IL CORAGGIO DI RESTARE (In co...

By SarahAdamo

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Nina Steffens è una giovane ragazza di 23 anni che vive a Manhattan assieme a sua madre, dipendente dall'alco... More

#ANGOLOAUTRICE
Cast + Trailer
Prologo
1. Una nuova vita
2. La svolta
3. Coincidenze
4. Un brutto scherzo
5. La speranza
6. Il fato
7. La scommessa
8. Proviamoci
9. Una possibilità
10. Il pericolo
11. Petali e segreti
12. Tentazioni
13. Mente e cuore
14. In trappola
15. Il Banchetto
16. La fragilità del buio
17. Indecisioni
18. Cena a base di cheesecake
19. Conclusioni affrettate
20. Bisogna lavorarci sodo
21. Punto di incontro
22. L'inizio
23. Quei gesti improvvisi
24. Natale con i suoi
25. La sorpresa
26. Il compleanno di Derek
27. Una notte insonne
28. L'influenza
29. Talento nascosto
30. Il bacio
31. Cocci rotti
32. Pagine strappate
33. Dichiarazioni
34. Dessert
35. Parigi
36.Irresistibile
37. Bollenti spiriti
38. Una pioggia di debolezze
39. La ruota panoramaica
40. Decisioni importanti
41. Come neve al sole
42. Monopoli
43. Il profumo
44. Visite inaspettate
45. Amicizia
46. Nasce una stella
47. La città proibita
48. Piccoli passi
49. Dimmi la verità
50. I primi sintomi
51. Non è più lo stesso
53. Il passato
54. Non allontanrmi di nuovo
55.London Eye
56. L'orgoglio da parte
57.Come riavvolgere il nastro
58. E se fosse un'occasione?
59. Susan, occhi da cerbiatta
60. Persecuzioni
61. Tutto cambia velocemente
62. Festa d'addio
63. Notizie flash
64. Il riflesso nel dipinto
65. Indizi
66. Ripensamenti
67. La rielaborazione del cuore
68. Noi due e un Garofano
69. La nuova coppia
70. Riconciliamoci

52. Mi manchi, e tu?

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By SarahAdamo




"Mi mancheresti anche se non ci fossimo conosciuti"
(chiarina47, Twitter)



-"Ok, be' hai barato ora tocca a me!"- fu curativa, costruttiva, un tocco d'aria fresca quella cena a base di pizza e un boccale di birra, per quanto io non amassi molto quella bevanda. Preferivo l'alcol quello pesante, o la completa astemia.
-"Io non ho barato, che ci posso fare se quei due non si staccavano"- stavamo giocando ad indovidare che tipo di relazione avessero le persone presenti in quella sala, sedute ai tavoli e che chiacchieravano animatamente con i loro compagni. Ero convinta che avesse barato quando risposi ad una telefonata urgente di suo padre, ed ebbe così modo di sbirciare la coppia di innamorati dietro il nostro tavolo. S'incupì lievemente quando dovetti rispondere con una certe urgenza, durnate la nostra cena ipercalorica. Karina Jackson m'avrebbe uccisa per quello.
-"Si che hai barato e non provare a mentire!!"- gli puntai scherzosamente l'indice contro, ma lo ritirai immediatamente zittendomi perchè il cameriere c'aveva gentilmente portato il conto. Trattenemmo una forte risata che sfociò non appena restammo nuovamente soli.
-"E di quelli li che mi dici?"- mormorò, piegandosi sul tavolo. Con la coda dell'occhio, notai alla nostra destra una coppia un po insolita, lui un uomo adulto dai capelli leggermene brizzolati e lei una giovane ragazza più o meno della mia età. Egli le stava col fiato sul collo, parlavano molto intimamente e lui da sotto il tavolo le strofinava avidamene una coscia lasciata nuda dal vestito nero in chiffon di lei.
-"Semplice: lui è un uomo sposato abbastanza frustrato e in bilico col suo matrimonio che cerca di sentirsi ancora buono a qualcosa ma specialmente giovane da poter sedurre ancora una ragazzina"- feci volteggiare i capelli a destra e a sinistra in maniera schizzinosa.
-"Mmh, direi complimenti stai migliorando"- ridacchiò. Fintamente offesa gli lanciai un buffetto sulla spalla.
-"Sono più brava di te ammettilo"- così dicendo, litigammo ancora un po su chi dovesse pagare il conto alla fine finsi io, fiera e soddisfatta di non potermi più porre problemi sul denaro. Uscimmo nei nostri cappotti, marzo si stava avvicianando ma l'aria di Lower Side risultava ancora fredda più del previsto. Quella sera decidemmo di camminare a piedi, di raggiungere così una pizzeria vicina ma ad interrompere quella romantica e sdolcinata passeggiata sotto braccio, fu il mio cellulare che squillò per la millionesima volta. Lo guardai con esitazione, sbuffai pesanemente.
-"Scusami.. hai ragione ma devo rispondere"-
-"Fai pure"- sorrise, premetti verde e la voce di Karina mi stonò i timpani.
-"Pronto?"-
-"Nina, volevo ricordati dell'appunamento di domani con la rivista di "Vanity Fair" oltre ad un mini servizio fotografico ci sarà un'intervista"- sorrisi a trentadue denti, Vanity Fair fu un'altra delle mie conquiste, dopo la foto in prima pagine dell'Elle Magazine, tutte le riviste compresa Runway sembrarono essersi interessate a me.
-"Addirittura un'intervista, cavolo non ne ho mai fatta una"- Derek arrgrottò la fronte, incuriosito dalla mia telefonata.
-"Sta tranquilla, alle parole ci penserò io. Ci vediamo domani a mezzogiorno dobbiamo scegliere gli ambiti per la settimana e il completo per l'intervista ho già parlato con John mi ha detto che avete appuntamento alle sei domani"-
-"Si, dobbiamo discutere di alcune cose credo che la collezione uscirà prima del previsto"- confessai più a me stessa che ad ella.
-"Meglio così, sei nel picco della tua carriera mia cara. Oh e a chiamato Givenchy vuole incontrarti per la collezione di primavera"- urlacchiò ella, entusiasta più di quanto non lo fossi già io.
-"Givenchy, ma sul serio?"-
-"Si cara, te l'ho detto Valentino ti ha aperto un sacco di porte"- sorrisi, chiarimmo un'altro paio di faccende poi finalmente staccai e inserì il cellulare nella borsa.
-"Scusami, era Karina.. ho dovuto rispondere"- mi giustificai, sperando che attraverso le mie pupille egli capisse.
-"Tranquilla.. coppetta alla vaniglia?"- soltanto dopo che fummo dinanzi all'insegna dei gelati capì, quella dove ci fermammo tempo prima usciti dal cinema. Ci riflettei qualche secondo, avevo trasgredito già con la pizza al pomodoro e mozzeralla non potevo di certo farmi prendere la mano e mangiare anche il gelato, per quella volta rinunciai.
-"No, in realtà sono piena"- finsi sorridendo, egli fece spallucce e con nonchalance entrò nella gelateria.
-"Mh, io no"- pochi minuti dopo uscì con una coppetta cioccolato e nocciola, osservai il tutto con un'enorme acquolina alla gola ma non dovevo assolutamente cedere. Ci pensò il mio cellulare a distrarmi da ciò, infatti ricominciò a squillare.
-"Cavolo scusami.. chi diavolo è adesso"- borbottai fra me e me, egli restò calmo gustandosi il suo gelato.
-"Pronto?"- potrai il telefono all'orecchio.
-"Nina, ti disturbo?"-

