Sodalite & Aventurine // Ital...

By AlwaysYouHL

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Nei suoi viaggi per trovare il tesoro prezioso di Swan, il Capitano Louis Tomlinson del Pugnale Nero scopre d... More

ONICE / Prologo
RUBINO - pt. 2
ZAFFIRO - pt. 1
ZAFFIRO - pt. 2
ZAFFIRO - pt. 3
SMERALDO
SODALITE - pt. 1
SODALITE - pt. 2
PIETRA
PERLA
PIRITE
AVVENTURINA / Epilogo

RUBINO - pt. 1

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By AlwaysYouHL

Due settimane dopo Louis si trovava seduto alla sua scrivania. Attorno a lui la sua stanza era un confusionario insieme di cianfrusaglie, libri e lenzuola. Non era mai stato un tipo ordinato e non aveva mai voluto che qualcuno lo aiutasse a sistemare. Attraverso la finestra, poteva vedere Port Royal farsi sempre più piccola all'orizzonte. Davanti a lui, sulla sua scrivania, aveva steso le mappe che lui e il suo navigatore Niall avevano studiato per ore prima di decidere quale rotta prendere. Una delle mete più vicine per i tesori di Swan si trovava in un'isola del sud Africa e ci avrebbero messo mesi per arrivare a destinazione, così si erano procurati abbastanza cibo e provviste per arrivare fino in Senegal senza problemi.

Non stava leggendo le mappe però, era immerso nel quarto capitolo di un libro che aveva rubato sulla nave spagnola a Tortuga. In quel momento non se n'era reso conto, ma il libro parlava di William Shakespeare. Era una rivisitazione della sua vita e Louis ne era rimasto affascinato. Aveva sentito parlare delle sue opere teatrali e qualche membro della sua ciurma aveva messo in scena delle versioni storpiate durante alcune notti estive. Ma non conosceva molto della vita reale di Shakespeare né del fatto che non fosse rimasto molto di lui oltre alle dicerie.

Era stata una mattina tranquilla, avevano lasciato il porto e salpato verso est. Louis era appena andato a controllare la situazione e tutto stava procedendo perfettamente come sempre. Con questi uomini perlomeno. Gli ci erano voluti cinque anni per riunire un gruppo che fosse composto da pirati e allo stesso tempo da compagni fedeli. Non aveva accolto nessuno che non conoscesse il significato del duro lavoro e della lealtà. C'erano tre regole che vigevano sulla sua nave: rispettare i propri pari, rispettare quelli sotto di sé e rispettare i propri nemici. L'arroganza non portava a nulla di buono, per quanto a volte il suo atteggiamento potesse farli ricredere, ma c'era una differenza tra il lasciare che la gente pensasse che tu fossi arrogante e l'esserlo davvero. Dopotutto erano pirati. Non si trattava di un gioco che si vinceva essendo il migliore. Si vinceva giocando sporco e stando sempre due passi avanti.

Qualcuno bussò alla sua porta.

Louis lo riconobbe, leggero e abbastanza veloce: Ernest, uno dei ragazzi che si occupava della polvere da sparo, l'artificiere.

L'aveva accolto dopo averlo sorpreso con una mano nelle sue tasche nel Devon, tutto scheletrico.

Louis si alzò dalla sedia ed andò ad aprirgli. Immediatamente, il rumore di grida riempirono le sue orecchie. Ernest lo stava guardando con le braccia conserte. "Um, è richiesta la sua presenza, Signore."

Louis gli aveva sempre detto di chiamarlo Capitano o Louis, ma il ragazzino insisteva. "Che succede?" chiese con cautela, seguendo Ernest fuori dalla stanza. "Passeggero clandestino e non di quelli per bene." Fu tutto ciò che fornì come spiegazione.

"Non di quelli per bene?" sorrise Louis divertito. "Perché quali sono quelli per bene?" Ernest lo guardò dal basso come se fosse rimasto sorpreso dalla domanda.

"Quelli che potrebbero trovare un'occupazione, Signore."

"Interessante, adesso voglio proprio vedere di chi si tratta."

Arrivarono davanti alla ciurma di Louis raggruppata attorno alla base dell'albero maestro, la quale stava lanciando battute ed insulti a gran voce. C'era solo un modo per farli tacere tutti, così sogghignando tra sé e sé, Louis si abbassò per tirare fuori il suo pugnale dallo stivale. Era sottile e curvato lungo il guardamano, con un singolo rubino alla base.

Fece un occhiolino a Ernest e lo scagliò in mezzo alla folla.

Ernest trattenne una risata mentre la mano di Louis lasciò andare la lama. Volò sopra le teste degli uomini e si conficcò nel legno dell'albero con una vibrazione tremolante. Improvvisamente calò il silenzio e tutti si volsero verso Louis e Ernest che era in piedi dietro di lui. Poi si spostarono in modo da poterlo lasciar passare e raggiunse Liam, il suo timoniere, che era fermo con le braccia incrociate vicino al clandestino.

