Daughter of Evil

By Stella-Swan

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"E se tu diventassi ciò che odi di più?" L'ultimo discendente di Dracula, Henry, è morto e ora Kim è ad un so... More

Daughter of Evil
Tuo di diritto
Ognuno è artefice del proprio destino
Chi lo avrebbe mai detto
Questioni di sangue
Ad occhi chiusi
Nell'aldilà
La nuova cacciatrice
Un'infrenabile tentazione
La mia migliore amica
Ciò che tu vuoi
L'alternativa
Due anni lunghi una vita
Piccola riunione madre-figlia
Una marea di ricordi
Qualcosa di imperdonabile
Io avrei qualcosa da ridire
Un passo verso la soluzione
Indietro nel passato
Come uccidere il diavolo
La figlia del diavolo
Epilogo - Tornerò, prima o poi
Anticipazioni "Hurricane"

Un vampiro ferito è un vampiro affamato

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By Stella-Swan

Un vampiro ferito è un vampiro affamato

Il giorno dopo non vidi Derek e così nemmeno per quello seguente e quello dopo ancora. Gli alunnisembravano ormai piuttosto rilassati. Le vacanze di Natale avevano fatto bene a tutti quanti.

Non si poteva certo dimenticare, però, l’ultimo incidente avvenuto a scuola, nemmeno un mese prima. Quella ragazza trovata dissanguata – Sarah Olsen, avevo sentito dire – nel corridoio della scuola. E ogni notte, da quel giorno, avevo sognato lo sguardo truce e sadico di Victor: mi prosciugava, come se avesse voluto mangiarmi viva.

Il professor Tunner sembrava nascondere qualcosa, ma non avevo idea di cosa potesse essere. Certe allusioni che faceva, il modo in cui studiava Derek da dietro le sue lenti rettangolari. Era come se sapesse qualcosa sui vampiri, ma era quasi impossibile. Nessuno avrebbe mai potuto sospettare del mio compagno di italiano, siccome nemmeno io ero stata in grado di capire che fosse un vampiro. Forse perché non credevo che gli Stregoni Benefici esistessero sul serio, tantomeno dei vampiri in grado di camminare alla luce del sole.

Avevo scoperto che era grazie al rubino che la principessa Tia, mia antenata, avrebbe dovuto proteggere che permetteva ai vampiri di camminare indisturbati di giorno. Non ero ancora riuscita a capire come una semplice gemma potesse evitare loro di bruciare, ma era tutto vero. Victor, grazie al suo potere chiamato “compressione temporale” era tornato ai tempi dell’Antico Egitto e aveva rubato il rubino, permettendo quindi ad alcuni della sua specie di mostrarsi alla luce del sole. E per questo motivo Derek poteva venire a scuola, cancellando ogni sospetto a suo riguardo: portava sempre al dito l’anello d’oro giallo col rubino incastonato in esso.

Tornai poi a pensare a me stessa, da buona egoista quale ero in certe situazioni.

Riuscivo a percepire l’assenza di Derek, che forse mi faceva bene. Alcuni alunni sembravano nemmeno notare la differenza ma per me, invece, era perfettamente notabile. Mi sentivo più rilassata quando ero con Gabriel, ma nervosa quando entravo nell’aula di italiano e non lo vedevo.

Sapevo che era stupido preoccuparmi per lui, ma infondo gli sarebbe potuta capitare qualsiasi cosa e non lo avrei mai saputo.

Per quel motivo, forse, mi voltai verso il suo banco nonostante sapessi perfettamente che non si trovava lì, intento a studiarmi come era solito fare all’inizio dell’anno. Mi sembrava quasi di intravedere le sue iridi viola che perforavano la mia schiena, ma era solo frutto della mia immaginazione. E Ashley Proud, seduta accanto a me, mi aiutava a ricordare che non ero da sola coi miei pensieri.

