IL CORAGGIO DI RESTARE (In co...

By SarahAdamo

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Nina Steffens è una giovane ragazza di 23 anni che vive a Manhattan assieme a sua madre, dipendente dall'alco... More

#ANGOLOAUTRICE
Cast + Trailer
Prologo
1. Una nuova vita
2. La svolta
3. Coincidenze
4. Un brutto scherzo
5. La speranza
6. Il fato
7. La scommessa
8. Proviamoci
9. Una possibilità
10. Il pericolo
11. Petali e segreti
12. Tentazioni
13. Mente e cuore
14. In trappola
15. Il Banchetto
16. La fragilità del buio
17. Indecisioni
18. Cena a base di cheesecake
19. Conclusioni affrettate
20. Bisogna lavorarci sodo
21. Punto di incontro
22. L'inizio
23. Quei gesti improvvisi
24. Natale con i suoi
25. La sorpresa
26. Il compleanno di Derek
27. Una notte insonne
28. L'influenza
29. Talento nascosto
30. Il bacio
31. Cocci rotti
32. Pagine strappate
33. Dichiarazioni
34. Dessert
35. Parigi
36.Irresistibile
37. Bollenti spiriti
38. Una pioggia di debolezze
39. La ruota panoramaica
40. Decisioni importanti
41. Come neve al sole
42. Monopoli
43. Il profumo
44. Visite inaspettate
45. Amicizia
46. Nasce una stella
47. La città proibita
48. Piccoli passi
49. Dimmi la verità
50. I primi sintomi
51. Non è più lo stesso
52. Mi manchi, e tu?
53. Il passato
54. Non allontanrmi di nuovo
55.London Eye
56. L'orgoglio da parte
58. E se fosse un'occasione?
59. Susan, occhi da cerbiatta
60. Persecuzioni
61. Tutto cambia velocemente
62. Festa d'addio
63. Notizie flash
64. Il riflesso nel dipinto
65. Indizi
66. Ripensamenti
67. La rielaborazione del cuore
68. Noi due e un Garofano
69. La nuova coppia
70. Riconciliamoci

57.Come riavvolgere il nastro

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By SarahAdamo



"Ho sorriso senza accorgermene, dev'essere così che si ricomincia."
(MisSchianto, Twitter)


Il tempo era passato sul serio quella volta. Neanche mi ricordo più l'ultima volta che avevo udito la voce di Derek, o osservato minuziosamente il suo viso schiantandomi nei suoi oceani abissali. Stenterete a crederci, ma molte delle cose cambiarono drasticamente. A partire dal fatto che Derek esattamente due giorni dopo cambiò città, si recò a Londra portando con se quasi tutti i suoi effetti personali, lasciando la casa a me in balia dei miei demoni e delle mie insicurezze. Mia madre divenne ufficialmente la fidanzata fissa di John nonostante per la seconda volta lo ritrovai a civettare con la sua segretaria, mi disse che non sarebbe più ricapitato ed io come un'emerita idiota decisi di dargli fiducia ancora una volta. Inizialmente le mie serate alle feste private, seduta al divano dei vip, continuarono così come andò avanti la collezione nuova di borse e di scarpe firmate Cartier, così come Yves Saint Laurent nella stessa tempistica di Valentino Garavani mi chiesero di entrare a far parte del loro team. Decisi che ci avrei pensato, abbandonare John di Cartier dopo tutta la fatica che avevo fatto non mi sembrava una nuova idea, da lui era partito tutto, la mia fama,la mia notorietà, perfino il mio talento era aumentato di percentuale restando al suo fianco. In un mese sfilai per le più grandi case di moda del mondo, apparvi sui magazine internazionali arrivando perfino nota anche in Italia, Kate fui fiera di me, anche Megna e il fidanzato Jason. A propisito di quest'ultimo, riusciva a passare quasi tutte le sere, alla villa di Lower Side, mi raccontava di Derek del suo successo a Londra e delle sue mostre, mi teneva compagnia e talvolta ci scambiavamo una tazza di thè. Era un ottima compagnia, anche se sentir parlare di Derek indirettamente mi fece più male che bene. Non mi aveva più richiamato dopo quella sera, dopo avermi confessato i suoi sentimenti e dopo la mia fuga non mi aveva più cercato, ed io avevo smesso di cercarlo. Le notti insonni mi destabilizzavano, mi stressavano più di quanto non lo fossi, stracciai il contratto della villa che Karina mi aveva rifilato, stavo bene li a Lower Est Side, nella casa che avevo scelto fin dall'inizio. Passò cosi un mese, fu nel secondo successivo che le cose cambiarono dal bianco al nero, dall'est all'ovest, radicalmente e in maniera sconcertante: i medici mi avevano diagnosticato l'inizio di un'anoressia nervosa. Impossibile da credre, ma fu così. Karina approffittò del mio momento di debolezza più assoluto, incitandomi a lasciar perdere il cibo, ad allenarmi durante tutti i giorni, a dirmi che una vera top model riusciva ad entrare in una taglia trentasei senza alcun indugio, che il mondo della moda non aveva bisogno di balene e grasso dappertutto ma che mirava alla leggerezza di un corpo snello, alto e tutto ossa. A questo, costribuirono l'assenza di Derek, l'autocolpevolezza, i provini, le rivisite, le sfilate, il mucchio di lavoro, il sonno arretrato l'assenza dei miei amici, il mio chiudermi in me stessa come un riccio, la brutta persona che pensavo di essere per la mia fuga per aver usato Derek in quel modo, per aver dato agio alle mie sensazioni per poi ammanettarle e gettarle sul fondo dell'oceano, la mia schifosa paura di amare, di ritornare ad essere felice, la paura di affezionarsi di legarsi, di essere come tutte altre. Cause, che mi portarono a dove ero stata portata da ben tre settiamane per via della mia figura in sotto peso: ricoverta al Lenox Hill Hospital. Fu mia madre assieme alla mia migliore amica a prendere in mano la situazione, ero denutrita, saltavo il pranzo e a volte anche le cena mi gonfiavo di caffè cercando costantemente di restare sveglia e lucida. Il medico mi disse che dovevo essere immediatamente ricoverta, la moda, Karina Jackson, la vita da top model, i prive, le feste private le riviste gli abiti che mi sarebbero dovuti calzare a pennello mi avevano rovinata, quella non era più la mia vita non ero più la stilista che volevo essere, ero soltanto una mediocre top model che si aggirava da una rivista ad un'altra tralasciando ciò che di più prezioso avevo: Derek, la sua famiglia e il suo sogno di diventare una famosa stilista di moda.