Il capo che chiama quest'ora? Pensai

-"No.. no assolutamente mi dica"- tamponai un'orecchio per poter sentire meglio datone i motori delle auto che vi passavano affianco. Mimai un "è tuo padre" al ragazzo, che si irrigidì sul posto e roteò al cielo gli occhi.
-"Innanzitutto, finialmola con questa scena e chiamami John dammi del tu!!"- ridacchiò, io sorrisi.
-"Va bene se ci tieni.."-
-"Ok, passiamo alle faccende serie ehm.. dopo domani annuncerò la collezione alla stampa e ovviamente voglio che tu ci sia sembra che avremo successo, hai avuto una grande idea devo ammetterlo"-
-"Oh, sul serio? Ti ringrazio, la moda.. è tutto per me"- quasi ebbi le lacrime agli occhi, passeggiavamo tranquilli per le stradine di New York, Derek tentò di prendermi la mano quando ci riuscì non mi opposi.
-"Si lo so, proprio per questo voglio premiarti.. se tutto andrà bene voglio nominarti direttore creativo di tutto il mio reparto, lo so che è precoce ma.. sei speciale, l'ho capito dal primo momento"-
-"John..io lo apprezzo molto ma non è giusto insomma sono qui da pochissimo tempo e.."-
-"E il capo sono io, decido io per cui.. ciò che dirò sarà fatto"-
-"Vorrei trovare il modo per ringraziarti"- ebbi una leggera gomitata da parte del ragazzo, lo guardai male.
-"Mmh.. potresti ringraziarmi venendo a cena da me domani sera ci sarà anche tua madre e ovviamente se quello sconsiderato di mio figlio volesse venire, è il benvenuto"- ingorai quelle ultime parole, bensì sorrisi e rivolsi a Derek uno sguardo pensoso.
-"Si.. ok, perchè no se questo è il prezzo"- ridacchiai. Odiavo passare del tempo con mia madre, ma forse era il momento di lasciare il rancore alle spalle e vivere quella meravigliosa opportunità che mi era stata offerta, il passato sarebbe bruciato assieme a Robert e alla vittima che ero.
-"Buonanotte allora, a domani ci vediamo in ufficio"- rise anch'egli, e staccammo.
-"Mio padre sa comprarti molto bene"- borbottò egli.
-"E' soltanto gentile Der, forse non conosci questa parola"- sarcastica, continuai a camminare al suo fianco.
-"Non dire sciochezze, con te sono molto gentile"-
-"Mmh.. si ok, questo è vero ma ti ho detto un milione di volte che non basta esserlo solo con me"- sospirò, sapevo che quel discorso lo innervosiva parecchio. Si sforzava in molte cose da quando ci eravamo conosciuti, era da riconoscere.
-"Già.. con te sono più che gentile"- sussurrò sensualmente al mio orecchio. Rabbrividì, quando il palmo della sua mano m'oltrepassò la nuca, sfiorando il cuoio capelluto.
-"Smettila, non siamo mica a casa.."- sghignazziai, sperando che nessuno avesse udito. Ma d'altronde, erano le undici di sera non vi era quasi nessuno in giro per Lower Side.
-"Andiamo a casa allora"- trascinò le parole con un misto di dolcezza e sensualità, così da farmi vibrare come una corda di violino. Immaginai già cosa sarebbe successo di li a poco e non mi dispiaceva affatto, seppure non andò per niente come previsto da egli. Risi fortemente, accostandomi al suo petto era il nostro modo di giocare, di divertirci ma soprattutto di essere in un qual modo amici. Sfortunatamente quando rientrammo nella nostra dimora, John mi inviò un email scusandosi per l'orario ma che per l'indomani dovevano essere perfezionati alcuni particolari, specialmente stilistici riguardanti i prototipi dei foulard, così mi sedetti sul divano con sulle gambe il mio lap top e queste ultime pigiate sulle ginocchia di Derek, di tanto in tanto tentava di tirarmi un calzino, l'altra metà del tempo la trascorsi a massaggiargli i capelli. Non ci scambiammo alcuna parola, lui andò a letto presto io dovetti finire il lavoro, mi salutò con un bacio veloce fra i capelli e si rintantò nella sua stanza.