Non aveva mai fatto parola sull’incidente e la conseguente morte di Sarah Olsen, né accusò me o Derek dell’accaduto. Mi accorsi invece che osservava sempre Logan in modo curioso, più o meno come fissava Derek all’inizio delle lezioni, quando era convinta che sarebbe stato suo. E la cosa che mi colpì di più era il fatto che anche il cowboy ricambiava i suoi sguardi e le sue attenzioni.

«Derek è da qualche giorno che non è a scuola. Sai per caso perché?» mi chiese Sheila, la mia migliore amica, durante l’ora di pranzo. Gabriel dovette scuotermi il braccio per farmi rinvenire dal mondo dei miei pensieri.

Alzai di scatto la testa, sbattendo le palpebre qualche volta. «Eh? No, non lo so» risposi confusa. Tutti mi guardarono sospettosi al tavolo. Paul e Dustin stavano mangiando l’insalata, Tiffany e Rachel avevano interrotto la loro conversazione. Logan giocava col coltello di plastica, mentre il mio ragazzo non mi aveva ancora tolto gli occhi di dosso.

«Sembri un po’ assente col cervello in questi giorni. È successo qualcosa?» chiese Rachel, in modo tanto grazioso. La sua pelle bianca era lucida sotto la luce dei lampadari, ma appena alzai i miei occhi su di lei le sue guance si chiazzarono di un tenue rosa.

Abbozzai un sorriso, cercando di apparire più spontanea possibile. «No no, ho solo un mucchio di pensieri per la testa.»

Ad esempio quando avevo proposto inconsciamente a Derek di bere il mio sangue.

E se avesse accettato? Che cosa sarebbe successo? Gabriel lo avrebbe notato subito e chissà il putiferio che sarebbe nato.

Cercai di evitare lo sguardo del mio ragazzo per tutto il giorno, ma mi bloccò prima di andare via, accanto alla mia macchina. Ah, a proposito della macchina che avevo distrutto quando quello spirito malvagio aveva tentato di affogarmi nel lago accanto alla casa di Derek: mio padre aveva insistito per farci fare un preventivo ed aggiustarla, invece che comprarne una nuova. Ovviamente veniva a costare meno, ma forse sarebbe stato meglio farla rottamare e acquistare qualcos’altro. Beh, l’importante era che avessi una macchina, non mi interessava se nuova o aggiustata.

«Sei strana oggi» mi disse Gabriel dolcemente e preoccupato, mentre mi stringeva la mano.

Chiusi gli occhi. «Ho un po’ di mal di testa, tutto qui» mentii.

Assottigliò lo sguardo ed il mio cuore cominciò a battere velocemente. «Sei sicura che sia solo questo?» Annuii, insicura di come sarebbe uscita la mia voce. «Ad ogni modo, quando c’è qualcosa che non va dimmelo.»

«Certo» risposi sorridendogli.

Da quando ho bevuto il tuo sangue, sono in un certo senso più...sensibile. Se prima era abbastanza difficile per me trattenermi, ora è peggio ancora.”

Di nuovo quelle parole che vorticavano nella mia testa.

«Allora ci vediamo domani. Questa sera ho l’allenamento con la squadra di rugby. Tu cerca di prendere qualcosa per questo mal di testa, dato che lo hai sempre più spesso.»

«Va bene» risposi.

Mise una mano dietro la mia testa e mi baciò a lungo, sotto gli occhi degli studenti intorno a noi. Chi se ne frega, pensai.

Eppure, mentre lo baciavo, avevo ancora in mente quelle parole.

Puntai dritta al bersaglio e sparai un colpo. Il bussolotto cadde a terra, creando un tintinnio acuto nel sotterraneo. Avevo colpito proprio il centro della fronte del telone nero. Sospirai e controllai quante pallottole avessi ancora in canna: tre.

Sparai quegli ultimi proiettili a caso alla stessa figura appesa al muro. Mi stiracchiai un po’ per sgranchire le gambe e le braccia, ma per quella notte non ne avevo basta. Bisognava sfogarsi, in qualche modo.