Come ho già detto, erano passate tre settimane dal mio ricovero, dai capelli grassi e dal viso pallido senza trucco, dal cibo orrendo dell'ospedale che mi rifiutavo di mandare giù, dall'assenza della mia manager e dalle visita di mia madre, da Megan che impaurita aveva deciso di fermarsi a New York casa per potersi prendere cura di me. Odiavo quando venivano a farmi visita, sapevo di aver sbagliato sapevo di voler vedere solo e solamente una persona, l'unica che non m'avrebbe mai raggiunta, l'unica che mi avrebbe odiata se gli avessi proposto di continuare a restarmi affianco nonostante tutto, l'unica persona della quale infondo nolente o dolente mi ero sempre fidata. Avevo smesso anche di disegnare, passavo tutto il giorno in vestaglia alle passeggiate al giardino alla tv in camera saltando i canali dove sarei potuta comparire. Era un mercoledì, un giorno ormai come tanti quando l'infermiera per l'ora di pranzo mi rifilò delle penne al pomodoro, una focaccina, e un pezzetto di formaggio per completare infine con un frutto. Guardai sconcentrata quel vassoio colmo di cibo, avevo continuamemte lo stomaco chiuso in una morsa, assente come un organo morto. Decisi che avrei soltanto toccato della mela e così feci, dopo il mio pasto sgattaiolai fuori in giardino godendone della bellissima giornata di metà maggio, faceva caldo abbastanza da premettermi una vestaglia di cotone e un pigima dello stesso tessuto. Non avevo fatto amicizia, ero cambiata, bensì rispodevo male alle coinquiline della mia stanza, camminai per un po lungo la stradina ciottolata poi mi sedetti sulla solita panchina a mostrare il mio viso al sole sperando che si colorisse almeno un po. Passarono alcuni minuti,  voltai il capo a destra e a sinistra, una figura in particolare mi colpì alla veranda dell'ospedale, esattamente in lontanza a di fronte dalla panchina. Quando lo riconobbi, saettai in piedi e con occhi e labbra sbarrati mi accertai che fosse realmente lui.

Forse era la mancanza di carboidrati

O di zuccheri

Pensò il mio subconscio, a passo svelto arrivvai affannata nel salone d'ingresso dell'ospedale, lui entrò richiudendo l'anta della vetrata, quasi sicuramente s'era fermato a fumare. L'atrio era grande, dottori,infermieri, pazienti tutti andavano frettolosamente da qualche parte. Gente che aspettava ansiosa sulle piccole poltroncine grigie, alcune goivano, altre piangevano disperate. Con il cuore in gola, finimmo col guardarci intensamente. I nostri occhi s'unirono come il sole si unisce alla luna durante l'eclissi, mi mancò il fiato le parole mi morirono in gola e il cuore continuò a pulsare in maniera insistente, quasi fastiosa. Eravamo distanti ma vicini, anche lui sembrava sconcertato dalla mia presenza li, mi guardò da capo a piede sull'orlo di una possibile lacrima e con un espressione mista al rancore e alla preoccupazione. Non ci volle molto, i piedi mi si mossero da soli. Per i primi dieci secondi sperai che non fosse un sogno, che quella fosse la realtà che egli ero davvero corsa incontro, che gli avevo cinto il collo e fiondato al mia bocca sulla sua, che lui davvero mi stesse cingendo la vita e che stesse affondando l'altra mano nei miei capelli, che di poco mi stesse sollevando dal pavimento. Fu tutto vero. Derek era li,  nel landrone di quell'orrbile ospedale a baciarmi ancora, ancora e ancora.
-"Non è ciò che pensi.."- ansimai, quando mi staccai dalla sua bocca e lui non esitò a cincermi le guance con entrambe le mani, mi strinse a se come se avesse paura di una mia possibile scomparsa.
-"Infatti ci sto provando, ma.. Cristo santo come ci sei finita qui dentro?"- le lacrime iniziarono a scorre insistenti sia sulle mie, che sulle sue gote. Non immaginai che potesse piangere per me. Tirai su col naso, tornando a respirare regolarmente.
-"Io.. io non ne ho idea"- balbettai, mi abbracciò ancora, spiacciai la guancia al suo addome respirandone il dolce profumo alla vaniglia della sua camicia a quadri.
-"Andiamo.. facciamo una passeggiata"-