"Cos'abbiamo qui-" cominciò Louis, mantenendo la voce fiera e inalterata, ma si bloccò subito quando Liam si volse e lo sconosciuto apparve davanti alla sua vista.

Capì in un attimo il motivo per il quale Ernest l'aveva definito come uno a cui non avrebbero potuto affidare un lavoro.

L'uomo era piegato scomodamente sopra alcune casse, il suo petto rivolto verso l'alto e le sue mani legate davanti a sé. Ed era affascinante, semplicemente troppo bello. Questo era tutto ciò a cui riusciva a pensare, nulla a riguardo come l'avrebbe torturato per essere salito a bordo della sua nave pirata vestito in quel modo. Indossava un paio di pantaloni di pelle, stretti e lucidi, i cui lacci sul davanti pendevano sfatti. La sua camicia di seta era bianca e aveva volant di pizzo lungo lo scollo che era abbastanza profondo da mettere in mostra i pochi peli chiari del suo petto. Come se non bastasse, portava alcune collane d'oro al collo, decorate con monetine, croci e perle.

Louis per poco non cadde quando alzò lo sguardo sul suo volto. Non aveva mai visto una mascella così definita. Pareva che gli stesse tagliando la pelle mentre lo osservava dal basso con i denti stretti. La sua pelle era chiaramente stata segnata dal sale e dal sole, ma la sua carnagione era chiara e giovane e aveva dei lineamenti troppo perfetti per poter essere scambiato per un figlio del re. Zigomi delicati, sopracciglia accuratamente arcuate, labbra imbronciate. E dannazione, quella curva naturale all'angolo della bocca era qualcosa che avrebbe felicemente perso giorni a fissare.

E poi i suoi capelli. Erano la parte peggiore in assoluto. Erano lunghi e scendevano in morbidi ricci sulle sue spalle. Il vento che innalzava le vele della nave vi passava attraverso come dita e Louis desiderò che fossero le sue. Voleva scattare in avanti e mettergli le mani tra le ciocche per tirargli la testa indietro in modo da sussurrargli nell'orecchio e chiedergli perché era vestito come una giovane donna che era nelle fantasie di ogni pirata. Avrebbe volutamente sfiorato le labbra contro di lui mentre glielo chiedeva, facendogli sentire il proprio battito cardiaco attraverso i polpastrelli.

L'uomo lo guardò con aria di sfida, alzando il collo in modo che Louis non dovesse farlo per lui, e così poté vedere le vene che si nascondevano sotto la sua pelle tesa.

"L'ho trovato nascosto in una delle casse." gli fece sapere Liam, guardando oltre la propria spalla ed interrompendo così i pensieri di Louis. "Cosa vuole fare di lui, Capitano?"

Louis avrebbe giurato di aver visto qualcosa attraversare gli occhi dell'uomo quando Liam si rivolse a lui. Qualcosa come sorpresa o timore.

Provò ad ignorare il modo in cui i suoi occhi da cerbiatto lo stavano osservando da dietro le ciglia. Ignorò pure la domanda di Liam, preferendo fare un passo in avanti per avvicinarsi allo sconosciuto alzando il mento.

"Chi sei?"

L'uomo rimase in silenzio. Ma la sua bocca si aprì in un sorriso storto.

Louis fece un altro passo avanti in modo da torreggiare sopra di lui.

Poi parlò piano, con estrema calma mentre lo guardava in quei magnifici occhi verdi. "Ho detto, chi sei?"

L'uomo sollevò lo sguardo, sbattendo due volte le ciglia con fare innocente per poi fargli l'occhiolino.

Louis non sapeva cosa fare. Questo era il suo problema più grande quando aveva a che fare con persone dall'aspetto simile, persone che vivevano spensierate pensando di poter ottenere quello che volevano. Come salire senza invito sulle navi pirata come se fossero loro i padroni. In ogni caso, era davvero bello.

Louis aveva bisogno di pensare e velocemente. Doveva tirare fuori un nome o un piano o anche solo una parola da quell'uomo. Solitamente Louis l'avrebbe sventrato proprio lì, gli avrebbe tolto le risposte che cercava come se fossero state denti da latte. Ma il pensiero di farlo davanti ai suoi uomini, lo faceva sentire stranamente a disagio. Temeva di perdere le parole o di ritrovarsi a fissarlo con lo sguardo sbagliato mettendosi in ridicolo davanti alla ciurma, portandola a non prenderlo più sul serio. I suoi giorni da capitano sarebbero presto finiti se avesse mostrato una tale debolezza per una creatura così bella.

"Ai vostri alloggi!" urlò improvvisamente Louis, non riuscendo proprio a distogliere lo sguardo dal punto in cui la camicia dell'uomo si aprì per esporre la sua clavicola.

Nessuno si mosse. Nemmeno Liam.

Louis sospirò seccato spostando svogliatamente gli occhi sulla folla e gridando di nuovo ma questa volta come se fossero stati sotto attacco. "Sottocoperta! Ognuno di voi!"

Ci fu un altro breve attimo in cui nessuno si mosse, poi Liam finalmente si riprese, ricordandosi di essere il secondo al comando e cominciò ad esortare tutti a darsi una mossa. "Andate giù uomini! Muovetevi."