Non capivo ancora perché avessi mentito a Gabriel sul mal di testa. Era il mio ragazzo, aveva il diritto di sapere ciò che mi tormentava, no?

, mi auto risposi, se ciò non avesse riguardato Derek Santo.

Misi dei nuovi proiettili in canna, uno ad uno. Ero intenzionata a fare un giro nei paraggi, nella speranza di trovare qualche vampiro da uccidere. Sparare ad un cartellone non era entusiasmante quanto sterminare un succhia sangue.

Scusa mamma.

Inoltre avevo intenzione di cercare altre informazioni torturando i vampiri. L’argomento “Victor” era diventato la mia ossessione da quando avevo ucciso Henry. E da quando lo avevo incontrato a scuola, dopo l’uccisione di quella povera ragazza.

Non si era avvicinato, né aveva tentato di catturare la mia attenzione in altri modi nelle settimane a seguire. Non si era più fatto vivo, molto semplicemente. Si era mostrato per farmi capire che mi stava tenendo d’occhio, che la prossima volta non avrebbe sguinzagliato più nessun altro per catturarmi. Questa volta sarebbe venuto lui in persona ad occuparsi di me, e sarebbe stata la mia occasione per eliminarlo una volta per tutte. Per far tornare mamma umana.

Decisi di scaricare anche quel nuovo caricatore contro un altro cartellone appeso al muro, prima di decidermi ad uscire in notturna da sola, senza avvisare nessuno.

Poco prima di voltarmi per tornare in armeria e prendere la balestra sentii l’allarme pericolo accendersi nella mia mente. Mi bloccai per un istante, in perfetto ascolto. C’era silenzio assoluto, ma ero sicura che qualcuno si fosse trovato dietro di me. Poi pensai che solamente una persona che causava quel senso di pericolo in me poteva entrare in casa mia.

Non mi spiegavo però il motivo per cui fosse venuto a trovarmi, specialmente dopo tutti quei giorni che non si fece vivo.

Sorrisi tra me e me senza voltarmi, mentre andavo a togliere i cartelloni perforati e sostituirli con altri nuovi.

«Ormai non si bussa nemmeno più?» gli domandai ironica. Ironizzare era il modo più semplice per rivolgermi a lui, dopo tutto quello che era successo. Non mi andava di arrabbiarmi in continuazione, siccome non avrebbe fatto bene alla mia salute e ai miei nervi. E poi, in quel momento, non avevo alcun motivo per essere arrabbiata con lui.

In risposta sentii solo un gemito di dolore, perciò mi voltai, le sopracciglia aggrottate. Inusuale da parte sua, dato che si divertiva a prendermi in giro e a stuzzicarmi.

Non appena incrociai il suo sguardo la mia ironia svanì del tutto.

Derek era davanti a me, si stava tenendo un braccio e perdeva sangue. Aveva la bocca socchiusa, a fatica uscivano dei respiri mozzati a causa del dolore. Ci misi un attimo a realizzare che qualcuno gli aveva sparato.

Tornai alla postazione per posare la pistola e mi avvicinai a lui di corsa, agitata.

«Mio Dio, che cos’è successo?» chiesi controllando la sua ferita. C’era un piccolo buco nel suo braccio, causato da una pallottola in frassino.

Mi si gelò il sangue nelle vene, facendomi diventare estremamente rigida. Chi diavolo aveva potuto sparargli?

«Non ne ho idea,» disse a fatica, rispondendo al mio pensiero, «non sono riuscito a vedere. Per fortuna non mi hanno presto in pieno petto, ma brucia comunque maledettamente.»

Lo feci sedere su una sedia che avevo lì vicino e mi avvicinai al bancone dei medicinali. Da quando Gabriel aveva iniziato regolarmente a frequentarmi, avevo preferito metterne uno anche lì, oltre che in cucina.

Presi le pinze, le più grandi che avessi e mi avvicinai a lui. «Questo non sarà molto simpatico» gli dissi a denti stretti, mentre cercavo di prendere la pallottola. Derek gemette per il dolore e vidi che stava strizzando gli occhi. «Com’è successo?»