Era passato un po, come nostro solito eravamo tornati ad essere imbarazzati a camminare ad un metro di distanza l'uno dall'altra pestando il verde prato del giardino esteriore. Mi strinsi nella mia vestaglia, mi guardai attorno negando ancora una volta il rossore che m'appariva in viso, negando il sollievo che avevo provato nel baciare e vedere Derek.
-"Come hai saputo che ero qui?"- sibilai. Lui mi camminava affianco, tenendo le mani in tasca e un passo felpato.
-"Megan, me l'ha detto.. Megan"-

La solita ficcanaso.

-"Non dovevi lasciare Londra per me, sto bene"- tentai di sorridere, ma quando non ci riuscì mi sento peggio del minuto precedente. Sorrise di sghembo.
-"Ho fatto ciò che sentivo"- arrivammo ad una panchina, quella panchina, ci sedemmo. Non parlai, respirai a pieni polmoni osservando poi le pellicine bianche alle mie unghie.
-"Che cosa è successo Nina?"- mi accorsi che mi fu più vicini del dovuto, scostai lo sguardo ed riniziai a piangere senza sosta.
-"Io.. non lo so, sono stati due mesi orribili non ho mai chiuso occhio e tutti gli impiegni.. avevo sempre meno voglia di restare in piedi e.."-
-"E adesso?"- ci osservammo profondamente.
-"Adesso mi sento più sola che mai"-
-"Non sei sola Steffens"-
-"Ma è come se lo fossi, ho bruciato ogni cosa attorno a me.. i miei amici, tu, me stessa"- sospirai, contemplando i fili d'erba che mi sfioravano i piedi.
-"Sono tornato"- esordì.
-"Non per molto però..."-
-"E invece si, Londra non fa per me.. ho deciso di ritornare a New York e dedicarmi alla galleria"- tentennai nel sorridere, ma poi finalmente ci riuscì anch'egli si sforzò scostandomi timoroso una ciocca piccola di capelli dietro l'orecchio.
-"E.. sono convinto che, questo, non è neanche quello che vuoi tu"- mi spinse a guardarlo negli occhi, lo feci, seppure tremendamente impaurita del fatto che potessi ricordare con amarezza quelle uniche parole che pronunciò quella sera "ti amo".
-"Già.."- ridacchiai fievolmente, tornando a fissare il lontano panorama al calar del sole.
-"La prima cosa che farai?"- si sporse sulle ginocchia, il suo profumo dall'ultima volta mi parve addirittura diventato più intenso del solito. Riflettei intensamente qualche minuto, alternando sguardi al prato altri al cielo e alla luce del sole che pian piano si affievoliva, infine mi strinsi nella vestaglia bianca e mi morsi le labbra.
-"Licenziare Karina Jackson"- quella donna, anche se mi aveva aiutato col mondo del bussiness, seppure m'aveva fatto conoscere mondi a me sconosciuti, mi aveva rovinata. Kristie aveva ragione, Derek anche, ero finita nella tela del ragno per colpa di quella donna avevo cambiato la mia vita, l'avevo modificata secondo i suoi piani mi aveva costretto a scegliere fra la notorietà e i miei affetti familiari, mi aveva fatta dimenticare il nero motivo per il quale ero venuta nella grande mela. Non m'ero mai resa conto di quanto quella donna m'avesse manipolata dall'inizio, il mondo del fashion e del business aveva sicuramente i suoi scheletri negli armadi, parti buone e altre oscure, io ero finita in quella oscura come biasimarmi se per il buio avevo una certa tendenza.
-"Si.."- ridacchiò divertito lui, punzecchiandomi la spalla.
-"E io troverò un modo per farti uscire di qui"- in un sorriso stirato gli strinsi la mano, intrecciando le mie dita con le sue, lui ne strofinò il dorso e fui contenta di aver ritrovato di nuovo il mio migliore amico. Due amici ostinati, uno più dell'altro. S'alzò e stirandosi i pantaloni incominciò ad incamminarsi verso l'entrata.
-"Der"- lo chiamai, egli si voltò scattosamente. Mi fece cenno di continuare.
-"Non scapperò stavolta.."- sapevo a cosa stessi andando incontro,ma onestamente non mi importava ero stanca di mentire a me stessa di restare incollata a quella maledetta e mediocre paura che mi bloccava dal voler essere felice. Derek McCarthy non era di certo la persona giusta per me, forse la meno indicata per potersi etichettare come "il mio fidanzato"ma forse potevamo fare dei passi avanti, c'avrei provato, d'altronde in gioco mi ci ero sempre messa.
-"Non da te"- sorrisi timidamente, calando per qualche istante lo sguardo quando lo rialzai il suo sorriso smagliante mi rallegrò la giornata, mi abbagliò come una luce forte di primo mattino che trapela dalla finestra e ti costringe a sollevare le palpebre.