A quel punto finalmente se ne andarono.

La porta che conduceva allo scafo della nave si chiuse con un tonfo dietro l'ultimo uomo, ma Louis poteva ancora sentire la presenza di Liam dietro di sé.

Louis non si volse quando gli disse freddamente: "Anche tu, Payne."

"Capitano?" replicò, suonando quasi tradito.

"Ho detto anche tu. Voglio dare una lezione a quest'uomo e voglio che sappia che è stato il capitano stesso a dargliela. Quando quello che resterà di lui galleggerà verso Port, il nome Tomlinson sarà l'unica cosa rimasta sulle sue labbra."

L'uomo non sembrò turbato dalle sue parole. Si limitò a guardare entrambi dal basso con aria innocente, come se non capisse la loro lingua.

Liam sospirò rassegnato e disse: "Va bene." Come se ne andò, Louis lo sentì borbottare: "Mai stato modesto nel vantarsi del proprio titolo."

Louis lo ignorò e tornò a guardare l'uomo chinato ai propri piedi. Poi incrociò le braccia e portò lo sguardo all'orizzonte, dove il blu dell'oceano si fondeva con il blu del cielo. Diede allora voce ai suoi pensieri: "Sai dove ti trovi? Conosci il nome Pugnale Nero?"

L'uomo non rispose. Cominciava ad innervosirlo.

Sospirò prima di fare un passo avanti ponderato, senza guardare l'uomo perché era più semplice formare un discorso in quel modo. "Va bene. Allora supponendo che ti uccida e appenda le tue interiora come esca per gli squali, preferisci dirmi qualcosa? E se ti tagliassi la lingua? Non sembra che tu ne abbia bisogno."

Si volse per catturare la sua reazione ma non vide nulla.

Ma poi scorse un accenno di sorriso all'angolo della sua bocca. Infine parlò: "Allora tu sei il Capitano Tomlinson?"

Louis si fermò e per poco non inciampò sui suoi stessi piedi.

"In persona." riuscì a dire a malapena cercando di non balbettare. Anche la sua voce era bella. Profonda e graffiata, e fin troppo virile per provenire da un viso raffinato come il suo.

"Posso vedere la tua cicatrice?" gli parve quasi divertito.

A Louis si mozzò il respiro in gola. Tutti ricordavano soltanto la sua cicatrice.

"Perché?" chiese freddamente.

L'uomo ci pensò su un attimo prima di rispondere. "Voglio assicurarmi che sia tu per davvero."

In una qualsiasi altra circostanza, Louis gliel'avrebbe volentieri mostrata per poi tagliargli la gola, ma in quel momento non poteva. Poteva solo guardarlo e chiedergli, di nuovo: "Chi sei?"

"Un ammiratore."

"Davvero?" chiese Louis dolcemente prima di riprendersi e raddrizzare di più la schiena con fare autoritario. "Un ammiratore, eh? Così hai pensato di salire a bordo della mia nave e di unirti ai miei uomini vestito in quel modo? Vestito come una- una cortigiana?"

L'uomo lo guardò sbattendo le palpebre lentamente ed intenzionalmente con un ghigno sul volto. "È questo quello che vuoi io sia per te?"

Louis scattò verso di lui, afferrando il pugnale conficcato nel legno sopra la sua testa e premendolo alla gola dell'uomo. Gli sollevò il mento con questo, poi digrignò i denti e prendendo un respiro profondo e nervoso, sibilò scandendo bene le parole: "Non ti conviene prendermi in giro, ragazzino."

Sempre con distaccata freddezza quest'ultimo rispose: "Non lo sto facendo."

"Allora cosa vuoi?" chiese Louis. Le loro facce erano così vicine che riusciva a sentire il respiro dello sconosciuto contro il collo.

"Voglio sapere perché un pirata così famoso nasconderebbe un viso così bello." continuò con un piccolo sorriso. "La tua cicatrice non è grande come la immaginavo."

"Sì? Hai una bella visuale dalla lama del mio pugnale?"

"La migliore."

"Smettila di giocare e dimmi perché non dovrei ucciderti all'istante."

Louis premette più forte la lama contro la pelle delicata sotto la sua mascella. L'uomo lo guardò dal basso deglutendo e si spinse contro il pugnale con aria di sfida sussurrando: "Fallo allora. Se ne hai il coraggio."

E- e Louis non poteva farlo. Voleva, voleva smettere di dover sopportare la sua arroganza. Eppure semplicemente non poteva. Voleva saperne di più, voleva sapere come potesse parlare con tanta facilità contro la lama di un coltello.

E segretamente, nel profondo, c'era anche il fatto che non avesse mai incontrato qualcuno di così imprudente. Louis voleva baciarlo per il suo coraggio.

L'uomo lo colse rapidamente con un sorrisetto. Resse il suo sguardo mormorando con prudenza: "Devo ammettere, sono un po' preso alla sprovvista anch'io. Non avevo idea che fossi così carino."