Pensai che l’unico modo per distrarlo fosse chiacchierare, così avrei capito qualcosa in più su ciò che gli era successo e come.

«Ero nel bosco a caccia, quando qualcuno mi ha sparato. Non avevo né visto né sentito nulla. Come al solito, quando mi cibo mi rinchiudo nei miei pensieri e non mi accorgo mai di nulla» disse tentando di ridere, senza risultato. Soffocò un altro gemito e strinse i denti, oltre che gli occhi. Io iniziai a sudare perché non riuscivo a togliergli la pallottola. Vedere il suo braccio bucato e la carne che sfrigolava mi fece solo venire la nausea, ma dovevo cercare di tenere duro e impedire al mio stomaco di giocare brutti scherzi. Sentivo odore di bruciato e ciò mi faceva preoccupare ancora di più. «Calmati Kim» sussurrò.

«E come faccio a calmarmi?» chiesi più a me stessa che a lui, con un rantolo disperato. Non rispose subito ed io strinsi ancora più forte i denti. Sarei scoppiata ad urlare per il nervoso e la paura, ma non potevo spaventare mio padre. Anche se, dal sotterraneo, probabilmente non mi avrebbe sentita.

Riuscii finalmente a prendere quella dannata pallottola e la tolsi velocemente – forse anche con poca delicatezza – e Derek non riuscì a trattenersi dall’urlare. Potevo immaginare tutto il suo dolore: era un miracolo per lui essere ancora vivo.

«Io so che ci sono cacciatori sparsi un po’ in tutto il mondo, tu conosci qualche altro ammazza vampiri oltre a Gabriel e Logan?» mi chiese.

Scossi la testa. «Non che io sappia.»

Poggiai il proiettile sul tavolino di metallo. Mi accorsi che tutto intorno a noi era sporco di sangue: Derek, le mie mani tremanti, le pinzette che tenevo tra le dita, il pavimento sotto i miei piedi. Non ci badai molto, ma mi preoccupai di più per Derek.

«Per fortuna non era troppo profondo» dissi. Mi voltai con un pezzo di cotone impregnato di acqua ossigenata, ma la sua ferita era già guarita. Era rimasto solo il sangue sul suo braccio. Sospirai per il sollievo, mentre lui tentava di sorridermi, ad occhi chiusi.

«La nostra pelle guarisce in fretta» spiegò.

«Sì, lo avevo già notato» risposi. Decisi comunque di impregnare il cotone e levargli tutto quel sangue dal braccio, oltre che dal volto. Evidentemente non aveva avuto molto tempo di pulirsi dopo aver cenato. Oppure aveva perso sangue dalla bocca dopo che gli avevano sparato, anche se lo trovavo più improbabile.

Pensai che era abbastanza inutile fasciargli la ferita, dato che ormai era quasi del tutto sparita, quindi ritirai la garza e sospirai. Lo guardai per un momento e trovai che fosse più pallido del solito, contando anche che si era appena cibato.

Ha perso molto sangue, pensai.

Sembrò irrigidirsi immediatamente, forse per colpa del mio pensiero, mentre io sistemavo tutte le medicine sul tavolo.

«Grazie» disse dolcemente, ma in un tono troppo strano per farmi rassicurare. Di nascosto alzai gli occhi sui suoi, proprio mentre li apriva. Erano azzurri come il cielo e delle scaglie nere come la cenere. Respirava a bocca aperta, come se avesse avuto un attacco d’asma.

«Ci mancherebbe altro, mi hai spaventata a morte» risposi.

«Scusami, ma è il primo posto che mi è venuto in mente. Sapevo che mi avresti aiutato.» Abbozzai un sorriso, infilando tutte le medicine nel cassetto da cui le avevo prese.