                                                                                     ***

Vanity Fair restò molto entusiasta del mio lavoro da top model, venni fotografata con alcuni abiti firmati e mi venne richiesta una mia biografia da poter inserire accanto alla mia foto. Anche Vogue insistette per avere una mia intervista, così come anche Runway si preoccupò di inviarmi una serie di abiti da indossare per la nuova loro campagnia pubblicitaria. Mi sentì fiera di quel percorso, fiera di essermi fatta valere ma soprattutto fatta conoscere per ciò che ero, coraggiosa nella moda ma vigliacca e testarda nell'amore, un ottimo equilinbrio direi. Fui fiera anche di come fronteggiai con la stampa al fianco di John McCarthy direttore e capo della Cartier Maison, le cose andavano sicuramente a gonfie vele tranne che per la fame assurda che mi possedeva durante la giornata, forse Derek aveva ragione non erano sufficienti quell'insalata e quelle fette di pane integrale a pranzo, ma neanche i due pomodori la sera e un insalata di carote e finocchi. Mi sentivo stanca durante la giornata, mi allenavo costantemente nella palestra privata che Karina mi aveva consigliato, facevo quasi due ore al giorno di corsa sul posto, mezz'ora di bicicletta fino a ritrovarmi le gambe flaccide e doloranti. Erano passate due settimane da quando io e Derek uscimmo fuori a cena, due settimane dall'ultimo vero contatto che avevamo avuto. Mi mancava, ma forse era necessario concentrarsi sul mio lavoro di fatto mi trovai proprio lì quel giorno: in palestra, correndo sul tappeto e con il fiato di Karina sul collo.
-"Non vorrei darti pressioni ma Givenchy non approverà mai una taglia quaranta due perció, entro la settimana prossima vorrei che tu ci riuscissi, devi essere perfetta per la passerella"- respirai a fatica, sentivo molto caldo e le gambe quasi mi cedevano.
-"Credo sia un po' impossibile Karina, tutti questì chili in una settimana?"- correvo, correvo, e ancora correvo. Il fiato alla gola, il sudore lungo le tempie e sul petto, non volevo far altro che tornare nella mia tana.
-"Tutto è possibile cara basta volerlo, e adesso corri"- aumentai di livello, restai in quella palestra ancora per un'ora e mezza, quando vi uscì Karina insistette per accompagnarmi a casa, discutere dei nostri impegni davanti magari ad un bel bicchiere di vino rosso. Quella donna mi stava alle calcagna, come negarlo, ma al tempo stesso riusciva a farmi diventare qualcuno, a far sì che le persone non si dimenticassero di me, non ero più soltanto una stilista ed una povera sarta di Manhattan ero la top model di New York, colei che aveva sfilato per grandi marchi apparsa sulle migliori riviste di moda, era quello che volevo. Amai ed odiai Karina Jackson, per motivi differenti.
Dopo una veloce ed intesa doccia fredda, mi sedetti sul divano rosso assieme a quella donna, sorseggiavamo il nostro calice di vino, e sul tavolino pose tutte le riviste i giornali nei quali era presente il mio nome, chiacchierammo un po' poi il mio cellulare prese a squillare.
-"Megan!! Finalmente come stai?"- sorrisi, ero felice di poter udire la voce della mia amica, mi era mancata davvero molto in quel periodo.
-"Sei proprio una pessima amica!! Come hai fatto a non dirmi che eri finta su una rivista? Cazzo ti ho vista su Elle e su Runway e hai anche fatto un'intervista!!"- risi fortemente al suo entusiasmo, piegandosi quasi in due.
-"Meg, hai ragione avrei dovuto chiamarti"- risi.
-"Si, avresti proprio dovuto"- ridemmo di nuovo insieme.
-"Sono fiera di te piccola Steffens, lo sapevo che saresti arrivata lontano"-
-"Senza il tuo appoggio non ci sarei mai riuscita"-
-"Ehi, stai diventando sentimentale!!"-
-"Già, Derek non mi fa un bell'effetto"- mi massaggiai le tempie.
-"Io invece dico il contrario"- mi rabbuiai, pensando alle risposte che un giorno avrei dovuto dare a me stessa e ad egli.
-"Ti devo lasciare, ci sentiamo domani d'accordo?"-
-"Si, ti voglio bene"-
-"Anch'io"- sorrisi, staccai la chiamata.
-"Chi era?"- chiese la donna seduta al divano.
-"La mia migliore amica"- risposi un po' imbarazzata.
-"Bene, allora credo sia opportuno che iniziamo già ad organizzare il viaggio, Givenchy terrà il suo evento a Philadelphia, abbiamo parecchio lavoro da sbrigare.."- prese il suo tablet e vi segnò su un paio di cose che non ebbi modo di vedere.
-"Io adoro Givenchy, le sue creazioni sono uniche"- fantasticai.
-"Già, hai buon gusto cara"- sorridemmo, in quel momento udì uno scatto della serratura e pochi minuti dopo l'immagine di Derek con uno sguardo seccato mi si presentò davanti, incredibile quanto mi fosse mancato il suo viso.
-"Ehi ciao, Karina mi stava dicendo che partirò per Philadelphia tra due settimane verrai anche tu no?"- con un sorriso smagliante e gli occhi luminosi, gli porsi il più rassicurante sguardo del mio repertorio. Egli fece oscillare le iridi su entrambe le figure, si soffermò poi sulla mia.
-"Non posso, ho trovato l'edificio per la mostra"- non mi sembrò molto entusiasta a dire il vero.
-"Sul serio? Der ma questa è una bellissima notizia"- battetti le mani allegra come una bambina, lui guardò ancora una volta Karina poi sospirò.
-"Già"- si recò in cucina, era chiaro che qualcosa non andasse glielo si poteva leggere chiaramente in faccia, ormai lo conoscevo bene.
-"Scusami un secondo, torno subito"- sorrisi alla donna, che ricambiò di rimando concentrandosi sulla sua agenda degli appuntamenti. Raggiunsi la cucina a passi veloci, aveva fatto la spesa lo potei capire dalle buste di cartone che aveva appoggiato sull'isola della cucina.
-"Mi dici che succede? Perchè non mi hai detto della galleria?"- misi le braccia conserte, attendendo un verdetto.
-"Non volevo disturbarti"- attesi qualche secondo, prima di scorgere in lui la mancata voglia di essere davvero felice per se stesso e per me, per il sogno che stavamo entrambi realizzando.
-"Hai trovato ciò che volevi, finalmente puoi esporre i tuoi lavori ma non ti vedo entusiasta"- borbottai, egli iniziò col riporre la spesa al suo posto, avrei voluto dargli una mano ma onestamente fui più concentrata a capire cos'era che non andasse.
-"Lo sono infatti"-
-"A me non sembra"- risi sarcasticamente.
-"Sei acuta, da quando in qua guardi così affondo?"-