Louis non fu in grado di trovare una risposta tempestiva. Riusciva a sentire di nuovo il respiro dell'altro. Era lento, misurato e gli sembrò come il momento prima di un bacio.

"Cos- cosa..." sussurrò Louis, ma non riuscì a mettere insieme una frase. L'uomo era legato eppure lo aveva completamente nelle sue mani mentre Louis aveva allentato la presa sul pugnale senza accorgersene.

L'uomo rise tra sé e sé. "Invece di farfugliare, perché non mi baci?"

Louis lo guardò accigliato.

"Fallo." sussurrò ancora. "Ti sfido."

Louis si schiarì la voce prima di riuscire a pronunciare: "Non lo farò."

"Perché no? Sei il famoso pirata sodomita e non riesci nemmeno a baciarmi?"

"Non conosco neanche il tuo nome."

"Vuoi saperlo?" sussurrò sporgendosi in avanti, abbastanza vicino da poter sentire i suoi lunghi capelli sfiorargli la guancia.

Louis poté soltanto annuire e fissare le labbra dell'uomo. Era come se avesse fatto una sorta d'incantesimo su di lui. Come una sirena con il suo canto.

"Strappami la camicia." Gli occhi di Louis rimbalzarono sui suoi, lo stava osservando intensamente.

"La tua camicia?" sussurrò confuso.

L'uomo annuì. "Tagliami la camicia e poi, se davvero vorrai, potrai tagliarmi la gola."

Louis portò lo sguardo sulla camicia che svelava una parte del suo petto. Il laccio lungo la scollatura sembrava troppo delicato da tagliare via, ma il pensiero di strappare il tessuto per metterlo a nudo era troppo allettante. Louis voleva vedere i minuscoli fili di seta venire lacerati cogliendo l'aria dell'oceano come quest'uomo gli aveva tolto il fiato. C'era qualcosa di così eccitante, di così misterioso nel suo coraggio. O Louis aveva incontrato un pazzo, o un suo simile.

Non era mai successo prima.

Louis abbassò lentamente la lama dal suo collo fino a toccare l'orlo a V della scollatura. Non dovette forzare troppo, la camicia si aprì in due come burro sotto la lama affilata del pugnale. Scivolò sempre più in basso, prendendo una leggera curva verso sinistra.

Louis si fermò.

L'angolo di un tatuaggio sbucò mentre il tessuto veniva man mano tagliato. La testa di una rondine.

Louis cercò di mantenere il respiro regolare, era un tatuaggio molto comune tra i marinai dopotutto. Tagliò un altro po'.

Un altro tatuaggio apparve e Louis non riusciva più a respirare. Disegnata sul suo stomaco c'era una falena e lui conosceva qualcuno che ce l'aveva. Qualcuno con dei lunghi ricci.

Si rifiutò di crederci. Ma aveva bisogno di accertarsi che fosse vero quello a cui stava pensando.

Louis tagliò il resto della camicia in un colpo secco ma tremante e tutto il colore lasciò il suo viso. Su entrambi i fianchi aveva dipinti due rami di alloro. Gli stessi due allori che aveva sentito dire che un certo pirata avesse deciso di tatuarsi dopo aver abbattuto tre navi vicino a St Helena.

"Ma che caz..." Faceva fatica a respirare e a dire qualcosa con il nodo che gli si era formato in gola. "Tu sei-"

Guardò negli occhi dell'uomo, del Capitano Styles. Stava sorridendo apertamente da un orecchio all'altro. 

"Quindi hai intenzione di uccidermi o di baciarmi?" gli chiese, alzando entrambe le sopracciglia. Come se tutto quello fosse solamente un giochetto.

Louis non sapeva che dire o che fare. Ucciderlo o baciarlo, non poteva fare nessuna delle due cose.

Avrebbe dovuto ammazzarlo dal momento che aveva davanti Harry Styles, legato ed incapace di difendersi. Sarebbe stato così facile. Troppo facile. Solo un codardo l'avrebbe ucciso in quel modo, legato e disarmato. Non c'era rispetto. Non aveva niente a che fare con la vista del suo petto esposto al sole pulsante. Niente a che fare con le goccioline di sudore contro il suo sterno.

Louis abbassò gli occhi su di lui e sentì le guance riscaldarsi. Non c'era modo di fraintendere la situazione, il pirata che aveva di fronte stava giocando con lui. Sapeva di essere carino, sapeva che il petto di Louis era stretto in una morsa e che semplicemente dopo averlo visto non sarebbe riuscito a tagliargli la gola.

"La spavalderia di certo non ti manca." sogghignò, riportando il coltello al collo di Styles mentre cercava di non farfugliare parole insensate. "Dovrei gettarti nell'oceano immediatamente."

"Niente te lo impedisce."

"E allora che senso avrebbe?" chiese Louis. Gli si incrinò la voce, facendosi più acuta verso la fine. "Perché cazzo sali sulla mia nave e ti fai scoprire così facilmente?"

Styles si limitò a scrollare le spalle e sorrise.