Un leggero appetito mi era finalmente tornato. Mangiai anche qualche pezzetto di pane, e anche un succo di frutta alla banana che Derek mi costrinse a bere nel pomeriggio. I progressi, grazie alla presenza di quel ragazzo migliorarono e la settimana successiva, finalmente varcai la soglia di casa di Derek, di casa mia. Ero riuscita a salvarmi in tempo, Derek era arrivato in tempo, pronto a lanciarmi la sua corda spessa alla quale io mi sarei dovuta aggrppare, e così feci. Mi aggrappai con i denti e con le unghie, ero riuscita a scalare quella montagnia. Ero felice di essere tornata, felice del fatto che Derek fosse li con me, che in qualche modo la nostra vita sarebbe tornata come quella di prima, ma restavano ancora altri tasselli da superare: scusarmi con i miei amici, con John per aver licenziato la mia manager e cambiare numero sperando che quest'ultima non mi assilasse di nuovo.
-"Ti porto dell'acqua"- esordì lui, quando mi ritrovai in salotto con una valigia che pigiai sul pavimento. Finalmente era arrivata la calda stagione, mi fiondai a peso morto su quel morbido divano serena anche del fatto che di li a quelle notti avrei di nuovo dormito come un sasso.
-"Si grazie"- sorridemmo, pochi minuti dopo lui tornò con un bicchiere alto e colmo di acqua con le bollicine, lo bevvi per intero. Erano le cinque del pomeriggio, non mi restava che svuotare la valigia e magari noleggiare uno dei film che tanto mi piacevano.
-"Mi era mancato questo posto"-
-"Già.. anche a me"- qualche minuto di silenzio, mi raggiunse al sofà, vederlo imbarazzato e timoroso mi faceva mentalmente sorridere, da quando lo conoscevo la timidezza era l'unica cosa che sapevo di sicuro che non gli appartenesse per niente.
-"Non ti chiederò di darmi una risposta.. voglio ancora darti del tempo, per.."-
-"Per quello che mi hai detto la sera della cena lo so"- sospirai, spostando lo sguardo dai suoi occhi al tessuto rosso pesante del sofà.
-"Ehi"- mi incitò, con il pollice mi costrinse ad alzare il mento, rabbrividì al suo contatto.
-"Io lo so quello che senti, è normale averne paura.. ma scappare, credimi non è la soluzione"- esitai qualche secondo. Vagai insistentemente nelle sue iridi blu e così scure incapace di staccarmici, ero ipnotizzatrici, magnetiche, quasi mi ci perdevo. Non dissi nulla, annuì ignara del fatto che una risposta ancora non ce l'avevo, o forse si, ma ero troppo ostinata ad ammetterlo. Ad ammettere che mi ero cacciata di nuovo nei guai con un ragazzaccio mal raccomandato, che mi ero fidata nuovamente di un uomo, al quale avrei permesso di entrare nel cuore.
A mia insaputa, Derek mi invitò a passare fuori il resto della serata facemmo una tranquilla passeggiata al parco, di tanto in tanto il suo braccio finiva per avvolgere le mie spalle, io mi ci appoggiavo non curante dei passanti che potevo vederci e fraintendere. In una caffetteria mi offrì del buon caffè americano mentre lui scelse un espresso, un po tardì per una bevanda del genere di fatto ciò destò parecchi sospetti nella mia testa.
-"Okay va bene, ma credimi è stato un incidente"- ridemmo entrambi, lui più di me.
-"Se, sai sempre come parati Steffens"- eravamo alla porta, egli con due mandate la aprì e fui invasa da una marea di persone e da una sola singola parola che riempì i miei timpani e la stanza.
-"SORPRESA!!"- arrossì, quando varcai la soglia ero priva di parole sensate. Il ragazzo alla mia destra ridacchiava sotto i baffi convinto e soddisfatto di avermla fatta sotto il naso, me ne accorsi e gli lanciai un leggero movimento del fianco sorridendo anch'io. La mia migliore amica mi venne incontro abbracciandomi, quasi mi spezzò le ossa.
-"Oddio, quanto mi sei mancata!!"- respirai fra i quoi capelli biondi, le massaggiai la schiena come lei fece con me.
-"Anch'io Meg... tanto"- quando mi staccai da lei, ebbi l'agio di osservarmi in giro, vi erano striscioni e anche dei palloncini il tavolo della sala pranzo era stato sistemato in salotto con su una serie di bevande gassate e dei dolciumi. Quando osservai quest'ultimi, gli occhi mi si velarono di tristezza. Incontro mi venne Finch, che allegrò mi abbracciò anche lui.
-"Finalmente, temevamo che Derek t'avesse rapita"- canzonò, ed io risi.
-"Sai, avrei potuto"- commentò il ragazzo dietro di me, che salutò il mio amico con un cenno del mento.
-"Come stai baby?"- Finch mi carezzò le braccia ormai troppo esili.
-"Sto.. bene, credo"- sorrisi, dietro la sua figura comparve quella di Jessie, timida e un po sulle sue.
-"Ehi.."- sibilò. Mi fiondai sulla sua figura, l'abbracciai nonostante ella tentò un po di resistenza.
-"Credimi Jess.. mi dispiace da morire, sono stata una pessima amica"-
-"E' passato tranquilla"- sapevo non m'avesse perdonata subito, mi bastò catturare il rancore che vi era nel suo sguardo, la voglia che aveva nel dover proseguire a passi felpati nei mei confronti.
-"Ehi!! Ti stai dimenticando di me per caso?"-apparve poi Kristie, l'abbracciai fortemente come mai avevo fatto prima d'ora nei suoi confronti, avevamo un bel rapporto di stima reciproca, di amicizia, di fiducia, era un'ottima amica.
-"Kris, mi sei mancata anche tu"-
-"Già, ti sei persa un po di cose in queste settimane, il reparto design è impazzito senza di te"- ridacchiò. Era bella e elegante come al solito, capelli lisci e una camcia rossa.
-"Cavolo, avevo un mucchio di lavoro da sbrigare.. tuo padre mi ammazzerà per questo"-
-"Nah..la salute viene prima, a te ci tiene molto. Spero che il peggio di passato adesso"- mi carezzò una ciocca di capelli, io la osservai addolcita.
-"Si, almeno spero"- il momento tranquillo poi, venne interrotto.
-"Okay bambola, adesso spiegami: sei una maestra o una modella adesso?"- la roca voce di Jake mescolata alla sigaretta solita che teneva stretta fra le labbra, e i suoi capelli biondastri legati da una bandana rossa sulla fronte mi fece sia sorridere che alzare alcielo gli occhi.
-"Nessuna delle due Jake, sono solo Nina"- quando pronunciai tali parole, guardai Derek negli occhi, era fiero di me. Io ero fiera di me.
-"Ottima scelta!!"- commentò Ronny, seguito dalla tonda e ciotta figura di Brad che mi salutò con un sorriso.
-"Sono.. contenta che siate qui, sul serio e.."- mi schiarì la voce, mentre calò il silenzio.
-"E vorrei dire a tutti voi che mi dispiace.. che forse non mi sono comportata bene, che per colpa di alcuni avvenimenti vi ho messo da parte e non ci si comporta così specialmente con amici come voi"- seguì un boato e tanti sguardi dolci dalle mie amiche, e specialmente da Derek che si costrinse ad osservarmi tutto il tempo.
-"Allora? Qui c'è un mazzo di carte, chi si candida per il primo giro?"- strillò Jake, catturando l'attenzione di tutti.
-"Io ci sto!!"- sorrisi, e fiera alzai la mano per propormi.

