-Buongiorno Noemi- la voce di Paulo al mattino è roca e mi fa venire la pelle d'oca.
-Mhh- mugugno per poi stropicciarmi gli occhi come una bambina piccola, impedendogli di avvicinarsi a me e lasciarmi un bacio sulla fronte. -'Giorno-
-Che ore sono?- domando prima di sbadigliare sonoramente.
-Le sei e mezza.- risponde -non credo sia un problema se per una volta invece di arrivare alle otto e mezza all'università, arrivi alle nove- aggiunge.
-Invece sì, lo è- borbotto per poi mettermi seduta sulla testiera del letto per stiracchiarmi meglio la schiena.
-Sembri un gatto quando lo fai- dice ad un tratto.
-Cosa?- chiedo, la voce ancora assonnata.
-Quando ti stirasci-
-Si dice stiracchi, non stirasci- lo correggo -Sei proprio uno sgrammaticato-
-Non è colpa mia se non sono cresciuto in Italia-
-Nemmeno io l'ho fatto- ribatto.
-Beh, però tu hai preso corsi di italiano al liceo per andare all'università in Italia. Io no. Però mi ami lo stesso- sorride malizioso.
-Forse sì, forse no, chi lo sa- ridacchio. Paulo si siede difronte a me sul letto e si posiziona in mezzo alle mie gambe nude, coperte ancora dal lenzuolo.
-Allora non ti dico la proposta che mi era venuta in mente- mormora, ad un centimetro dalle mie labbra.
-Spero tu non mi voglia chiederti di sposarti- rido e intanto lui si fa sempre più vicino al mio viso.
-Non credo sia ancora il momento, sai? Però se proprio ci tieni...- sussurra provocandomi mille brividi lungo tutto il corpo.
-Dai, smettila di fare il cretino e dimmi quale brillante idea ti è venuta in mente questa volta-
Gli angoli della bocca di Paulo si alzano verso l'alto, facendolo sembrare un bambino e ringiovanendo il suo viso di almeno una decina d'anni.
-Avevi in mente di fare qualcosa durante le vacanze di Pasqua?-
Quella mi coglie completamente di sorpresa.
-Non siamo nemmeno a metà marzo, quindi no, non ho ancora nessun piano per Pasqua, che domande sono!- anche il mio, di volto, si apre in un sorriso nonostante non ne capisca bene il motivo; forse è solo che stare con Paulo mi rende così allegra e felice, chi lo sa.
-Ora io ti faccio una proposta però tu mi devi promettere che non mi picchierai, okay?-
-Ah, no. Io non ti prometto un bel niente- controbatto e lui scoppia a ridere per poi farmi la linguaccia.
-Che ne dici di andare in Argentina?-
Boom. La bomba è stata lanciata.
-In Argentina?- ripeto.
-Sì, proprio lì.- risponde. I suoi occhi sembrano come illuminarsi. -Quando mia madre è venuta qui, per Natale, ti ha conosciuto come la sorella della mia ragazza, perché a quei tempi stavo ancora con Oriana. Ora voglio poterti presentare come la mia ragazza ufficiale e farti conoscere tutta la mia famiglia, i miei fratelli e i miei amici più stretti lì in Argentina come si deve-
Credo mi stia per esplodere il cuore nel petto. Mi sembra che quest'ultimo, infatti, abbia già perso due o tre battiti nel giro di trenta secondi.
-Paulo, io...ne sarei onorata- il suo sguardo, a quelle parole, sembra illuminarsi ancora di più di gioia e di felicità. -Ma tu sai che c'è la possibilità che Oriana lo venga a sapere e che...-
-E che ci venga a cercare? Sì, lo so.- continua la frase per me. -Ma io voglio veramente andarci insieme e credo sia uno dei miei sogni più grandi. Per favore- mi supplica, la voce ridotta ad un misero sussurro.
Allora io lo guardo, intenerita da quegli occhi lucidi che mi stanno pregando di accettare la sua proposta e di farmi mettere su un areo dritto in Argentina per trascorrere lì le vacanze di Pasqua insieme a lui e alla sua famiglia.
E in quel momento capisco anche che il mio cuore ha già scelto che decisione prendere.
-Okay, okay. Partiremo-
Senza nemmeno che io me ne renda conto, Paulo mi ha già circondato con le sue braccia possenti e mi sta stringendo stretto contro il suo petto muscoloso, in un abbraccio quasi perdifiato. Cattura le mie labbra in un bacio passionale, pieno di amore e di necessità.