Ci risiamo

-"Derek parla chiaro, non mi va di litigare"- sbuffai. Stette in silenzio per qualche secondo, poi con un gesto violento tirò fuori dalla busta di carta il resto del cibo. Serrò le labbra, massaggiandosi infine la fronte e gli occhi.
-"Torna di la, non è un bene farla aspettare"- risentita, e probabilmente con il cuore in pezzi trattenni le lacrime. Sentivo Megan a telefono pochissime volte, Kristie riuscivo a beccarla raramente in ufficio Finch e Jess mi volevano bene nonostante fossi costantemente assente nella loro vita, e poi Derek, forse quella sua ossessiva e innata paura di perdermi non era poi così assurda. Mi piaceva essere una star, una top model e sfilare sulle più grandi passerelle e mi piaceva ancora di più parlare alla stampa con John della collezione che avevo creato per Cartier, ma ciò che amavo di meno era stare lontana dai miei amici e dalla mia quotidianità.
Non risposi, guardai nel vuoto mi soffermai a pensare guardando un punto indefinito poi finalmente riuscì a muovermi, girai i tacchi raggiungendo Karina in salotto. Quella sera parlammo molto, mi mostrò alcune sue foto con i più grandi attorti e stilisti com cui aveva lavorato, vestito parecchi pezzi grossi e mi disse anche che aveva conosciuto la stilista personale di Beyoncé. Chiacchierammo di moda e delle mie idee creative, commentano i look delle giovani modelle su alcune riviste che aveva portato con se, i suoi consigli erano molto preziosi stavo imparando molto. Ero nel mio mondo, tanto da dimenticarmi addirittura di cenare. Stranamente non avevo fame, bensì al posto del solito brontolio vi era un enorme magone che non si decideva assolutamente a sciogliersi. Quando la donna andò via furono le undici precise, Derek cenò da solo e lo ignorai per tutta la serata anche quando mi misi a letto e mi voltai completamente dall'altra parte.

***

Riuscivamo a beccarci a stento, e quando lo facevamo o egli risultava in collera con me o il contrario. Semplicemente la sua presa di posizione la considerai come un dispetto, un ennesimo modo di risultare arrogante ed egocentrico, nonostante rimanevo rapita ogni volta che lo scorgevo in salotto a dipingere, era bravo sul serio, pensavo, ogni volta che vi passavo di li per lasciare quella dimora. Quel mercoledì sera si sarebbe tenuta la sua prima mostra, oltre che all'inaugurazione, alla galleria d'arte Eden Fine Art Gallery precisamente nella 437 Madison Ave, che gli aveva concesso gentilmente di esporre i suoi lavori mettendoli anche all'asta. Grazie alla fama di suo padre, Derek trovava spesso la strada spianata per quanto egli odiasse suo padre c'era da riconoscere che la sua posizione con l'azienda aiutava in maniera fruttifera sia sua sorella che il sottoscritto. Sfortunatamente fu lo stesso identico giorno in cui John mi chiese di partecipare ad una riunione Briefing con l'azienda, come solito non potetti assolutamente rifiutare seppure avessi istaurato con John un rapporto confidenziale rimenva pur sempre il mio capo.
-"Ci sarai alla mostra stasera?"- magicamente verso le tre del pomeriggio riuscì a respirare qualche secondo, lontano da Karina e dai miei soliti impegni. Ero a casa, con gli occhi di Kristie puntati verso la pasta frolla che stavo preparando, l'avrei farcita con della marmellata all'albicocca, quella preferita da me e da Derek, ma io non l'avrei mangiata. Per rispetto dei chili che avrei dovuto perdere.
-"Lo spero, tuo padre mi ha coinvolto in una riunione"- cercai disperatamente di togliermi i residui di impasto dalle mani, mentre la palla morbida l'avvolsi in una carta trasparente e in un recipiente tondo.
-"Mio fratello ci tiene molto, ci resterà male se non ti vedrà arrivare"-
-"Lo so Kris ma cosa posso farci? Dovrebbe.. essere lui a capire me, invece pensa soltanto a se stesso"- mi asciugai le mani con un panno da cucina, dopo essermele lavate per bene.
-"Nina odio quando litigate, sul serio voi.. nha lascia perdere"- sorseggiò il calice di vino bianco che le avevo servito, anche io ne avevo uno ma con lo stomaco vuoto bevvi soltanto acqua, l'alcol avrebbe peggiorato le cose.
-"E no, non sopporto quando qualcuno lascia le frasi a metà"-
-"Dico soltanto che vi ostinate troppo, mi hai detto che vi siete baciati.. e be'? Adesso voglio le nozze"- per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva, ebbi perfino dei leggeri capogiri ma ero sicura che fossero legati ad altro.
-"Non ci sarà nessun matrimonio Kristie, siamo soltanto amici.. ci vogliamo bene e qualche volta commettiamo degli errori tutto qui"- ignorai i suoi occhi, non le dissi che in realtà quella sorta di relazione con benefici tra noi stava continuando anche dopo il bacio che le avevo rivelato a Las Vegas ma onestamente se gliel'avessi raccontato sarebbe stato come mettere tutto in faccia ad un muro, ed io non volevo. Volevo soltanto fare ciò che mi passava per la mente senza eticattature, senza conseguenze, ignorando tutto il resto. E stava funzionando, fin quando le cose improvvisamente per via del mio lavoro non cambiarono.
-"Quindi mi stai dicendo che quel bacio è stato un sbaglio"?-
-"Kris, ti prego non voglio parlarne"- cercai d'essere gentile, nonostante mi sentissi un vero straccio cercavo di sopravvivere.
-"Ok va bene.. non ti stresserò"- mi piaceva stare con la sorella di Derek, mi sarebbe piaciuto avere dei fratelli nella mia vita ed onstamente Kristie inizava a sembrarlo.
-"Questa è la tua cena?"- rise sconcertata, anche lei aveva trovato quel maledetto foglio che di continuo lasciavo in giro.
-"Si, perchè?"- feci spallucce.
-"Perchè un sedano e quattro carote non mi sembrano affatto una cena"-
-"A me piacciono e poi, se voglio essere perfetta per Givenchy devo perdere qualche chiletto di troppo"- le strappai diverita il foglio dalle mani, ella restò sconcertata e anche un po pensierosa.
-"E' Karina che ti mette in testa queste idee?"- fu improvvisamente seria, mi sentì scoperta come se qualcuno m'avesse intrappolata e poi trovata.
-"Karina cerca solo di mettermi in riga, pensavo di essere grossa già da prima"- mi sedetti sullo sgabello alto afferrai e il bicchiere con dentro il vino e me ne fregai di averlo sorseggiato con nulla sullo stomaco a poterlo sorreggere.
-"Tu grossa? Ma scherzi, sembri un grissino"-
-"Non abbastanza per le passerelle però"- sorrisi fiera, stavo cambiando idea su quella donna, la donna che era riuscita a farmi avere tutto quel successo assieme a John, non volevo perdere quel mondo, il mio.
-"Questo lo dicevo anch'io.. Karina fa così con tutte le sue clienti"-
-"Ma insomma, non capisco cosa avete tutti contro quella donna? Ok, ha uno sguardo agghiacciante ed è severa ma credimi se non fosse stato per lei non sarei mai apparsa su quelle riviste"-
-"Lo so, ma ripeto, sta attenta"- prese la sua giacca la borsa e mi lanciò un sorriso intristito per poi abbandonare la villetta e lasciandomi sola con un calice di vino e lo stomaco in pre dalle grida di aiuto.