Mi voltai verso di lui e incrociai le braccia al petto. Derek era ancora seduto e non sembrava intenzionato ad alzarsi. Forse aveva bisogno di cibarsi di nuovo per recuperare tutto il sangue che aveva perso, ma non avevo idea di come aiutarlo. Purtroppo non avevo delle scorte di sangue nel frigorifero che tenevo nel sotterraneo, e una Coca non gli sarebbe di sicuro servita.

«Prima hai detto che ci sono cacciatori sparsi un po’ ovunque. È davvero così?» gli chiesi, cercando di cambiare il discorso.

Si sedette meglio e poggiò i gomiti sulle ginocchia, tenendo gli occhi chiusi. «Sì, so che a Roma, dove abita mio padre, c’è un piccolo gruppo organizzato di cacciatori che lavora con Augusto. Si occupano dei vampiri che non riescono a nascondere la propria natura, che rischiano di rivelare il nostro mondo agli umani.»

«Quindi magari anche a Londra ci sono altri cacciatori. Eppure non ne abbiamo mai incontrati.»

Derek fece una smorfia divertita e scosse la testa. Non riuscii ad interpretare quel suo gesto, per cui aggrottai la fronte. «Sicuramente ci sono altri cacciatori qui a Londra, ma è una città grande. Magari non li abbiamo mai incrociati. Prima di questa sera, ovviamente, dato che qualcuno ha tentato di spedirmi all’altro mondo.»

Mi morsi il labbro inferiore, cominciando a tamburellare col piede. «Quindi che ne è stato di quel cacciatore? Lo hai ucciso?» domandai istintivamente. Dovevo tenere a mente che Derek era comunque un vampiro, quindi non avevo idea di come avrebbe potuto reagire verso qualcuno che aveva tentato di farlo fuori.

Scosse di nuovo la testa. «No, sono scappato subito prima che mi sparasse di nuovo» borbottò. «Ma se mi avesse mancato credo che non avrei esitato nell’ucciderlo.»

Ecco, queste parole mi fecero tremare. Non avevo mai visto Derek uccidere qualcuno che non fosse un vampiro. E ora sentirlo parlare di uccidere un umano mi fece uno strano effetto. Come la prima volta che vidi le sue iridi nere per la sete, mentre mi guardava famelico: mi spaventò e il mio cuore aumentò il battito inaspettatamente.

Sicuramente si accorse del mio disagio, per cui si affrettò a parlare. «Lo dico solo perché sono arrabbiato, non farci caso. Però sappi che la nostra natura è molto vendicativa, quindi ti ho semplicemente detto la verità» mormorò.

Quando rialzò gli occhi su di me mi sentii ancora più agitata di prima. Erano quasi del tutto neri con qualche scaglia celeste. Niente viola, niente del suo essere Stregone Benefico. In quel momento era semplicemente un vampiro assetato.

“Se prima era abbastanza difficile per me trattenermi, ora è peggio ancora.”

Senza motivo, quelle parole continuavano a vorticarmi nella testa. E se ora era ancora più sensibile, il mio sangue lo stava stuzzicando. E questo avrebbe spiegato il colore dei suoi occhi.

Senza che me ne accorgessi e senza avere il tempo di parlare lo sentii afferrarmi i polsi e spingermi contro la parete opposta della stanza. Involontariamente rovesciai il tavolino con tutti i proiettili e il loro tintinnio permeò il sotterraneo per qualche secondo. Strinsi i denti nell’impatto contro il muro, per niente piacevole, e se prima non avevo mal di testa, ora ce l’avevo di sicuro.

Tentai di staccarmi dal muro, ma Derek mi ci schiacciò i polsi all’altezza del viso. Non era delicato come sempre. Anzi, mi stava facendo male. Le sue mani stringevano sempre di più, come se avesse voluto spezzarmi le ossa.

«Che diavolo stai facendo?» gli ringhiai così cupa che chiunque si sarebbe spaventato. Riuscii a spaventare perfino me stessa.

