The last thing I wanna do...

By wavy-baby

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Sebbene tra Gus e Bianca ci sia intesa fin dal primo incontro, sono due persone molto diverse. Peep è eccentr... More

girls
read the tattoos on my face
hold me closer
white wine
all I wanna do is get high
kiss
drive by at 125
one kiss then we fucking, I just can't get enough
you know I got my problems
club lights
fingers
drugz
i don't wanna fight like that
fucked up
you're the only one that could ever compare
u said
come over when you're sober
my bitch bleeding for me, she never cheated on me
you can suck my gothboi dick
i'm about to give her everything she ever wanted and more
i remember when we shared that same apartment
tell me awful things
baby, could you wait here? promise I'll be right back
i could see you and him
this music is the only thing keepin' the peace when i'm fallin' to pieces
fool me twice, put the blame on you
giving girls cocaine
we can do whatever that we wanna to do
show after show, fuckin' hoe after hoe
good luck mothafucka
got her little heart in my hand and i don't wanna break it
never stop blowin' up my phone
give me some time while i work on it
baby, won't you take me back?
sex with my ex
i'm not staying strong
she was the one
everybody's everything
can't breathe in the waiting room
doctor walks in
woke up surprised, am i really alive?
i run away from my problems
gettin' nookie
one day I'll be sober too
i can feel you watchin' after me
did i let you down again?
i ain't got the time for no compromise
never eat, never sleep
love letter
bonus curiosità
PARTE DUE DELLA STORIA ✌

call me on my iphone

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By wavy-baby

Appena terminato il mio turno di lavoro, mi fiondo nel retro per recuperare le mie cose dall'armadietto: non vedo l'ora di tornare a casa e prepararmi qualcosa da mangiare perché sto davvero morendo di fame.

Percorro la via del ritorno con un passo decisamente più svelto di stamattina, nonostante a quest'ora la strada sia piena di gente, sempre con le cuffiette nelle orecchie e la musica a farmi compagnia. Solo a metà strada mi rendo conto di un particolare, apparentemente insignificante ma che per me è piuttosto strano: sono uscita da Starbucks con ancora indosso il grembiule che mi fa da divisa, nonostante siano mesi che, di ruotine, lo spoglio nel bar così da averlo già pronto per l'indomani. Solitamente sono una persona molto precisa, ordinata e meticolosa; non so proprio come abbia fatto a scordare di svestirmi. Quasi per giustificarmi, do la colpa alla fame e al poco sonno, ma per quanto non voglia ammetterlo a me stessa, l'incontro con quello strano ragazzo, che si era presentato prima come Peep e poi come Gus, mi aveva scossa particolarmente.

Inserisco le chiavi di casa nella serratura e apro la porta. Mi tolgo le scarpe e, come sempre, ripongo il mazzo di chiavi nello svuota-tasche. Mi tolgo quindi il grembiule e lo appendo sull'attaccapanni all'ingresso, vicino ad una giacca di jeans, ma è solo in questo momento che mi accorgo di una cosa: nella tasca frontale, oltre ad esserci il blocknotes per le ordinazioni ed una biro nera, ho anche uno scontrino.

Lo prendo tra le mani e mi dirigo verso la cucina, intenzionata a gettarlo nel cestino per poi prepararmi un piatto di pasta veloce. Ma, nel momento stesso in cui sto per gettarlo tra i rifiuti, mi salta all'occhio un particolare: sul biglietto c'è una scritta a penna, mascherata dalle pieghe della carta.

Lo distendo per bene e la scritta mi appare subito chiara: una sequenza di cifre. Il ragazzo tatuato di stamattina aveva scritto il suo numero di telefono e il suo nome sullo scontrino.

Sorrido al pensiero e nel frattempo riempio una pentola con dell'acqua, la poso sui fornelli e accendo quindi il fuoco.

Fisso il biglietto per un po', interrogandomi sul da farsi. Indubbiamente é stato un incontro che mi ha colpito, non posso negarlo a me stessa, eppure non so bene cosa pensare di lui. Quel ragazzo non sapeva nemmeno che giorno fosse, si era presentato alle otto del mattino ancora palesemente fatto dalla sera precedente, aveva cazzeggiato per ore nello Starbucks con gli amici e poi quei bizzarri tatuaggi... Per quanto il suo modo di porsi nei miei confronti, così sfacciato ma allo stesso tempo gentile, mi ha fatto molto piacere e mi ha stupita; allo stesso tempo tutto il resto mi lascia davvero perplessa. La sua estetica mi affascina, ma temo sia troppo diverso da me.

Aspetto che l'acqua bolla e butto la pasta, impostando un timer di 10 minuti.

Afferrò il telefono e inizio a digitare sulla tastiera le stesse cifre che il ragazzo aveva scritto con l'inchiostro quella mattina, sebbene ancora titubante salvo il numero in rubrica semplicemente come 'Gus'.