-Ti amo. Ti amo. Ti amo. Nessuno mai e poi mai potrà farmi cambiare idea- dice e poi mi bacia di nuovo.
*
-Hai paura che tua sorella si possa vendicare?- mi domanda Manon ad un certo punto della nostra conversazione.
Credo sia la prima volta che invece che parlare nella biblioteca dell'università con Edoardo accanto a noi, siamo venute ad un bar difronte la Bocconi perché oltre al fatto che volevamo parlare tranquillamente, senza preoccuparci di alzare troppo il tono della voce o cose del genere, avevamo entrambe bisogno di una pausa dallo studio e di un caffè risanante.
-Non credo che siamo rimasti al liceo, insomma. Ha ventidue anni, non quattordici. Non penso che cerchi vendetta o altro- sospiro.
-Però hai lo stesso paura di andare in Argentina. Non capisco-
-è che non voglio vederla- sbotto all'improvviso -Non voglio incrociare i suoi occhi, non voglio sentire la sua voce e non voglio guardarla in faccia-
-In poche parole vuoi evitare un confronto con lei perché ti senti in colpa poiché credi di averle portato via il fidanzato...- mormora la francese per poi prendere la tazzina fra le sue mani e bere un sorso del suo caffè amaro, senza nemmeno un cucchiaino di zucchero come piace a lei, infatti lo prende sempre così.
-Io non le ho portato via il fidanzato!- sbuffo ad un tratto. -O meglio...non lo so. Forse è come dici tu, chi lo sa. Io non ci capisco più niente-
-Io non ho detto che tu lo hai fatto. Ho detto che tu credi di averlo fatto. Questo è perché tu non hai fatto pace con te stessa e non ti sei chiarita le idee quando tua sorella ha lasciato il Paese ed è tornata in Argentina- mormora Manon.
-E poi pensi di essere una brutta persona, ma credimi che non lo sei! Il solo fatto che tu ti senta in colpa dimostra che hai un cuore d'oro. Insomma, tu e Paulo vi amate. Siete fatti l'uno per l'altra e di certo non lo avevate previsto né lo avete fatto apposta. Vi siete incontrati e vi siete innamorati. Chi può farvene una colpa?-
-Nessuno, perché se il destino ha voluto che voi vi incontraste vuol dire che era scritto nel fato- aggiunge sorridendo.
-Come sei saggia...mi sembra di leggere una frase di "Colpa Delle Stelle". Hai mai pensato di fare la scrittrice di film smielati invece di prendere giurisprudenza?- la francese scoppia a ridere a quelle mie parole ed io con lei.
-Comunque mi sento in colpa da morire- dico improvvisamente.
-Perché?- mi chiede Manon che ha già finito il suo caffè e guarda la tazzina vuota con tristezza.
-Perché quando sto con te parliamo sempre dei miei problemi con Paulo o di Paulo e basta. Qualche volta parliamo anche dell'università ma non parliamo mai di te o della tua vita e mi dispiace tanto...- mi sembra di essermi tolta un peso dal petto.
-Tu sei completamente matta!- ride la ragazza dagli occhi verdi -A me piace parlare di te e della tua relazione con Paulo e non me ne sono mai lamentata perché la tua vita è molto più emozionante della mia e quindi mi piace sentirti parlare-
Un sorriso spontaneo nasce sulle mie labbra. -Davvero non ti dà nessun fastidio?-
-Ma certo che no, malata! Sennò ti avrei già abbandonato e ora non mi avresti più come amica.- ridacchia -Poi la mia vita è noiosa, almeno in questo modo ho te e i tuoi drammi a cui pensare- aggiunge.
-Ma davvero tu non ne hai? Non lo so...Edoardo non lascia la sua parte di appartamento in disordine o cose del genere?- domando continuando a sorridere.
-Ma stai scherzando? Edoardo è più ordinato di me! A volte mi sembra un maniaco psicopatico per quanto è ossessionato dall'ordine. Secondo me è anche lui malato come lo sei tu. Ho tutti amici matti!- ride di nuovo e io non posso fare a meno di ridere con lei.
-E non ti piace nessuno? Insomma...non provi interesse per qualche ragazzo?-
Non risponde ma il suo sguardo si rabbuia inspiegabilmente.