Io non toccai alcol, mi limitai a sorseggiare dell'aranciata e dell'acqua al contrario dei miei amici che si gonfiarono di birra e di vino rosso. Vinsi le prime passate, poi datone il rancore che servava Jake decisi di ridere a crepapelle e restituirgli i soldi che gli avevo perso, anche Derek partecipò a differenza di Jessie, Finch e Kristie che restarono in disparte a guardare, ridere alla mie battute e sorseggiare bevande. Anche Megan finì con lo scontrarmi, prima di Jason anche la mia migliore amica frequentava quelli del giro, assieme a Robert e altri suoi seguaci, a lei era toccato il più malleabile, a me la bestia più feroce della giungla. Accesero anche un po lo stereo, non toccai cibo mi limitai a bere aranciata e a dimenare i fianchi e le spalle a ritmo di qualche canzone pop che porpose Megan. Ballammo insieme allegramente,quando si unì anche Finch temetti di morire dalle risate per il suo non coordinamento con la musica. In quel momento mi trovavo in cucina, un po sudata e stanca della bella serata che avevo passato in compagnia dei miei amici, Kristie era andata via assieme a Jessie e Finch per via del lavoro il giorno dopo, io avrei dovuto parlare con John prima di rientrare alla base. In un sacchetto nero iniziai a gettar dentro i bicchieri di plastica e qualche tovagliolo.
-"Non permetterò che tu faccia la Cenerentola da sola"- cantilenò Megan, dandomi una mano con il resto della spazzatura. Scoppiammo a ridere insieme, passò qualche minuto poi percepì la solita ondata di domande a cui non sapevo rispondere.
-"Ehm.. mi stavo chiedendo, tu e Derek? Ci sono..mh, novità?"- trattenni un riso, mi bloccai sul colpo lasciando perdere improvvisamente l'immondizia.
-"Vuoi dire se ci siamo messi insieme oppure no?"-
-"Non ho mica detto questo!"- alzò le mani in segno di resa, con una visibile faccia da schiaffi.
-"E comunque no, noi.. in realtà non ne ho idea ma credo sia tornato tutto esattamente come prima a parte il fatto che.."-
-"Che Derek ti ha detto di amarti"- allibita sbarrai gli occhi, le feci segno di fare silenzio sperando che nessuno li in salotto c'avesse sentito, compreso il ragazzo in questione.
-"E tu come diavolo fai a sperlo?"-
-"Me l'ha detto lui, parliamo spesso noi due.. insomma con sua sorella si vergogna, suo padre non è da meno e io sono la tua unica amica più di vecchia data"-
-"Io non posso crederci"- misi le braccia conserte, attaccandomi al pianale col fondoschiena.
-"Be' credici, mi ha chiamato molte volte quando era a Londra. Mi chiedeva di te.. insomma, dovreste smetterla non vi pare?"-
-"Smettere che cosa?"- feci la finta tonta, storcendo il naso.
-"Con questa storia dell'essere solo amici, tu Nina, devi smetterla di essere così ostinata"- mi puntò contro l'indice.
-"Io.. io non sono ostinata ma non credo di sia la cosa giusta da fare, insomma è la persona sbagliata per me fine del discorso"-
-"Non smontarmi così, lo sappiamo entrambe che stai soltanto scappando"-
-"Megan!!"- la rimproverai, nel frattempo mi ero procurata una bottiglietta d'acqua, la bevvi tutto d'un sorso.
-"Scusa amica, ma io le cose te le dico senza peli sulla lingua. Stai scappando ancora una volta, Derek è quello giusto fidati di me"-
-"No, non lo è. Ma l'hai visto il suo mondo? Merda, io non voglio giocare a carte, fumare o finire col vendere la droga perchè credimi, Jake e gli altri non sembrano da meno e anche Derek all'inizio era coinvolto ci metto la mano sul fuoco"- gesticolai agitata.
-"Mmh.. quando ti ci metti sei un mulo, ascolta: Derek non è Robert, devi smetterla di accomunarli e poi non è mica detto che ti possa condurre ad  una vita così"- quella conversazione doveva assolutamente finire.