I miei pensieri vengono interrotti dal suono del timer che mi ricorda di scolare la pasta: finalmente posso riempire questo enorme buco nello stomaco. Mangio più lentamente del solito, quasi per procrastinare all'infinito il momento di decidere se scrivere effettivamente un messaggio a Gus oppure se continuare a vivere la mia vita come se nulla fosse.

Ci sono mille motivi che mi frenano, ma uno solo, più forte di tutto il resto, che mi spinge a riafferrare il telefono. Quel ragazzo ha catturato la mia attenzione e non riesco a smettere di pensare al nostro breve scambio di parole, una cosa del genere non mi capitava da un'infinità di tempo e credo che sia una buona motivazione per iniziare a comporre il dannato messaggio.

Ciao, sono la ragazza di Starbucks. Ho trovato il tuo numero!

Inserisco il destinatario e invio. Getto il telefono dall'altro lato del divano, come se fosse una bomba pronta ad esplodere, quasi impaurita dal gesto appena compiuto.

Verso le otto di sera riprendo in mano il cellulare: mi accorgo che il messaggio è stato ricevuto dal destinatario, ma non è ancora stato visualizzato. Inoltre, l'ultimo accesso di Gus risale alle dieci di mattina.

Sono proprio un'idiota, penso, pentendomi amaramente di avergli scritto. A questo punto mi chiedo se era talmente fatto da essersi dimenticato di avermi lasciato il numero; oppure se stia goliardicamente ridendo di me con i suoi amici e di quanto fosse stato semplice rimorchiarmi.

Perché, suvvia, chi voglio prendere in giro? Perché uno come lui dovrebbe interessarsi ad una come me?

Io ho passato minuti, forse ore, a decidere cosa fare con quel numero ed a pensare a quel ragazzo; mentre lui non si sta degnando nemmeno di leggere uno stupido messaggio. Ma il problema non è Gus, in fin dei conti è uno sconosciuto di cui conosco solamente il nome e nient'altro ed, allo stesso modo, lui di me sa solo come mi chiamo... Il vero problema sono io che sono una stupida illusa.

Vago per casa afflitta da questi pensieri, controllando il telefono ogni dieci minuti. Mi rendo conto di essere patetica, ma non riesco a fare a meno di tormentarmi.

Decido di mettermi a letto a guardare un po' di tv, i programmi trash riescono sempre a tirarmi su il morale o comunque mi aiutano a staccare la spina dalla realtà, ma verso mezzanotte spengo la televisione, annoiata dal palinsesto, e mi metto a sbirciare i social network.

Apro Instagram e, dopo aver visto tutti i post nella home, clicco sulla barra di ricerca e digito le lettere che compongono il suo nome: Gustav.
Tra i risultati, compaiono diversi profili che non ho nemmeno bisogno di aprire: capisco subito che nessuno di quelli appartiene al ragazzo di stamattina.

Ma che sto facendo?, penso sbuffando, prima di chiudere l'app e poggiare il telefono sul comodino accanto al letto. Imbarazzata da me stessa, con le luci spente e gli occhi chiusi, mi giro dall'altro lato cercando una posizione sufficientemente comoda e cerco di liberare la mente da tutti i pensieri, finché non crollo.

La suoneria del telefono mi sveglia nel bel mezzo della notte e mi tiro su di scatto, stordita e mezza addormentata, per allungarmi verso il cellulare e leggere il display.

Chiamata in entrata: Gus

Afferro il dispositivo e tocco il simbolo di risposta, non prima di aver notato che sono le tre del mattino.

"Pronto?", rispondo assonnata, portandomi il telefono all'orecchio. Riesco a sentire solo un rumore indistinto, ma nessuna voce si degna di rispondere: "Pronto?", ripeto quindi, spazientita e un filo irritata.

"Hey, ciao". Riconosco immediatamente la voce, è proprio Gus: "Ti disturbo?", mi domanda con nonchalance.
"Beh sono tipo le tre di notte, vedi un po' te", rispondo in tono acido.
"Volevo sentirti", ribatte, come se fosse normale chiamare a quest'ora.

Fortunatamente, però, non può vedere il sorriso che mi si è appena disegnato sul volto.

"Speravo vedessi il numero che ti ho lasciato sullo scontrino, avevo paura lo gettassi senza accorgertene", mi spiega in tono gentile: "Scusami per l'orario, è solo che ho avuto parecchio da fare oggi. Sono stato in studio tutto il tempo e, quando sono tornato a casa, mi sono ritrovato nel bel mezzo di una festa organizzata da Tracy".

"Non ti preoccupare, anche se avresti benissimo potuto chiamare domattina", ribatto, ma in realtà svegliarmi per rispondere a questa telefonata non mi dispiace poi così tanto.