Passarono ore, ed io fiera nella mia giacca di tweed ero seduta in sala riunioni osservando ogni dieci minuti il mio orologio sul polso.
-"Andrà tutto bene Steffens"- mi rassicurò egli, ma la gamba destra che continuò a dondolare accavallata sulla sinistra mi tradì in pieno.
-"Si ehm.. non ne ho il minimo dubbio ma devo andare via alle otto ho promesso a Derek che sarei andata alla sua mostra"-
-"Ah già..la mostra"- si strofinò il mento , io guardai fuori dalla finestra per ingannare il tempo.
-"Non ci sarai?"- mi faceva ancora strano potergli dare del tu, in ogni caso stavo sempre attenta a non risultare troppo invandente informale.
-"No, credo proprio di no ho troppo lavoro da sbrigare e poi mio figlio non ci tiene alla mia presenza"-
-"Questo non è vero"- in realtà sapevo che quel ragazzo odiasse molto suo padre, ma sapevo anche che come me, quella risultava essere soltanto una scusa, una di quelle da cui ci copriamo dai nostri e dagli errori altrui. Gli sorrisi dolcemente, lanciandogli uno sguardo rassicurante.
-"Mi piacerebbe davvero, crederci"- inaspettatamente mi strinse il dorso della mano, mi sentì spaesata da quel gesto ma anche confortata. Infondo, come mia madre aveva sbagliato con me anche John aveva sbagliato con suo figlio, niente poteva essere perduto per sempre. La riunione proseguì bene, fui fiera di essere arrivata ad alti livelli di schierarmi dalla parta alta di John mi faceva sentire fiera di me stessa, non molto però per quanto riguardasse il bene dei miei amici, e di Derek.
Per mia sforturna ci furono delle complicazioni, carte da firmare somme di denaro che mi fecero sbarrare gli occhi, un miscugolio di cose che mi fecero essere in netto ritardo.
-"John, mi dispiace devo andare"- osservai l'orologio al mio polso e una volta arrivata a casa mi restavano soltanto quindici minuti per preparami e non deludere nuovamente quel ragazzo.
-"Nina.. lo so che devi andare, ma qui le cose si complicano resta almeno qualche altro minuto"- m'incitò egli, una volta lontano dal gruppo di finanziatori e Cool Hunter. Mi strofinò il braccio, sperando di convincermi.
-"Credimi vorrei restare, sul serio ma.."-
-"Niente ma, io sono il tuo capo e questa cosa è importane la mostra di mio figlio può aspettare"- sorrise, si allontanò dopo avermi lanciato un buffetto affettuoso sul braccio che onestamente non gradì affatto. Passavano i minuti, e non fecevo altro che pulsare gli occhi sul piccolo orologio al mio polso, avevo le palpitazioni dovevo andare via ma allo stesso tempo non potevo, John era il mio capo e io ero in trappola.
Finalmente, seppure con mezz'ora di ritardo, riuscì a sgattaiolare nella mia macchina ed accendere il motore per partire velocemente. Non ci misi molto a scegliere cosa indossare a Derek piacevano molto un paio di jeans con i lembi leggermente strappati, diceva che mi fasciava bene e dava in mostra il mio fondoschiena quando me lo disse la prima volta avrei voluto schiaffeggiarlo in viso, ma quando me lo ridisse in un secondo momento  risi come una matta, arrossendo. Misi quelli saltellando per casa, decisi di raccogliermi i capelli in una cipolla bassa e con dei ciuffi ribelli sul viso, rossetto rosso e sui jeans vi abbinai una leggera camicetta stile maculata che pensai si abbinasse molto bene sui quei jeans. Presi il tranch, i sandali con il tacco alto le chiavi e saltai nuovamente in auto.
-"Cazzo.. è tardissimo"- mentre guidavo verso la galleria, il cellulare prese a squillare saettai lo sguardo sullo schermo cercando di mantere però la concentrazione alla guida.
-"Kristie"- risposi affannata.
-"Nina ma dove sei, ti sto aspettando"- mi morsi il labbro inferiore, rattristata e in colpa per il mio ennesimo ritardo.
-"Sto arrivando, Derek è con te?"-
-No, è in giro perchè?"-
-"Nulla.. soltanto, digli che sto arrivando"- ella acconsentì, poi staccammo la telefonata. Inciampando nei miei stessi piedi arrivai al grande edificio vetrato e dai mattoni rossastri vi entrai ed era colmo di gente impressionata e intenta ad osservare i dipinti di quel giovane ragazzo appesi alle pareti bianche e stuccate. Mi guardai attorno, cercando di scorgere qualche viso familiare, l'ambiente era avvolto da una musica lenta e classica, virai il capo a destra e a sinistra affannata e con l'acconciatura un po sciatta. Ci fu una persona poi che mi blocco il respiro nel petto e mi fece venir la nausa.
-"Alice"- esclamai, arrivandole alle spalle.