-"Megan, per una volta tanto nella mia vita voglio qualcuno che sia diverso da me, diverso dal mio passato capisci? Ne ho bisogno.. non lo so cosa provo per Derek, ma anche se accettassi di amarlo non cambierebbe nulla e adesso scusami, devo pulire il casino che c'è in soggiorno"- la piantai li, con un'altro sacchetto della spazzatura a bocca asciutta e allibita dal mio discorso. Non osai ascoltare neanche una sua proposta, stavo attraversando un periodo difficile e l'ultima cosa di cui avevo bisogno era esattamente una vita spericolata con Derek come fidanzato. Mi andava bene come amico, migliore amico, gli volevo bene inanzitutto, anche se avevo ceduto ai miei istinti restava ugualmente l'unico uomo di cui mi sia "fidata" dopo Robert, avevo trovato una spalla sui cui piangere, non mi importava molto in che forma ma di Derek avevo sempre, costanemente, necessità. L'idea di me e di lui insieme, fidanzati, mi feca torcere lo stomaco e gli occhi mi si incominciavano a pizzicare, l'aria a mancare. Con questi pensieri, gli urtai contro, mentre ovattati ascoltavo gli schiamazzi e le rise degli altri ragazzi che iniziarono a familiazzare con la mia migliore amico.
-"Dove vai?"- mi schiantai nel suo sguardo, non gli risposi subito ero ancora immersa nei miei più profondi e incoerenti dilemmi.
-"A-a.. buttare fuori la spazzatura"-
-"Vengo con te"- dopo svariati minuti ci ritrovammo fuori la villetta, avevano riacceso la musica forse anche un po troppo alta per i miei gusti mal al momento non me ne importò. mi strofinai le mani, quando nel bidone gettai il sacchetto che sul tarda serata il camion dell'immondizia avrebbe portato via. Lui mi era di fianco, ci sedemmo sui gradini in marmo grigio della nostra modesta villetta.
-"Jason mi ha raccmonadato di salutarti, lavorava fino a tardi"-
-"Che lavoro fa?"-
-"Adesso credo faccia il barman in un locale vicino al Downtown club"- fece spallucce e con la punta dei suoi anfibi scacciò un rametto di erba.
-"Non l'avrei mai detto ma.. mi manca quel posto"- ridacchiai.
-"Si, è un pò che non ci andiamo"- si accodò. Passarono parecchi minuti prima che potessi parlare di nuovo.
-"Grazie, Derek. E non solo per questa piccola festa ma, anche per essermi venuto a prendere"- una lacrima facile mi scorse dal lato destra della mia guancia, fuori dal suo sguardo e immediatamente raccolta delle mie dita.
-"Lo so Nina, che non sono una persona facile da gestire ho un passato oscuro e non lo nego, ho frequentato gente sbagliata una cerchia di amici che oggi giorno mi pento anche solo di aver mai incontrato.. in un certo senso ho la colpa per la morte di mia madre, ma credimi quando ho incontrato te ho deciso che non avrei più fatto nessun errore"- strinsi le labbra in un sorriso stirato, incilnai il capo accogliendo la sua carezza alla mia guancia.
-"Che tipo di amici?"- ero curiosa, forse infondo c'erano ancora parecchie cose che dell'uno e dell'altro dovevamo scorpire, ormai ero pronta a tutti, fin dal giorno in cui gli rivelai di Robert e di quello che mi aveva fatta passare.
-"Mmh.. non fraintendermi ma, non mi è mai piaciuto il lavoro di mio padre, o almeno quello che lui voleva affibiare a me odio essere il suo responsabile marketing non fa per me, io amo l'arte e dipingere ma non ne ho mai avuto l'occasione di farne un vero lavoro come adesso. Vendevo per loro della droga, niente di troppo grosso il giusto che racchiudeva quella cerchia di persone di New York e alcuni di Manhattan, il capo della banda era di li.."-
-"Il capo era di Manhattan?"- corrugai la fronte, quel tipo di verità non gelil'avevo mai sentita dalle labbra. Sapevo che facesse uso di determinante sostanze, sapevo che beveva, che avesse la cerchia sbagliata di amici, ma qualcosa nel suo sguardo mi diceva che quella, quelle esatte parole erano la sola e unica verità di cui non avevamo mai parlato.
-"Si, esatto"- pigiò i gomiti sulle ginocchia, e si schiarì la gola per continuare il suo discorso.
-"Ci ero finito per caso, non volevo davvero vendere o prendere quella roba ma mi trascinavano, ed io ero facilmente corruttibile.."- ridacchiò amereggiato.
-"Vedi.. il tuo passato non è poi così diverso dal mio"

