Oltre Ogni Cosa

By merirosie

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Doveva essere una giornata memorabile, di quelle che resta impressa nei ricordi ed invece, per Megan, tutto q... More

Prima parte
Prima.
UNO
DUE
TRE
QUATTRO
CINQUE
SETTE
OTTO
NOVE
DIECI
UNDICI
Seconda Parte
DODICI
TREDICI
QUATTORDICI
QUINDICI
SEDICI
DICIASETTE
DICIOTTO
DICIANNOVE
VENTI
VENTUNO
VENTIDUE
VENTITRE

SEI

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By merirosie

"In un minuto c'è il tempo per decisioni e scelte che il minuto successivo rovescerà." - Thomas Stearns Eliot

14 aprile 2016 - Portland


M E G A N

"Sono Clara e questa la mia segreteria, se hai bisogno di dirmi qualcosa, fallo subito!" sbuffo, riaggancio e contemporaneamente strappo un altro foglio con cui poi faccio strike buttandolo nel cestino.

Molte sono le domande nell'universo e la mia è: dove è finita la mia amica? Sono due giorni che è sparita, a quanto pare la terra l'ha inghiottita. Ho chiamato in ufficio ed hanno detto che ha chiesto un permesso.

Abbandono il lavoro per prepararmi una tisana. Per questa stupida slogatura sono bloccata in casa, cammino male e non posso percorrere più di qualche metro senza soffrire. La teiera fischia e spengo i fornelli, versando l'acqua calda nella tazza, da cui immediatamente sale il vaporoso profumo di mirtilli.

Suona il campanello, più volte e spero solo non dia fastidio ai vicini. Ci metto un po' ad arrivare alla porta e quando la apro non credo ai miei occhi. La mia migliore amica non si è accorta di nulla, fissa a testa bassa i suoi piedi e non guardandola in volto capisco che le è accaduto qualcosa, sembra spaventata. Poi si accorge di me e ne ho la conferma, qualcosa non va

«Chi sei tu? Dove è Clara?» cerco di sdrammatizzare facendo finta di cercare alle sue spalle, mentre stringo la sua mano e la faccio entrare

«Meg credo che stavolta ho combinato davvero un casino di proporzioni immense»

«Clara, che sta succedendo? Sono giorni che ti comporti in modo strano, sparisci e poi torni qui in questo stato... Stai bene?» domando quasi sussurrando, sono preoccupata davvero se mi dice così. Vado in cucina e le prepara una tisana. Lei lo sa, qui sarà sempre la benvenuta e troverà sempre un posto in cui stare, in qualsiasi momento e per tutto il tempo che vuole.

«Okay... I-io... Sono andata a l-letto con Thomas» confessa tutto d'un fiato e il sospiro che tira, mi fa capire che stava diventando asfissiante non poterlo dire

«Porca misera!» esclamo più che sorpresa. Lei e Thomas? Quel Thomas? E per questo che l'altra mattina sembrava voler tipo spaccare il mondo... interessante. Dopo due secondi, ci sbellichiamo dalle risate.

«Capisco che per te al momento sia difficile accettare la cosa ma, non credi che Thomas stia aspettando un segnale o un qualcosa da te?»

«Meg, sono molto confusa sia per quello che è accaduto quella notte sia perché so che mi sta cercando ma ho ignorato tutti... Scusa, persino te» mi è mancata in questi giorni devo ammetterlo ma aveva tutto il diritto di prendersi il tempo che le serviva per pensare e schiarirsi le idee. E se si trova in queste condizioni, significa che il bell'avvocato non le è del tutto indifferente come vuol far credere

«Aww vieni qui Pocahontas, si sistemerà tutto vedrai. Ma sono contenta per te sai? E ti dico una cosa: al mondo non esistono solo i Michael e te lo dice una che di diffidenza ne sa qualcosa» sbuffa e si copre la faccia con un cuscino. Clara non ha ancora capito la persona splendida quale è mentre Anderson a quanto pare si, prima di tutti e persino prima di sé stessa. Solo uno stupido non lo capirebbe.

***il giorno dopo***

La radiosveglia segna le sette del mattino, il giornale ha già trasmesso le prime notizie del giorno. La camera è in penombra, l'unica fonte di luce è quella che proviene dalla finestra socchiusa. Sono passate circa tre ore da quando mi sono svegliata di soprassalto per mancanza d'aria; gli incubi sono molto più frequenti ora. Mi giro sul fianco con un cuscino tra le braccia, tiro la coperta fin sotto al mento perché ho freddo, percepisco ancora la paura attaccata alla pelle. Sono stata tentata tutta la notte di prendere il cellulare e contattare Alex, con una qualsiasi scusa ma non l'ho fatto, ho lasciato che il buio della camera inghiottisse ogni gesto incauto. Dalla mattina dell'ospedale non ho più ricevuto sue notizie, mantenendo così entrambi il nostro accordo.

Mi alzo dal letto, a piedi nudi sul pavimento freddo, raggiungo la cucina. Sul tappeto all'ingresso trovo una lettera, è uguale alle altre, rossa ed anonima.