"A che gioco stai giocando?" Ottenere delle rispose da parte sua si stava rivelando più doloroso dell'amputazione di Niall. Louis avvicinò il proprio volto a quello del Capitano Styles, in modo che avrebbe potuto vedere bene i canini che aveva messo in mostra.

"Rispondi."

Il Capitano Styles prese un respiro e finalmente, finalmente, iniziò a dire qualcosa di interessante.

"Beh," disse mordendosi un labbro pensieroso. "A dir la verità, avevo pianificato di-"

Si fermò facendo sbuffare Louis di impazienza.

"Allora?" sussurrò talmente piano che si sentì a malapena lui stesso sovrastato ed interrotto dal cigolio di una porta. Qualcuno era salito sul ponte.

Louis sussultò scattando all'indietro. Non aveva realizzato di essersi avvicinato così tanto al volto di Styles. Si volse velocemente verso il rumore e vide due paia di occhi osservarlo dal sottocoperta. Non riuscì a capire chi fosse, ma non aveva importanza. Significava che la sua ciurma stava diventando sempre più impaziente, stava crescendo in loro la curiosità sul perché il sangue non fosse ancora filtrato attraverso le crepe delle assi del pavimento.

Cazzo.

Louis doveva fare qualcosa e subito.

Lanciò uno sguardo a Styles, ai suoi occhi da cerbiatto fottutamente perfetti provando ad escogitare un piano in fretta. Una soluzione per tirarsi fuori da quella situazione. Voleva del tempo per ottenere delle risposte, per convincere Styles a confessare, per capire se era già nel mezzo di uno stratagemma.

"Alzati!" gli ordinò Louis, passando abilmente il pugnale alla mano sinistra per tirare Styles dalla corda che aveva avvolta intorno alle mani. Ci volle tutta la sua forza, Styles sembrava un peso morto sotto di lui, il corpo rilassato mentre guardava Louis con un sopracciglio alzato.

"Datti una cazzo di mossa." ripeté Louis, questa volta abbassando la voce ma con tono severo. 

Alla fine Styles si mosse. Si alzò in piedi all'improvviso, facendolo quasi inciampare. Perché era più alto di lui, le sue spalle erano più ampie e grazie alla camicia lacerata, Louis poteva vedere come i suoi muscoli si muovessero sotto alla pelle.

"Dove andiamo, Capitano?" gli chiese con leggerezza, quasi educatamente. Come se non lo stesse facendo impazzire.

Louis ignorò la sua domanda. Era più facile concentrarsi in quel modo, doveva trovare una soluzione per uscirne e rimanere comunque autorevole. I suoi uomini non dovevano venire a sapere che poteva essersi addolcito, che non aveva colto l'occasione per sventrare il Capitano Styles quando aveva avuto la possibilità di farlo. Se fossero usciti e lo avessero visto, se avessero visto i suoi tatuaggi, Louis non avrebbe avuto nemmeno un secondo per spiegare perché era più prezioso da vivo. Lo avrebbero fatto a pezzi all'istante.

Louis si girò verso la porta semiaperta e cominciò a camminare verso di essa, tirando la corda attorno ai polsi dell'altro in modo che lo seguisse. Giunto lì non si fermò, invece la calpestò con forza in modo da chiuderla.

Sentì un sospiro divertito provenire da dietro di sé, una risata leggera. E Louis non aveva bisogno di girarsi per sapere che Styles aveva un ghigno stampato in faccia, comprendendo chiaramente che Louis stava facendo qualcosa che non avrebbe dovuto.

Louis continuò a camminare, le sue scarpe a battere pesantemente sulle travi del pontile mentre si faceva strada verso il tribordo della nave. Ovviamente Styles aveva qualcosa da ridire. "Hai intenzione di buttarmi in mare? Che noioso."

Louis alzò gli occhi al cielo senza mai arrestare il passo. Quando raggiunse il parapetto, si girò e vi spinse Harry contro. 

Forse era stato troppo attento a non farlo finire in mare.

"Togliti le scarpe." gli ordinò Louis.

Styles lo guardò divertito.

"Sono tutto fuorché noioso, ora togliti quelle fottute scarpe." Louis ripeté, abbastanza piano per non farsi sentire da qualcun altro.

Il Capitano Styles alzò le spalle prima di rimuovere gli stivali che portava ai piedi. Era lì davanti a lui quasi soddisfatto una volta eseguita la sua richiesta, offrendo a Louis un sorriso smagliante.

Louis non gli concesse il piacere di una reazione. Bensì si chinò per raccogliere gli stivali. Poi colpì più volte la balaustra per creare un certo trambusto prima di gettare le scarpe in acqua.

Il volto del Capitano Styles mutò a quel punto, confuso come se pensasse che Louis fosse uscito fuori di testa. Quell'espressione gli fece trattenere un sorriso perché, finalmente, era lui ad essere un passo avanti. Quello che aveva in pugno il controllo della situazione.

Silenziosamente Louis indicò i suoi piedi intimandogli di non far rumore pressando un dito contro le proprie labbra. Afferrò poi la corda che gli teneva fermi i polsi, tornando al centro della nave e virando poi verso la sua stanza.