Il vampiro non rispose, ma sentii una sua mano fredda come il ghiaccio sfiorarmi il collo, mentre mi spostava i capelli. Non riuscivo a muovere la testa, ma spostai gli occhi quel poco che bastasse per vedere la sua espressione da cacciatore.

Da vampiro assetato.

Gli occhi erano sempre più neri e ora riuscivo anche a vedere le sfumature rosso rubino nelle sue iridi. Socchiuse la bocca e vidi che i canini erano allungati, più del dovuto.

«Derek» mormorai spaventata. Come risposta, strinse ancora di più la presa dei miei polsi, schiacciandomi bene al muro. Non era in quel modo che avevo pensato di donargli il mio sangue: lo avrei fatto quando fosse del tutto cosciente, non accecato dalla sete.

Sentii le sue labbra poggiarsi sull’incavo della mia spalla e il battito del mio cuore sembrò dettare il passare del tempo mentre sentivo il suo respiro su di me. Era come se i secondi si fossero dilatati, mentre si avvicinava lentamente alla mia pelle scoperta.

Chiusi gli occhi e sentii sprofondare i denti nella mia carne.

Esattamente come avevo reagito quando mi aveva morsa Henry, tutti i miei muscoli si tesero per la fitta e mi mancò il respiro.

Cercai di oppormi, agitandomi il più freneticamente possibile, ma mi stava tenendo troppo stretta e tutto quello che feci fu provocare ancora più dolore. Opporsi ai morsi di un vampiro era molto doloroso, assecondarlo era la soluzione migliore.

Quando tentai di calmarmi, sentii il mio sangue fluire nella sua bocca. Mi faceva girare la testa, più di quanto avessi mai provato. E pensai a quanto ero stata stupida, in quel momento. Alcuni pensieri potevo tenerli per me, almeno quando ero in compagnia di un Derek assetato come lo era quella sera.

Il suo morso ora sembrava meno feroce, mentre lo sentivo muoversi in modo quasi impercettibile mentre succhiava via il sangue da me. Sentii alcune gocce corrermi sulla pelle e scendere sul petto, solleticandomi. I suoi capelli mi sfioravano il mento e il suo profumo mi stava annebbiando i sensi. Le mani stringevano meno i miei polsi, facendomi provare ancora più dolore perché ormai erano abituati ad essere stritolati.

Respiravo col naso l’aria fredda del sotterraneo, fino a quando non fui obbligata ad aprire la bocca per annaspare.

Rimase a bere tanto sangue, troppo, e io iniziai a sentirmi debole. La vista era appannata e appoggiai la testa al muro per non cedere completamente. Derek lasciò il mio polso destro e con la mano afferrò il mio viso, tenendo alto il mento con l’aiuto del pollice in modo che potesse bere meglio.

Così è questo che si prova dopo che un vampiro beve per così tanto tempo il tuo sangue, pensai.

Sentivo una piacevole sensazione di caldo nel petto, nonostante il fiato mi venisse a meno. In un certo senso, però, mi sentivo rilassata. Stavo aiutando un mio amico, dopo tutto. Anche se contro la mia volontà, anche se ciò avrebbe potuto uccidermi, anche se era proibito.

Me la sono cercata, mi rimproverai. Sono stata io a dirgli di bere il mio sangue, quando ne avesse avuto bisogno.

E in quel momento, se non mi avesse attaccata, forse sarebbe morto. Aveva perso troppo sangue da quando gli avevano sparato e il frassino aveva solamente peggiorato la situazione.

Lasciò anche l’altro polso e mi avvolse i fianchi col braccio, mentre ormai le mie gambe sembravano fatte di burro.

Sentii altre gocce di sangue scivolare dalla mia ferita e subito Derek le leccò velocemente. E come se non ne avesse avuto abbastanza, mi morse di nuovo nello stesso punto. Ora, le ginocchia avevano ceduto del tutto e se ero ancora in piedi era grazie a lui.

Ha tanta sete, mi dissi ancora nella mente, chiudendo gli occhi.

«Derek» mormorai un’ultima volta.

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