti i suoi problemi e me ne farei carico io, ma purtroppo questa cosa non può succedere e deve farcela contando solo su se stesso.
"Non lo so, Gus", rispondo onestamente, allargando le braccia con fare sconfitto. 
Si rigira la bustina contenente l'erba tra le mani e la fissa con insistenza, come se almeno lei avesse una risposta, poi la ripone nella tasca frontale dei pantaloni mentre io mi lascio cadere a peso morto sul divano e mi gratto la nuca, confusa.

"Cazzo, Gus, perché devi mandare sempre tutto a puttane?".
Una lacrima sfugge al mio controllo e la asciugo il più velocemente possibile, prima che lui possa accorgersene. Peep mi si avvicina lentamente, quasi come se avesse paura che io possa scappare via come un gatto terrorizzato, abbagliato dai fari di un'auto, poi si siede accanto a me con uno sbuffo.

"Bianca, posso contare sulle dita di una mano i giorni che ho passato completamente sobrio negli ultimi cinque anni", dice, sollevando davanti al viso la mano con tutte le dita aperte per rimarcare il concetto: "Cazzo, hai idea di quanto sia difficile mentalmente, oltre che fisicamente? Sai quante volte mi sveglio la mattina non tanto con la voglia di fumare o di prendermi qualsiasi altra cosa, ma più con l'istinto di farlo, semplicemente perchè è così che ho vissuto la maggior parte della mia vita? Non è un problema di astinenza, quella la tengono sotto controllo i farmaci, si tratta di sconfiggere abitudini radicate".

Tamburello nervosamente le dita sul bracciolo del divano, tenendo lo sguardo basso. Non mi sento nella posizione per poterlo contraddire: non so quello che si prova e non voglio nemmeno saperlo. Ma non posso nemmeno ignorare il fatto che si sia dimostrato così debole davanti a un po' di erba: se gli avessero offerto altro, l'avrebbe accettato? Se ci fossero state pillole o coca, cosa avrebbe fatto? Non posso fare a meno di chiedermelo, perché, per quanto possa negare, nemmeno lui può essere certo che sarebbe stato in grado a rifiutare altri tipi di regali. 

"Devi spezzare la catena del tutto, non puoi permetterti neanche una piccola distrazione, perché non lo capisci?".
Lui scuote la testa, mordendosi il labbro inferiore: "Sei tu che non capisci". Si passa una mano sulla barba, grattandosi il mento: "Ti stai arrendendo con me, lo vedo nei tuoi occhi, Bianca. Lo vedo che non credi in me, dai già per scontato che ci ricadrò".
"Non ci provare nemmeno a scaricare la responsabilità dei tuoi cedimenti su di me", lo interrompo con rabbia, puntandogli un dito sul petto: "Se sei così, è solo colpa tua".

Nel sentirmi dire quelle parole, l'espressione sul suo viso cambia drasticamente, come se avessi detto chissà cosa.
"Così come?", mi chiede con gli occhi in fiamme.
"Debole", non ho paura a chiarire. 

Gus resta zitto per qualche secondo, poi si alza di scatto dal divano e va verso il tavolo: dandomi la schiena, si appoggia alla superficie scaricando il peso del suo corpo sulle braccia e muove la gamba nel suo solito tic nervoso: "Sto dicendo che ho bisogno che credi in me, che ti fidi quando ti dico che per una canna ogni tanto non tornerò a sniffare o ad impasticcarmi".

Mi alzo e lo raggiungo. Mi posiziono di fianco a lui, ma Gus resta immobile a fissare le sue mani appoggiate al tavolo e si mostra solo di profilo.
"Non sono il coglione che credi sia!", sbotta all'improvviso, alzando la voce e tirando un pugno sulla superficie di legno: "Fanculo, smettila di trattarmi come se fossi un idiota".

Faccio istintivamente un passo indietro, non mi aspettavo esplodesse con tanta rabbia. Non gli rispondo e mi limito ad ascoltarlo, mentre continua a sfogarsi.