Il cuore di Louis stava battendo fortissimo, come non succedeva da anni. E non perché stesse nascondendo qualcosa ai suoi uomini - non era la prima volta che lo faceva dopotutto. Era conosciuto per la sua discrezione, per i suoi trucchetti. Il motivo era un altro: stava per nascondere Harry Styles nella sua cabina e riusciva a sentirlo dietro di sé mentre tentava di celare la sua risatina.

Louis lo strattonò in avanti per zittirlo un po'. Funzionò, il Capitano Styles tornò silenzioso e raddrizzò la schiena.

Eppure il suo silenzio per poco non gli fece dimenticare di mantenere il suo. Forse fu il fatto che stesse finalmente esercitando la sua autorità, o forse -se si permetteva di essere un minimo onesto con se stesso- si trattava del calore che emanavano le mani di Styles strette alla corda. Poteva anche sentire il calore del suo corpo dato che gli stava camminando vicino.  

Louis cercò di controllare il proprio sguardo quando giunse alla porta dei suoi alloggi, il quale era difficile perché sapeva che una volta aperta, sarebbe tornato a guardare quel volto dannatamente perfetto. Quando afferrò la maniglia, strinse le labbra assieme prendendo un respiro profondo per prepararsi.

Sgusciarono all'interno e Louis, nel tentativo di impedire a Styles di vedere la propria espressione vacillante, lo spinse al centro del corridoio. Gli puntò il pugnale alla schiena per farlo avanzare fino all'ultima porta. Louis la aprì premendo la lama contro le sue costole, sollecitandolo ad entrare velocemente.

"Stai intrufolando un capitano rivale nella tua stanza alle spalle della tua ciurma?" Il Capitano Styles osservò piacevolmente divertito non appena la porta si chiuse dietro di loro. "Sei davvero furbo come dicono."

"Già," replicò Louis, mantenendo un tono di voce che fosse il più piatto possibile mentre inseriva la chiave nella serratura per chiuderla. Non aveva ancora intenzione di perdere quel poco di controllo che aveva su Styles. "Se c'è qualcosa che la gente dice su di te, è che ti piace giocare a tua volta. Quindi non ti ucciderò finché non avrò scoperto a quale gioco stai giocando."

"È davvero quello che dicono di me? Che mi piace giocare?" chiese Styles quasi petulante mentre lo osservava chiudere la porta. "Sono molto più che solo giocoso."

"Non è la parola che userei io." rispose Louis avvicinandosi a lui in modo da poterlo guardare dritto negli occhi. Era più alto di lui di almeno dieci centimetri, avendo così le labbra al suo livello.

"Che parola useresti?" Louis lo spinse, facendolo sbattere contro la scrivania.

"Esibizionista."

Le sue cosce colpirono il tavolo ma non vacillò. Anzi si abbassò su di esso per sedervisi. Come se quello fosse un incontro casuale.

"Esibizionista?" ripeté Styles pensieroso.

"Mh." annuì Louis mentre si abbassava al suo fianco per aprire il cassetto superiore e tirare fuori una corda molto lunga. "Quello che ho sentito dire su di te è che sei un ostentatore e che ti piace fare grandi scenate per qualsiasi cosa." 

"Non propriamente." disse Styles. "Beh, lo farei in realtà. Ma non sono esibizionista per il gusto di farlo, non hanno tutti i torti."

"E perché allora?" chiese Louis richiudendo il cassetto.

"Sicuramente sai la risposta, Capitano Sodomita. L'infamia che ostentiamo è più grande di quello che siamo. È tutta una messa in scena per far sì che la gente pensi in un certo modo di noi. Tu e il tuo volto nascosto, la tua cicatrice e i tuoi assalti notturni letali."

"Tu e la tua boccaccia, suppongo?" Louis fece un passo indietro per guardarlo dal basso con una mano sul fianco. Un sorriso gli incurvò l'angolo della bocca.

"È grande solamente quando lo voglio." rispose Harry ed osò fargli l'occhiolino, il bastardo.

Louis non seppe cosa dire a quel punto.

Perciò si limitò a sospirare e ad annodare la corda che aveva appena preso, a quella che gli legava i polsi. Ci fu un momento di silenzio mentre Louis era concentrato nel stringere i nodi in modo che non potesse slegarli e in cui il Capitano Styles respirava contro la sua frangia. E poi, con calma e premura, Harry mormorò: "Sai, con tutte le storie che ho sentito riguardo il tuo umorismo, di sicuro non hai molto da dire."

Louis non gli avrebbe detto che fosse dovuto al fatto che fosse più carino di quello che aveva previsto e che lo rendeva nervoso.

"Potresti dirmi cosa stai pianificando, sai," aggiunse Styles, il tono di voce provocatorio. "È lì dove siamo diretti?"

Louis alzò lo sguardo in tempo per vederlo indicare con un cenno della testa le carte, le mappe sparse per tutta la sua scrivania. 

"Non-" iniziò a dire, tirando le corde attorno ai suoi polsi per distogliere i suoi occhi dal tavolo. "Non sono affari che ti riguardano. Su questa nave sei un ostaggio, non un capitano."