Cosa diavolo ci faceva li quella smorfiosa?

Derek la frequentava?

Andavano ancora a letto insieme?

Mille domande m'affilassero nel momento in cui affondai nelle sue iridi compiaciute e allegre, in mano teneva un bicchiere era vestita stranamente con un abito viola e stretto sui fianchi, stava chiacchierando con delle persone che onestamente non conoscevo. Nessuna traccia di Jake, ne tanto meno di Ronny o Brad, era apparentemente sola.
-"Ma guarda un po' chi si rivede.."- cinguettò con un fastioso sorrisetto malizioso sulle labbra. Incrociai le bracci al petto, assumendo così un espressione di sfida.
-"Che cosa ci fai qui?"- divenne seria, io fiera della mia nuova sicurezza interiore m'avvicinai osservandola dal basso verso l'alto.
-"Potrei farti la stessa domanda"- mormorai.
-"Derek è stato così gentile da invitarmi, non trovi anche tu che sia stato carino?"- roteai al cielo gli occhi, per via di quel sorriso compiaciuto e la voce stridula come un pianoforte scordato.
-"Carino? Ha invitato qui un centinaia di persone, credo tu sia come tutti loro"- non seppi neppure dove ne trassi la forza e il coraggio ma onestamente quella ragazza l'avevo sempre odiata fin dall'inizio. Lei e Derek avevano sempre avuto una strana intesa, forse a lui piacevano quel tipo di donne ben scoperte e con i seni all'aria.
-"Anche tu, a quanto pare"- sogghignò, e mi sarebbe piaciuto strapparle ogni millimetro di capello dalla testa, ma mi trattenni ero una persona di una certa fama adesso non potevo mica comportarmi come una campagnola.
-"Non tiriamole per le lunghe, hai visto Derek?"- sbuffai ormai seccata dalla presenza di quella persona.
-"Si credo di si, è in fondo alla sala"- storsi il naso, e currugai la fronte non m'aspettavo di certo che fosse stato così facile, qualcosa mi puzzava la sua gentilezza non mi sembrava poi così sincera. Non mi tolsi il cappotto, le urtai la spalla senza dirle altro la sentì soltanto sghignazzare. Arrivai infondo dove Alice mi aveva indicato, alternando sguardi alle pareti e ai dipinti, profondi e scuri altri allegri e colorati, c'era del talento che traspirava da quelle tele ne ero certa. Ma il sorriso che sfoderai nel vedere quei quadri spettacolari morì non appena scorsi quel ragazzo a qualche metro di distanza da me, con in mano un calice e l'altra posta sul fianco di una giovane ragazza dalla pelle un po scura, dai ricci gonfi e un abito rosso succinto. Mi pietrificai quando la sua lingua finì nella bocca di quella sconosciuta, il mondo attorno a me si spense sbattetti più volte le palpebre sperando di svegliarmi da quell'incubo infernale. Ma non fu cosi, al contrario inconsciamente fuoruscirono delle lacrime che tamponai in un lampo. Deglutì, li osservai ancora lui era avvinghiato a lei e le sorrideva alternando parole sussurrate all'orecchio, lei ridacchiava fingendosi imbarazzata. Lo stomaco si chiuse in una morsa, il cuore perse qualche battito e rotolò su se stesso, il naso mi pizzicò e temetti altre lacrime in procinto.

Ma perchè cazzo sto piangendo?