"Ti sono mancato piccola?" dice una foto che mostra me che esco dall'agenzia. È tornato, sembrava impossibile ma è qui.

La busta cade dalle mani, sento delle fitte raggiungere lo stomaco, ho la nausea e sta arrivando il panico. L'istinto mi sta suggerendo di fare un'unica cosa: scappare. Ritorno in camera, apro l'armadio e dal fondo estraggo la borsa contenente tutto quello che mi serve e che speravo di aver perduto durante il trasloco. Da sotto al letto tiro fuori la valigia e la riempio dei primi vestiti che mi capitano sottomano e prima di lasciarmi la porta di casa dietro, lascio un biglietto a Clara. So che quello che sto facendo la ferirà ma prima o poi saprà la verità ed onestamente, non riesco ad immaginare una qualsiasi reazione. Se voglio che non accada nulla a nessuno, devo andare via il prima possibile, ora.

Scendo in strada e fermo il primo taxi che passa «Mi porti all'aeroporto per favore» il tassista annuisce e ci mettiamo in marcia.

E mentre sono in fila per il check-in, il cellulare squilla senza sosta, è Clara. Lo spengo togliendo persino la batteria, ho bisogno di stare sola per capire quale sarà la prossima mossa. E avviene: il tabellone sopra la mia testa mi indica una via di fuga.

×××

15 aprile 2016 - Portland

ALEX

È l'alba, il cielo sta lasciando posto alla luce tenue del sole. Ho trascorso la notte sul divano, a guardare un film e finire qualche scartoffia da compilare. Oltre ad avere alcuni problemi a lavoro, c'è stata una discussione con Amanda a cui senza dirlo apertamente, ho dovuto darle ragione; la sto trascurando, come se fosse invisibile e non la mia fidanzata con cui mi sposerò a breve. È a causa sua, di Megan e di questa attrazione che ho provato per lei dal primo giorno. Voglio bene ad Amanda ma lo sappiamo entrambi che questo in una coppia, e soprattutto in un matrimonio, non basta.

Non credo al destino, neanche nelle coincidenze l'ho imparato dalle esperienze, però incontrare Meg lo stesso giorno in cui ho ricevuto quel file top secret è da uscire fuori di testa.

Dentro di me c'è una battaglia tra la ragione e la parte vulnerabile, cioè quella chiamata sentimenti, il che forse mi porta a non essere me stesso e a breve, sposato con una fede al dito. Si esatto, io che non ho mai voluto legarmi a nessuno. Per dovere, per un qualche tipo di gratificazione... Non lo so, l'unica cosa certa è che mi sento in gabbia. Pensare al lavoro e restare occupato mi aiuta: infatti, stiamo controllando tutte le riprese delle videocamere dei negozi e della strada, in cui hanno cercato di investire Megan. L'auto in questione aveva una targa falsa e vetri oscurati; quindi, tra le mani abbiamo quasi il nulla tranne per la sequenza dei fatti.

E se avessi fatto qualcosa per tenerla in agenzia? E se non mi fossi presentato lì arrabbiato? E se non ci fossimo mai incontrati? E se... I se e i ma non portano a nulla, se non i sensi di colpa di non aver fatto abbastanza, un po' come quando avevo quattordici anni. Le sto mentendo e se quando la verità verrà fuori, oltre a tutto ciò che si dovrà affrontare in qualche modo la perderò; è proprio così che andranno le cose. Inoltre, da quando l'ho lasciata in ospedale, non riesco a trovare il coraggio di contattarla anche con una scusa banale.

Ad un tratto, ho ricordato alcuni momenti di casa Wilson, quella dei miei genitori, in cui correvo per i corridoi e mia madre che cercava di acciuffarmi per fare il bagno. Ho ricordato la sua risata e i suoi occhi che sorridevano, brillavano di luce propria e che il cielo ha deciso di portarmi via. Da allora mio padre si è chiuso in sé stesso, blindato eternamente nel suo ufficio, a lavorare senza sosta, a vincere cause per riempire il vuoto che sentiva al suo fianco. Victoria Dallas Wilson ci ha lasciati senza di lei troppo presto e dopo tutti questi anni, mia madre mi manca ancora.

Ricordo molto chiaramente una sera, avevo sedici anni e aprii la porta del suo studio in casa; mio padre accovacciato sulla scrivania del suo ufficio, con un bicchiere di liquore e la foto della mamma tra le mani, sulla quale piangeva "Ti odio per averci lasciato solo ma ti amo e mi manchi così tanto". Chiusi la porta, con un nodo in gola senza la forza di avvicinarmi e ritornai in camera mia. Il giorno dopo, quando scesi in salone per la colazione mio padre mi guardò e disse: «Da oggi le cose cambieranno figliolo» con la sua solita faccia inespressiva e la voce troppo seria. Già, le cose cambiarono quel giorno tanto che stava per perdere anche me non molto tempo dopo.

E così sono rimasto sul divano perché sapevo che nel mio letto non avrei mai dormito.