Ed è proprio per questo, che Derek non possiamo stare insieme.

-"Lo avevo intuito"- risposi tristemente, ossevando le macchina passare al di la del marciappiede.
-"Poi però ho smesso, quando ho provato l'incendio ho deciso che dovevo smettere che quel sentirmi in colpa non poteva essere accumulato da altri sbagli e così.. ho lasciato quella cerchia"- sospirai, non trovai le parole giuste per contrastare o per consolargli l'anima, solamente mi adagiai col capo alla sua spalla, lui mi baciò il capo fra i capelli e fui colta da cento fremiti scalpitati insieme.
-"Licenzierai anche Will?"- non me n'ero minimanete accorta dell'auto nera ancora parecheggiata nel nostro vialetto e dell'uomo con gli occhiali scuri dentro di essa.
-"Nah.. dopotutto può tornarmi utile"- ridacchiammo insieme.
-"Mi hai fatto spaventare Steffens lo sai? Promettimi che da oggi in poi andrà tutto bene.. che mangerai e che soprattutto non morirai per questo"- sconcertata ma anche divertita mi tirai su e l'osservai stranita.
-"Che cosa? Io non morirò"- risi fortemente.
-"Non c'è niente da ridere.. ho avuto sul serio paura per te, sei così denutrita. Quella donna ti ha massacrata se solo potessi incontrarla.."- ringhiò, stringendo i pugni.
-"Tu, non farai niente di tutto ciò l'ho licenziata niente più feste o intervniste o shooting, ho chiuso con quel mondo. Voglio solo essere una stilista che sta dietro le quinte"- mi baciò la fronte, ancora un po timoroso.
-"Non dimenticare mai quello che ti ho detto d'accordo?"- sibilò, in un fievole e dolce sussurrò all'orecchio. Il suo fiato mi finì sulle fronte e fra i capelli, datone che ero tornata sulla sua spalla. Rabbrividì al sol pensiero di lui e delle sue labbra muoversi per pronunciare quelle singole e spaventose parole, ero agitata, avrei voluto dirgli la verità ma sapevo che l'avrei ferito, avrei voluto aspettare ma l'avrei illuso soltanto, mi sarebbe piaciuto accettare quel sentimento dentro di me, smetterne di averne paura ma soltanto il tempo.. e la pazienza, potevano darmi la risposta.
-"Cioè?"- feci la finta tonta, sperando di aver capito male. Rise a fior di labbra, il suo braccio mi cinse le spalle, il mio capo passò dalla sua spalla al suo petto, potei annusarne il dolce e fresco profumo del suo abborbidente, mischiato all'acqua colonia che era solito mettere.
-"Quelle magiche parole, zucchero"-