Ciò che mi fece male di più fu il non sapere il motivo di quel pianto e quel malessere inaspettato, al contrario da migliore amica sarei dovuta essere contenta per Derek congraturlarmi con quella ragazza e stringerle magari la mano presentandomi. Invece rimasi li, impalata con i piedi inchiodati al pavimento lo stomco sotto sopra e il cuore in procinto di esplodere. Un ondata di calore mi pervase, allo stesso tempo percepì la pelle d'oca, mi sentivo ridicola, stupida, insignificante, una nullità, a Derek non servivo io ma i soldi e le donne da portarsi a letto. Lui non mi notò, troppo impegnato a palpeggiare il sedere di quella ragazza, improvvisamente trovai la forza di voltarmi di respirare affondo e incamminarmi leggermente verso l'uscita.
-"Salve lei è Nina Steffens vero? L'ho vista su Runway qualche giorno fa"- non mi accorsi neanche che alla mostra erano presenti sei giornalisti, non ebbi il tempo datone il mio immediato shock, uno di questi mi si avvicinò teneva in mano una macchina fotografica.
-"Mi scusi.. non è il momento"- pigolai, asciugandomi una lacrima scorsa, egli scrisse qualcosa sul suo taccuino.
-"Ha un volto molto esotico, fresco mi piacerebbe farle qualche domanda"- la sua voce divenne sempre più ovattata, lo ignorai completamente ma ancor prima che potessi uscire da quel luogo venni urtata da qualcuno.
-"Nina!! Finalmente, ma che fine hai fatto?"- trasalì, Kristie mi aveva già presa per un braccio, probabilmente si sarà spaventata datone la mia espressione pallida quasi come se avessi visto un fantasma e gli occhi arrossati.
-"Mi dispiace, tuo padre ha insistito perchè rimanessi ma ora sto andando via"- parlai infretta, volevo andare via di li prima che Derek potesse vedermi in quello stato.
-"Cosa? No, non andartene"- le guance arrossate mi traditrono così come la voce incrinata.
-"Va tutto bene Nina?"- il suo dolce tono servì a farmi rattristare maggiormente, ma come avevo fatto a farmi coinvolgere così tanto da quella famiglia.
-"Si va tutto, adesso devo solo... andare"- le baciai velocemente la guancia, lasciandola li all'entrata con un bicchiere in mano e con un pugno di mosche.
Quando fui in auto, ebbi il tempo e il modo di metabolizzare il tutto, il che fece più male del previsto. Cosa pretendevo da quel ragazzo? Che fosse mio prigioniero che dovesse frequentare soltanto me? Io volevo libertà, anzi, la pretendevo nella maggior parte delle volte ma allora perchè non riuscivo a provare per Derek ciò che invece provavo per me? Il momento sarebbe arrivato, dovevo aspettarmelo che avesse prima o poi frequentato altre ragazze, che ne avesse toccato, baciato, delle altre io non ero la ultima ma nemmeno l'unica. La mia incoerenza, il volerlo baciare senza però dirgli ciò che provavo veramente, il volergli saltare addosso continuamete senza però dargli dopo delle spiegazioni, il voler a tutti i costi essere avvinghiata a lui senza definirci due persone innamorate m'aveva portato a questo, a quell'insopportabile vuoto, che provai nel momento in cui le sue labbra avevano toccato quelle di un'altra ragazza. La parola amici ormai per noi assumeva diverse e tante sfumature, d'altro canto me l'ero cercata. Mi ero beccata il ragazzo egocentrico, arrogante e preseuntuoso ma anche sensibile e romantico, più di quanto egli volesse ammettere a se stesso. M'ero lasciata coinvolgere, ero diventata un'ipocrita, completamente. Ci sono stati dei momenti, in cui la parola amicizia tra di noi non è mai esistita, eppure mi ero sempre imposta di non andare mai oltre quel confine, di restare li dove nessuno dei due si sarebbe fatto del male, la rabbia che covavo dentro veniva fuori nel momento in cui mi rendevo conto che con i sentimenti altrui non potevo fare di certo ciò che volevo, potevo ignorare, ingannare e ragirare i miei ma non quelli delle altre persone, specialmente il suo. Strinsi il volante più che forte che potetti, gli occhi si velaroni di lacrime dandomi una visione offuscata della strada. Un'amica normale gli sarebbe andata incontro l'avrebbe salutato calorsoamente e si sarebbe congratulata per la sua prima mostra, invece ero scappata, m'ero fatta prendere da un'ansia e una paura incontrollabilmente nuova, gelosia inaspettata e il solito coraggio che mi mancava per affrontare gli esseri umani che mi circordavano. Non ebbe alcun senso quel mio atteggiamento, scappare per nascondermi da quel sentimento che cercava di venire fuori ogni volta di più invece di affrontarlo e prendere Derek da parte magari stampargli un bacio sulla bocca e dirgli che ero gelosa, maledettamente gelosa che nonostante fossi piena di impegni, sfilate, riviste ed inverviste a casa volevo tornarci solamente per rivedere la sua faccia da schiaffi. Dirgli che avevo sbagliato, che quella sera a Parigi dopo aver fatto l'amore avremmo dovuto parlarne, quella mattina a Las Vagas avremmo dovuto guardarci intensamente e lasciare che le parole più celate scivolassero come fiume in piena. Ma no, non era stato così, ci eravamo ammalati l'uno dell'altro, stavamo diventando come una mela marcia senza aver prevenuto anzichè curato. Niente di tutto ciò era mai accaduto, tutto c'era semplicemente scivolato di dosso sperando che prima o poi nelle nostre menti e nei nostri cuori tutto sarebbe svanito un giorno, dal nulla. Avevo pianto per tutto il tragitto, perchè avevo abbandonato i miei amici perchè non avevo più tempo per me stessa, perchè pretendevo da una persona ciò che in realtà non mi spettava affatto. Derek non era il mio ragazzo, neanche mio marito, per cui la sua irrefrenabile voglia di baciare ragazze al vento ed averci un accenno di relazione mi mandava in panico, soffrivo più di quanto c'avessi mai creduto, lui l'aveva già una relazione, con me. Mi spogliai, senza neanche farmi una doccia o mettermi il pigiama ma afferrai le prime cose che vidi sulla sedia, una tuta grigia e una canotta nera senza maniche. Mi struccai velocemente recuperando anche le lacrime scorse che avevano inondato il viso. Dopo minuti di meditazione sul cosa fare, presi la coperta azzurra e mi diressi in camera sua, quella nella quale da mesi mi rifugiavo per avere un sonno delicato e gentile, ma anche per sentire addosso le sue mani, quelle che mi avvolgevano durante la notte o prima di addormentarmi. Mi distesi su quel morbido materasso dalla trapunta blu cobalto. Osservai alcuni dei suoi fumetti posti sul comodino, il lume squadrato e acceso, infine il posto vuoto accanto al mio. Non avevo cenato, per l'ennesima volta ma lo stomaco non replicò affatto sembrò essersi chiuso e raggomitolato in se stesso senza alcuna voglia di essere disturbato.