Apro gli occhi di scatto, sobbalzando dallo stato di dormiveglia in cui ero caduto e corro per il salone in cerca del mio cellulare. Quando lo trovo, nei cuscini del divano, rispondo sentendo la voce del mio migliore amico «Alex vieni subito qui» dice bisbigliando

«Qui dove? Che succede?»

«A casa di Megan, è scomparsa» mi irrigidisco sul posto

«Alex, ehi amico ci sei?»

«Massimo dieci minuti e arrivo» stacco la chiamata e mi fiondo in bagno per sciacquarmi il viso e riprendermi un po'

Vado in camera e indosso i primi vestiti che recupero dai cassetti; dall'ingresso, afferro le chiavi e il portafoglio per poi andare in garage. Il mio cervello sta pensando solo a Megan; vedo il suo nome e il suo viso davanti ai miei occhi, come una figura trasparente che non posso afferrare. Sono come circondato dal suo fantasma tanto da sembrare ossessionato oppure sotto qualche tipo di arteficio.

Esco dal cancello e mi immergo nel traffico, sorpassando qualche auto di troppo per arrivare sotto casa sua. Quando parcheggio di fronte al portone verde, ripenso a come sia iniziato tutto quella sera di due mesi fa, e la sua faccia sorpresa nel vedermi. Scendo dall'auto velocemente e citofono per farmi aprire, salendo i gradini a due a due.

«Finalmente sei qui» sciorina Thomas disperato

«Che succede?»

«Non lo so, Clara è sconvolta»

Mi dirigo verso la cucina, guardandomi intorno in cerca di qualche indizio ma nulla. Attraverso il corridoio e abbasso la maniglia della sua camera. Il suo profumo mi investe, come la luce del sole che illumina le pareti. Le ante dell'armadio sono socchiuse, segno che aveva troppa fretta di andarsene... il resto è in ordine.

"Che sta succedendo qui?"

Ritorno in cucina e Thomas mi passa un foglio, bagnato in alcuni punti dalle lacrime di Clara, seduta sul divano bianco.

«Perché ha fatto questo?» chiede in lacrime e Thomas le si avvicina, si siede accanto a lei e le passa un braccio sulle spalle, la stringe a sé per confortarla. Mi avvicino al balcone che affaccia sulla strada e apro il foglio piegato.

"Clara se stai leggendo questo messaggio significa che sono andata via. Non allarmarti va tutto bene, lo sai anche tu odio i saluti anche se questo è un arrivederci. Sono partita perché è sorto un problema e dovevo andare. Ti prego di non parlarne con nessuno ma non potevo restare. A tempo debito tornerò, lo prometto e ti spiegherò tutto. Torno presto Pocahontas, ti voglio bene. Meg"

Piego il foglio e lo ripongo in tasca.

«Allora cosa ne pensi?» chiede Tom

«Non lo so ma quel messaggio è strano. Sapeva cosa stava facendo ma si sentiva in colpa. Cosa è accaduto per portarla a scappare?!» continuo a guardare in giro in cerca di un indizio ma credo che se ci fosse stato, è stata abbastanza furba da nasconderlo.

«Chiamiamo gli altri e cerchiamo di sapere qualcosa» mi allontano velocemente, con passi spediti esco dall'appartamento e mi chiudo in macchina. «Maledizione! Maledizione!» sbatto i pugni più volte sul volante.

Pesco il cellulare dalla tasca e compongo il numero di un mio amico

«Ehi Jack dovresti farmi un favore. Per... Holland» Jack Smith è l'uomo più efficiente che io conosca al mondo. «Controlla i movimenti della sua carta e cerca in giro chi l'ha vista nelle ultime ore»

«Ci sono problemi?» chiede serio

«Non lo so ma non preoccuparti, ci penso io, a dopo» chiudo la telefonata. Dove sei finita Megan?

Due ore dopo sono ancora qui, seduto sul suo divano a guardare le lancette dell'orologio che sembrano fermate da un'eternità e la mia ansia aumenta. Questo azzardo di Megan non ci voleva, comporterà dei rischi. Sicuramente è accaduto qualcosa di grave per indurla a scappare, ma cosa? Nel biglietto lasciato non ha specificato nulla e per la casa non ha lasciato indizi o qualcosa di utile; ha nascosto le tracce ma spero non così bene così Jack può riuscire a rintracciarla, spero stia bene e non le sia accaduto niente di male.

Dalla finestra del salotto vedo la strada del quartiere brulicante di bambini che corrono felici, di gente che passeggia e macina metri e metri di asfalto per andare nei loro uffici, nelle loro case, che corrono nelle loro vite. Mentre da questa stanza, percepisco il tempo fermarsi e mi sento immobile. Il telefono mi distrae dall'osservare le persone e rispondo senza neanche controllare chi sia.

«Ho delle buone notizie»

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Nota: rispetto agli altri capitoli è quello più breve forse... Diciamo che è un capitolo di transizione per quello che avverrà tra poco. Per quanto riguarda la storia di Alex nei capitoli successivi, quelli della seconda parte (già!) ci sarà una spiegazione a tutti i ricordi di cui ha parlato e che lo feriscono. Saluti!! 😘🤙

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