"In ogni modo riconosco quella scatola. Le mappe di Swan." Stava fottutamente sorridendo mentre lo diceva. "In cerca di qualche tesoro prezioso?"

Pareva non esistere una risposta giusta da dargli. Dirgli di sì avrebbe significato ammettere che era alla ricerca di oro, dirgli di no e gli avrebbe fatto credere di essere stupido per aver trovato le mappe senza seguirle. In qualunque caso, Styles ora sapeva che possedeva quelle mappe.

"Vieni." gli disse invece, tirando la corda in modo che si spostasse dalla scrivania. Si lasciò manovrare abbastanza pigramente, come se non gli importasse davvero che Louis lo stesse legando, sembrava molto più interessato ad avere una conversazione.

"Se non hai intenzione di dirmelo, ti posso dire io cosa ho progettato, se ti va."

"Certo." disse Louis, guidandolo verso il bordo del proprio letto. Voleva riprendersi il pieno controllo, provando a metterlo in difficoltà, per farlo sentire meno cinico, meno a suo agio. L'avrebbe legato ma non dove avrebbe potuto riposare le gambe.

La sbarra sopra il suo letto a baldacchino era perfetta. L'avrebbe lasciato lì in piedi finché non avrebbe saputo che farsene di lui.

"Bene," cominciò il Capitano Styles. "Avevo pianificato di rimanere nascosto più a lungo, in quanto volevo aspettare che la tua nave fosse al largo per poter uscire di notte e rubare dei vestiti più appropriati. Avevo pensato di offrirmi per lavorare e quindi camuffarmi tra i tuoi uomini per un po' in modo da poter scoprire chi fossi nel frattempo-"

"Mi stai dicendo che tu, Capitano Harry Styles sei salito sulla mia nave da solo? Per fare cosa? Diventare parte della mia ciurma e scoprire la mia routine giornaliera?"

"Pensaci un attimo," sorrise Harry mentre Louis lo avvicinò ai piedi del letto alzandosi sulle punte per raggiungere la sbarra dove legare la corda. "Sei Louis Tomlinson, capitano del Pugnale Nero. Sei l'unico in questi mari che sia in competizione con me. Ora immagina se riuscissi ad abbatterti dall'interno, da solo, senza i miei uomini."

"Si beh, non direi che abbia funzionato no?" lo canzonò Louis con un sorrisetto, fermandosi per osservare l'espressione di Styles.

"A mio favore però," disse l'altro mentre Louis tirava la corda in modo da sollevargli le braccia sopra la testa. "Non avevo idea che fossi così bello."

"Bello?" chiese Louis sorpreso. Era in piedi davanti a lui, a meno di un passo dal suo volto. Smise di tirare la corda e lo guardò negli occhi incuriosito. Le braccia di Styles erano alzate sopra le loro teste, pesanti e abbandonate, ma Louis non notò il peso che stava reggendo in mano. 

Harry lo guardò dall'alto. "Non lo sai? Non te lo dice mai nessuno?"

Louis aggrottò le sopracciglia non sapendo cosa dire. "Io- di solito vedono solo i tatuaggi o la cicatrice."

"La cicatrice." sorrise Styles. "La famigerata cicatrice da sodomita. La S racchiusa in un cerchio... dimmi Louis, sei davvero un sodomita o è soltanto una semplice S?"

La sua voce vacillò quando rispose serio. "Non sarà mai soltanto una semplice S."

Il sorriso del Capitano Styles si scaldò a quella conferma, per poi diventare maligno, derisorio. "Allora perché non mi hai ancora baciato?"

"Perché dovrei baciarti?"

"Perché almeno se hai intenzione di uccidermi alla fine di questo-" Il Capitano Styles si fermò per qualche instante. I suoi occhi sembrarono scurirsi, il verde delle iridi divenne del colore delle foreste, delle piante rampicanti alle quali Louis non poteva sfuggire. I suoi denti parvero brillare. Poi abbassò le braccia che portò a circondare il collo di Louis, sempre con la corda a tenergli uniti i polsi e lo spinse verso di sé, in modo che i loro volti quasi si toccavano e Louis non poteva allontanarsi. "Perché non divertirti un po' prima..."

Il petto di Louis si strinse in una morsa. Il suo cuore per poco non scoppiò da quanto forte batteva. Era come se un coltello gli fosse stato conficcato in gola, pulsando calore per tutto il corpo mentre moriva dissanguato.

Il Capitano Styles non aveva un coltello con sé ma aveva le parole giuste per colpirlo e poi quegli occhi e quel sorriso, ed era la cosa più disarmante che avesse mai visto.

Provò a regolarizzare il respiro senza che l'altro lo capisse. Erano abbastanza vicini da poter assaggiare l'oceano sulle labbra dell'altro. E Louis lo voleva, era intossicante venire preso alla sprovvista da qualcuno che potenzialmente avrebbe potuto sconfiggerlo. O che sarebbe potuto essere un suo eguale.