"Che ci facevi in studio?", domando, per trovare un appiglio con cui fare conversazione.
Gus scoppia a ridere: "Cosa credi si faccia in uno studio? Stavo registrando dei pezzi".
"Quindi saresti un cantante?".
"Così dicono", risponde in tono allegro alla mia domanda volutamente provocatoria, dopodiché aggiunge: "Lavori domani?".

"No, è il mio giorno di riposo", gli dico: "Ed il fatto che domani possa alzarmi tardi è l'unica ragione per cui ho risposto alla tua chiamata a notte fonda, sappilo".
"Sei sicura che sia l'unico motivo?", mi stuzzica divertito, ma io non cedo alla provocazione, così svio il discorso appigliandomi al forte rumore di sottofondo che continuo a sentire da tutta la telefonata.
"Tu e i tuoi amici fate altro oltre a far serata?"

Metto la chiamata in vivavoce così da potermi sdraiare più comodamente e appoggio il cellulare in grembo.

Sento la risata di Gus riecheggiare nella mia stanza: "Non abbiamo molti altri passatempi", e, dopo qualche secondo di silenzio, aggiunge: "Se vuoi puoi venire anche tu, ti ho appena inoltrato la posizione".

Scoppio a ridere a mia volta per la sua sfacciataggine: "Ma se nemmeno ti conosco! Per quanto ne so, potresti essere in serial killer".
"Beh, se vieni possiamo rimediare", ribatte: "Così ti dimostro che non ho cattive intenzioni".

Mi ritrovo a valutare seriamente questa assurda proposta, proprio io che nella vita non ho mai fatto alcuna pazzia, ma alla fine desisto: "No, ma grazie comunque per l'invito".
"Peccato. In ogni caso ora sai dove vivo, puoi passare a trovarmi quando vuoi", mi dice in tono allegro, riferendosi alla posizione che mi ha appena inviato tramite messaggio.
"Magari un giorno lo farò", rispondo sorridendo, pateticamente lusingata.

Nessuno dei due aggiunge altro, riesco a sentire chiaramente il vociare dei suoi amici che si stanno divertendo a casa di Gus e riesco a distinguere alcune parole della canzone in sottofondo, in particolare sento pronunciare il nome di Cobain.

"Dovresti tornare alla tua festa", gli dico quasi sentendomi in colpa per il tempo che sta perdendo al telefono con me: "I tuoi amici saranno preoccupati".
"Sono talmente fatti che, se dovesse passargli davanti un elefante rosa, nemmeno se ne accorgerebbero. Non credo si siano accorti della mia assenza", mi risponde divertito.

Quella sorta di confessione mi lascia stranita per qualche secondo. Gus percepisce l'imbarazzo e cerca di sviare l'argomento: "Comunque tu sai dove abito, sai il mio nome, sai cosa faccio nella vita... tu invece non mi hai detto nulla di te".
Riesco a sentirlo passeggiare, credo stia camminando sulla ghiaia, perché riesco a distinguere una sorta di scricchiolio.
"Anche tu sai come mi chiamo. Sempre se te lo ricordi, visto come stavi messo stamattina".
"Certo che me lo ricordo, Bianca".

Sorrido e sono contenta che non mi possa vedere, mi sento quasi stupida ad essere felice per una cosa così banale.

"Non è un nome molto americano", mi fa notare.
"Non ti ho mai detto di essere americana, infatti".
"Sei criptica. Mi piace".

Non so perché ma sono sicura che anche lui stia sorridendo, dall'altro capo del telefono.

"Gus?" Pronunciare ad alta voce il suo nome mi provoca una strana sensazione allo stomaco.
"Dimmi, Bianca".
"Sono contenta che tu mi abbia lasciato il tuo numero", ammetto, torturandomi le pellicine delle dita.
"Io sono contento di aver fatto colazione da Starbucks".
"Nonostante tu ci abbia lasciato tre quarti di stipendio?", sdrammatizzo.
"Che vuoi che sia! Sono solo soldi, quelli vanno e vengono. E poi ne spenderei pure il doppio per farmi portare da te una fetta di banana bread in questo momento".

Mi mordo il labbro sorridendo, quasi mi sto pentendo di aver rifiutato l'invito di vederlo.

"Si è fatto tardi, ora", constato tra uno sbadiglio e l'altro, incredula che sia passata oltre un'ora dall'arrivo di questa telefonata.
"Il tempo vola quando ci si diverte", asserisce lui proverbialmente.
"Credo che sia ora per me di tornare a dormire", dico, quasi dispiaciuta per la mia stanchezza. D'altronde la sveglia stamattina mi ha buttato giù dal letto alle sei.
"Cazzo era ora! Finalmente posso tornare alla festa!", esclama lui, palesemente ironico, concludendo la frase con una fragorosa risata.

"Stronzo", sbuffo e, dopo un breve silenzio, mi congedo: "Buonanotte Gus".
"Buonanotte Bianca".

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