"Mi avevi promesso che non mi avresti lasciato solo, che mi avresti supportato, ma invece ti stai comportando come tutti gli altri. Perché cazzo stai con me, se mi reputi un debole e uno stronzo? Vattene e trova di meglio, no? Trovati qualcuno a cui non devi fare da balia, qualcuno senza problemi, vai da quel tuo amico di merda, così non devi più preoccuparti di niente e puoi tornare alla vita normale che facevi prima di conoscermi. Se sei così infelice e sempre preoccupata a causa mia, se stai vivendo male, abbi il coraggio di ammetterlo che, se siamo ancora qui, è solo perché ti senti in colpa, perché credi che avermi lasciato abbia causato tutto questo, quindi non puoi di certo mollarmi ancora, non adesso, perché hai paura che possa andare ancora in overdose. Dico bene? E' questa la verità, o sbaglio?".
Fa una breve pausa per riprendere fiato serrando la mascella, poi continua il suo flusso di coscienza: "Il fatto è che non tutti hanno avuto la fortuna di avere una vita perfetta come te, alcune persone hanno passato l'inferno e forse è per questo che adesso sono così deboli, come tu mi definisci. Ma dall'alto del tuo piedistallo è facile giudicare tutti, è facile darmi del coglione per una fottuta canna. Non sai un cazzo, sei solo una viziata con la sindrome della crocerossina: vuoi salvarmi a tutti i costi, ma in verità non fai altro che rendermi la vita impossibile!".

Alza finalmente lo sguardo su di me e faccio davvero fatica a riconoscerlo in questo momento, i suoi occhi sono carichi di collera e mi fa quasi paura. Estrae dalla tasca dei jeans la bustina di erba e me la lancia addosso.

"Tienitela. Se hai così poca fiducia in me da credere che quei pochi grammi di roba possano trascinarmi di nuovo nella tossicodipendenza, fumateli tutti o buttali nel cesso, fai quello che ti pare".

Mi sento talmente umiliata e ferita in questo momento che non riesco a trovare le parole, non ho nemmeno la forza di asciugarmi le lacrime: lascio che mi righino le guance senza ritegno finché qualcuna non mi gocciola dal mento e si schianta sul pavimento.
Abbasso lo sguardo a terra e fisso la dannata bustina di erba che è caduta a terra dopo avermi colpito all'altezza del petto; poi sollevo gli occhi su Gus che ora si sta passando le mani sul viso. Lo lascio lì in cucina senza dire niente e mi dirigo in camera, mi butto sul letto e mi metto sotto alle coperte con gli occhi chiusi: tutte le parole che mi ha vomitato addosso mi hanno investito come un treno e ora voglio solo restare da sola.

Non so quanto tempo sia passato: potrebbero essere tre minuti come tre ore, oppure addirittura tre giorni, quando sento la porta della stanza aprirsi piano. Percepisco che qualcuno si è appena seduto ai piedi del letto. Sono voltata di spalle e non posso vederlo, ma continuo a tenere comunque gli occhi chiusi nonostante sia sveglia.

Sento Gus sospirare come per prendere coraggio, poi con un filo di voce dice: "Senti, sono parecchio nervoso per tutta questa storia e sono esploso. Non volevo dire quelle cose".
Resto zitta con le coperte tirate su fin sopra al naso ad ascoltarlo.
"Bianca, ascoltami", bisbiglia piano e lo sento avvicinarsi lentamente al mio corpo immobile: "So che non stai dormendo". 

Mi poggia una mano sulla spalla e io mi irrigidisco in automatico, non so se n'è accorto, ma comunque fa una leggerissima pressione per spingermi a voltarmi verso di lui. Io non mi muovo, così è lui ad alzarsi dal letto per cambiare posizione: si siede per terra davanti a me, in modo che non possa proprio ignorarlo.
"Hey, guardami", mi accarezza dolcemente i capelli, costringendomi a fissarlo direttamente negli occhi: "Baby, mi dispiace".
"Sei uno stronzo", bisbiglio ancora ferita, con una voce che sembra provenire direttamente dall'oltretomba: "Hai detto che ho una vita perfetta, nonostante mia madre sia morta quando andavo ancora a scuola e mio padre viva dall'altra parte del mondo. Hai detto che non faccio altro che incasinarti la vita e che ti sto troppo addosso, che non ho le palle per lasciarti solo perché mi sento in colpa per quello che è successo. Non chiamarmi baby e lasciami in pace, non ho voglia di parlare con te".

Gus mi ignora e abbassa leggermente il lenzuolo, in modo da scoprirmi il viso, e appoggia la sua fronte contro la mia. 
"Lo so quello che ho detto", sussurra: "Ho esagerato, ma giuro che non penso neanche una parola di tutto ciò. Scusami". 

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