Ma arrendersi così facilmente sarebbe stato un suicidio. Il Capitano Styles era stato troppo accomodante, d'altronde era conosciuto come la volpe dei mari. Furbo ed evasivo nell'escogitare piani strategici tanto quanto lui. Harry Styles non vinceva battaglie con la violenza. Le vinceva con arguzia, fascino, proprio come stava facendo in quel momento.

"So cosa stai facendo," mormorò Louis di rimando, con gli occhi assottigliati e provando a calmare il battito cardiaco. "Non hai possibilità di uccidermi se non slego queste corde."

"Non ho bisogno di venire slegato per ucciderti." sussurrò Harry. I suoi avambracci erano caldi attorno al suo collo.

"Eppure," ghignò Louis, tirando improvvisamente la corda riportandogli le braccia sopra la testa. Erano abbastanza sollevate che riusciva a sfiorare con le dita la sbarra alla quale era annodata la corda e da farlo alzare sulle punte dei piedi. 

Dalle sue labbra uscì un leggero lamento.

Louis fece un altro nodo alla corda prendendo un passo indietro per osservare la sua creazione. Styles era come un dipinto chiaroscuro, che si contorceva dal soffitto su cui era appeso. Il suo petto nudo era l'unico dettaglio luminoso nella stanza di mogano, illuminato dai raggi di sole che filtravano attraverso la finestra. La sua pelle sembrava quasi bagnata, dorata e ricoperta di perline di sudore. Se per il caldo dell'esterno o per il calore proveniente dal corpo di Louis, non voleva saperlo.

Era difficile non perdersi a fissarlo, ma Louis si permise di farlo dal momento che gli occhi dell'altro uomo erano chiusi. Aveva la testa piegata all'indietro ed i suoi capelli gli ricadevano morbidi sulle spalle. Ed era osceno, con quei ricci lunghi e i resti della camicia strappata che penzolavano ai suoi fianchi come acqua sugli scogli. Da una parte il tessuto di seta tutto stropicciato, dall'altra le braccia ed il petto scolpiti e definiti.

Alla fine il Capitano Styles sembrò riprendersi, quindi sollevò lo sguardo sugli occhi di Louis. Erano lucidi.

"Per quanto tempo dovrò rimanere così?" chiese con voce graffiata.

"Finché non inizierai a comportarti come si deve."

Louis si dilettò a dirlo. Poteva essere fastidioso quanto lui.

Ma nonostante il suo divincolarsi, quel luccichio nei suoi occhi verdi e quel rosso sulle sue guance, Styles era sempre lo stesso, pronto a ribattere. Sorrise di sbieco. "Immagino che staremo insieme per sempre allora."

Louis alzò un sopracciglio interdetto, doveva trovare qualcosa da dirgli.

"Sei sicuro di resistere così a lungo?"

Non nascose il proprio ghigno, potevano benissimo giocare in due.

"Ti lascerò scoprire quanto posso resistere, se vuoi." Il Capitano Styles suggerì ondeggiando appena dalla trave.

Louis alzò gli occhi al cielo e si voltò dandogli le spalle. Non sopportava più la sua vista, era frustrante, sia per la sua mente che per i suoi pantaloni. E non poteva sapere con certezza se intendesse davvero quello che stava dicendo; per quello che ne sapeva poteva star giocando con lui. Magari lo stava provocando approfittandone delle sue inclinazioni quando a differenza sua non ricambiava quell'interesse. Tutto quanto per ottenere ciò che voleva, per vincere.   

Perciò Louis si tenne occupato con le mappe, raccogliendole in una pila per poi inserirle dentro la scatola e nel cassetto più in basso - quello con la serratura. Provò ad ignorare gli occhi che gli stavano bruciando la schiena mentre le nascondeva ma era complicato. L'aria tra loro si fece sempre più statica, densa. Louis poté giurare di percepire ogni singola particella di polvere che fluttuava tra loro. Rese l'atmosfera nella stanza più opprimente, come se riuscisse persino a percepire la condensa sui vetri delle finestre. Era quasi soffocante.

Chiuse il cassetto, si raddrizzò girandosi nuovamente prima di dire: "Non tornerò finché non calerà la notte. Se al mio ritorno vedrò anche solo un filo allentato su quella corda, sei morto Capitano Styles."

"Lo prometto," replicò dolcemente. "Se mi prometti una cosa in cambio." Louis lo guardò con aspettativa.

"Chiamami Harry."

"Harry?"

"Cosa?" chiese innocentemente. "Come hai detto tu, non sono più un capitano qui dentro."

Louis pensò a quelle parole mentre si dirigeva verso la porta che portava sul ponte, facendo rimbalzare le chiavi in una mano. Perché Harry Styles non era più un capitano senza una nave o un equipaggio, con i polsi legati alla trave di un letto. Ma chiamarlo con il suo nome di battesimo era così familiare, così amichevole.

Louis poteva dire di rispettare quell'uomo, ma sarebbe finita lì. Non erano amici.

Louis si bloccò per un momento con la mano sulla maniglia della porta prima di voltarsi e dire: "Ci penserò, Styles."

Lasciò la stanza subito dopo.

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