Chiusi gli occhi per un po, senza neanche accorgermene, quando mi risvegliai guardai la sveglia elettronica sul comodino che segnava le tre del mattino. Anche la serratura che si apriva mi fece svegliare oltre che a trasalire, sia perchè sarebbe stata l'ora del verdetto sia perchè sola nel cuore della notte mi sentivo più indifesa che mai. Udì dei passi pesanti, le chiavi che si sbattevano sul piattino d'argento, un sospiro e dei muscoli sgranchirsi. Il frigò si aprì, e lo immaginai avvolgere le sue labbra attorno a qualche lattina di succo di frutta. Mi voltai verso l'armadio ignorando il posto vuoto dietro il mio, raggomitolandomi su me stessa in posizione fetale e nascosi il viso nell'incavo del braccio. Quando la porta s'aprì, un leggero fremito m'oltrepassò il basso ventre.
-"Ah, sei qui"- esordì, mi parvero passati anni luce prima che potessi udire di nuovo la sua voce profonda e roca. Solo allora ebbi l'opportunità di vedere com'era vestito, li alla mostra le mie iridi s'erano soltanto impiantate sulle loro bocche e sulle avide mani di egli. Indossava un completo elegante blu, spezzato da una camicia bianca e leggermente sbottonata sul davanti. Si tolse le scarpe e la giacca. Non risposi, mi limitai a sospirare, no, non potevo essere arrabbiata con lui per quel motivo.
-"Pensavo che saresti venuta"- percepì una leggera nota di amarezza nella sua voce, di tristezza, cosa che mi fu difficile da accettare.
-"Sono venuta infatti"- sibilai, stringendomi sempre di più nella coperta. C'era buio nella maggior parte della stanza, se non per la fioca luce gialla del lume.
-"Non mi pare di averti visto"- si sbottonò la camcia e l'unico bottone del pantalone. Sorrise di sghembo, grazie alla mia insolita schiettezza e impulsività mi sollevai dal materasso gettando la schiana alla spalliera e le braccia incrociate al petto. Mi guardò un po spaesato, premendo gli occhi sulle mie esili braccia e sul petto, dove non portavo il reggiseno. Rabbrividì, ma decisi che dagli ormoni non dovevo assolutamente farmi prendere.
-"Si, sono venuta che tu ci creda o no, anche Kristie mi ha vista"- borbottai, ero stanca di starmene zitta era il momento di reagire.
-"Credevo avessi di meglio da fare"-
-"Infatti, ma poi ho deciso di venire"- ringhiai, egli restò curioso dal mio atteggiamento ma anche stizzito. Una canotta prese il posto della camicia, mentre i suoi pantaloni restarono sbottonati. Mi guardò a lungo, riflettendo sul da farsi poi chiuse a coppa le sue mani coprendosi il naso e la bocca, vagò a destra e a sinistra in maniera irrequieta.
-"Si può sapere che diavolo ti prende?"- mi puntò l'indice contro, ansimando.
-"Non lo so, dimmelo tu"- feci spalluce, egli con le ginocchie si pose sul letto sporgendosi verso la mia figura. S'umettò la labbra, facendomele desiderare di nuovo ardentemente, ma scacciai quel pensiero. Mi guardò serio, rigido così come i suoi muscoli del collo e delle braccia.
-"Vuoi sul serio che te lo dica?"- sussurò severamente, ebbi paura all'inizio ma poi piantai le iridi in quegli oceani che seppure fossero cupi e incolore riconobbi fin da subito.
-"Sono tutt'orecchi"- feci la finta schizzinosa, ma poi sobblazai e sbarrai le palpebre. Derek aveva dato un pugno nell'armadio. Era da molto tempo che non sfociava in quei gesti così violenti, rabbridì pensando all'ultima volta.
-"Tu mi farai impazzire"- si massaggiò le tempie, e si mandò indietro i capelli con un solo gesto.
-"E tu ? No.. tu-tu puoi andare in giro a baciare chiunque e a palpeggiare le ragazze in pubblico senza ritegno"- ringhai ferocemente, ma mi zittì mentalmente maldicendomi per ciò che mi era sfuggito. Nasconsi lo sguardo altrove avvampando, egli si sedette accanto alle mie cosce, penetrandomi in maniera insistente con lo sguardo.
-"Ma che cazzo dici?"- quella voce fu così bassa che mi fece tremare come una corda di violino.
-"Hai sentito"- lo sfidai con prepotenza.
-"Be' scusami zucchero se mi scopo anch'io qualcuna mentre tu sei impagnata a giocare a fare la snob in giro"-
-"Io non sto giocando Derek, questa è la mia vita"- arricciai le labbra, egli mi zittì con un dito sulle bocca non facendo scontrare però la nostra pelle.
-"Shh, la tua vita non è questa.. tu volevi fare la stilista ma quella donna del cazzo ti sta rovinano lo capisci?"- quella voce, nel silenzio intera della stanza mi parve essere quella di un mostro feroce, capace di saltarti addosso in men che non si dica.
-"No ti sbagli"-
-"Non mi sbaglio affatto zucchero, questa è la verità ma sei troppo codarda per ammetterlo"- terminò, e si allontanò da me trascinando la sua scia di profumo al sandalo, stette per aprire la maniglia quando fui colta da improvvisa ondata di esplosione.
-"E va bene d'accordo. Sono un'ipocrita, incoerente e sto perndendo il controllo delle cose ma quando sono arrivata li e ti ho vista toccare quella ragazza in quel modo io.. io mi sono sentita come tutto il resto, come una persona usa e getta ma la cosa che ho odiato di più è che..sono, sono così gelosa di te"- mi asciugai la lacrime con i dorsi delle mani, i singhiozzi non tardarono ad arrivare mi scostai le piccole ciocche bagnate dal viso. Ero in ginocchio, sul materasso non molto lontano dalla sua figura eretta alla porta. Egli deglutì, mi osservò profondamente quasi a volermi spogliare della propria anima.
-"Tu, sei gelosa?"- una scintilla mi parve di intravedere nei suoi occhi a forse mi sbagliavo, forse no, ero troppo poco ludica per rifeltterci. Improvvisamente il suo tono era ritornato quello di prima, calmo ma cupo.
-"Si, sei contento adesso?"- strillai, con tutta la voce che mi sentivo di possedere in corpo. Una vena mi pulsì al collo, e le guance infuocate completarono quel disperato quadro ch'ero. Non ebbi il tempo di elaborare le mie parole, che in men che non si dica mi afferrò e io mi ritrovai stretta al suo petto con la guancia premuta al suo addome. Mi stava abbracciando, qualche piccola dose in più di forza e m'avrebbe rotto le ossa.
-"Mi manchi, hai capito?"- piansi nuovamente, inumidendo così il tessuto della sua canottiera, premetti la guancia al lato del suo cuore sperando di sentirne il battito. Mi sentì riempire a quella frase, anche lui mi mancava ma ero troppo cordarda per darlo a vedere.
-"Non voglio perderti, non devo assolutamete perderti Nina Steffens, ho bisogno che tu resta"- chiusi gli occhi, avvolgendo le braccia al suo bacino.
-"Quando ti ho visto baciare quella ragazza, ti ho odiato.."- mi lasciai sfuggire ancora, quel ragazzo mi rendeva troppo emotiva. Ci staccammo, mi abbracciò le guance con entrambe le mani scacciando via i residui di lacrime ai lembi degli occhi, premette la fronte contro la mia e insiprò forte. Mi aggrappai ai suoi polsi.
-"Stavo cercando di togliermi questo dalla testa"- un movimento, un solo ed intenso gesto. Affondò con le labbra nelle mie, ed io rinacqui come un bocciolo in piena stagione primaverile. Mi assaporò facendo scivolare la lingua nella mia bocca, scoprì con molto piacere che il gusto fu un misto tra champagne e succo di pera, uno strano abbinamento ma unico il più buono che avessi mai assaggiato.




#ANGOLOAUTRICE

È sempre difficili ammettere i propri sentimenti, nasconderli è la peggior arma.

Miss Adams ❤️

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