***

Derek mi amava, me l'aveva perfino dichiarato. Ancora una volta il suo atteggiamento non fece altro che farmi restare a bocca aperta, forse aveva capito che in una qualche parte remota dentro di me provavo lo stesso ma che doveva soltanto uscire fuori e farsi accettare dalla sottoscritta. Aveva detto che m'avrebbe aspettato, che ci sarebbe stato del tempo per farmi ammettere ciò che sentivo, pregai davvero fosse così ma per quel momento mi bastò avere Derek di nuovo come il mio migliore amico. Camminavo per Central Park quella mattina, ero uscita dalla maison per una consegna di un tessuto particolare che serviva alla nuova collezione di borse a sacchetto, John fu davvero felice di vedermi, un po meno però per aver licenziato Karina Jackson che per fortuna non si fece più viva attraverso le telefonate o i messaggi, la scena andò esattamente così:

Erano passati tre giorni dalla dimissione all'ospedale, ero pronta a tornare a lavoro.
-"Credimi Nina, sono davvero dispiaciuto.. non pensavo si potesse arrivare a tanto"- ero nell'ufficio del capo, gli avevo gentilmente portato un caffè, anche io ne avevo fra le mani uno.
-"Non preoccuparti, neanch'io sapevo a cosa andavo incontro.. apprezzo molto Karina per avermi insegnato tanto, per avermi fatto camminare su tante passerelle ma.. sono qui a New York per fare la stilista niente di più"- John sorrise, si tolse i suoi occhiali spessi per la prima volta mi si avvicinò racchiudendomi in un debole abbracciò.
-"Hai ragione, tu sei la mia miglior stilista, sarai sempre la benvenuta nella mia casa di moda. E se riceverai un'offerta migliore, ne sarò felice anche se perderò la mia punta di diamante"- ridacchiammo insieme. Nonostante le prestigiose e prosperose proposte che avevo ricevuto da altri stilisti, io stavo bene con Cartier, per il momento.
-"Grazie John, ne sono felice"-
-"Anche io"-
-"E mia madre?"-
-"Oh Kate sta alla grande, dice che le piacerebbe venirti a trovare a cena una di queste sere"- per fortuna le cose con mia madre stavano davvero cambiato, lei sembrava aver intrapreso la retta via e questo si definiva un nuovo inizio non soltanto per me ma anche per lei.
-"Ehm.. sarebbe bello, ma credo che anche Derek abbia bisogno che tu venga"- l'uomo calò lo sguardo, intrisito.
-"Credimi, non è facile.. quando guardo mio figlio ripenso a mia moglie e non è un bella cosa"-
-"Lo so, ma dovresti provarci. So che avete avuto tanti problemi ma so anche si possono risolvere"-
-"Vedremo.. per adesso concentriamoci sulla nuova collezione, ecco, volevo mostrarti alcuni campioni di borse"- così dicendo, tirò fuoi dal suo cassetto una pila di fogli, mi calai sulla scrivania per poterli osservare meglio.
-"Oh si, non vedevo l'ora!!"-

Tornando alla passeggiata nel bel mezzo di Central Park, pensai che forse le cose stavando davvero andando per il miglio. Avevo fatto pace con i miei amici, rientrata mentalmente nel mio lavoro, avevo un autista personale e Derek mi aveva dato del tempo per pensare. Con quei pensieri felici e alla mano destra un caffellatte in cartone, una giacca nera a doppio petto e trotterellando sui miei sandali alti, urtai contro qualcuno. La giornata era parecchio soleggiata, maggio era un mese che adoravo specialmente perchè di li a poco sarebbe stato il mio compleanno, ventiquattro anni.
-"Oh.. cavolo mi scusi, sono proprio un'imbranata"- piagnucolai, avevo rovesciato un po del liquido sulla giacca di quell'uomo, che alla sinistra reggeva esattamente un'altro caffè. Quando alzai lo sguardo, per poco non mi mancò il fiato.
-"Peter?"- sorrisi.
-"Ma guarda chi si rivede.. sei vestita diversamente dall'ultima volta"- l'uomo dai capelli biondo cenere, il portamento signorile e il suo vestiario elegante un sorriso smagliante e molto più alto di me.
-"Be' tu sei sempre lo stesso invece"- ridemmo insieme, se avevo incontrato Peter, il ginecologo, a Parigi quella mattina, e poi lo avevo scovato qui una seconda volta a Central Park di New York, un delizoso e interessante motivo si celava sicuramente dietro.


#ANGOLOAUTRICE

Non è mai troppo tardi per ricominciare, sarà la volta giusta?

Miss Adams ❤️

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