Oltre Ogni Cosa

By merirosie

2K 126 11

Doveva essere una giornata memorabile, di quelle che resta impressa nei ricordi ed invece, per Megan, tutto q... More

Prima parte
Prima.
UNO
DUE
QUATTRO
CINQUE
SEI
SETTE
OTTO
NOVE
DIECI
UNDICI
Seconda Parte
DODICI
TREDICI
QUATTORDICI
QUINDICI
SEDICI
DICIASETTE
DICIOTTO
DICIANNOVE
VENTI
VENTUNO
VENTIDUE
VENTITRE

TRE

122 6 0
By merirosie

" Quei baci in mezzo alla strada. Quelli quando non si può, quando non si deve. Sono i più belli perché nessuno li chiede" - cecilia seppia

28 marzo 2016 - Portland


Megan
Mentre aspetto che il trillo del forno avvisi la fine della cottura della torta salata, penso ad Alexander, che è rimasto con me per tutto il pomeriggio in agenzia. Verso l'ora di pranzo, l'ho trovato fuori sulla moto seduto, a fissare pensieroso il vuoto. Era agitato, forse nervoso e credo che chiedergli di entrare in agenzia con me gli abbia dato la possibilità di distrarsi.

Ed ora eccomi qui, ad osservare il forno e a pensare se ha risolto quello che lo turbava.
Il timer è scattato quindi, tiro la torta fuori e la sposto in un vassoio per portarla in salotto. Sul divano di casa invece, c'è Clara che divora caramelle gommose davanti alla tv e dove insieme guarderemo programmi trash. Queste sono le serate che preferisco!
«Meg devo dirti una cosa» esclama di punto in bianco ma non prima di mangiare una manciata di caramelle. Annuisco facendo segno di ascoltarla mentre cerco di tagliare delle fette dritte e abbastanza corpose.
«Alexander, il tizio dell'agenda, è il figlio del procuratore Wilson»
«Oddio Clara, pensavo fosse accaduto qualcosa. E comunque lo so, non preoccuparti mi ha detto che lavora in ufficio da voi» afferro il telecomando dal tavolino e cambio canale, mettendo su uno di musica sperando di trovare qualche concerto.
«Stai attenta, ha un qualcosa che non so... non mi quadra»
«All'inizio ho avuto la stessa impressione ma posso dirti che è davvero una brava persona»
«Che cosa vuol dire?» domanda e il tono con cui l'ha detto non mi piace. Le rotelline del suo cervello malefico stanno girando un po' troppo, posso sentirle da qui
«Quello che ho detto. Non è così altezzoso come sembra, ci ho parlato e non è affatto male»
«Non è affatto male?! Meg, lui ti piace?» chiede come se fosse nulla e un po' sorpresa
«Nemmeno per sogno! Lui è solo uno dei miei clienti e poi non sarei ma il suo tipo» sparo a caso ma non troppo e nel frattempo mi alzo per prendere da bere
«E quale sarebbe il suo tipo?»
«Mhmm, Amanda? La donna che sta per sposare?» ribatto con ovvietà. Anche io, se fossi in Alex, le avrei chiesto di sposarla. Decido che la coca cola sia adatta e afferro due bicchieri per ritornare sul divano affianco alla mia amica
«Alla fine se lui ti piacesse non sarebbe un male, anzi sfiderei qualsiasi donna del contrario»
«Fortunatamente non è così. Buon appetito!» esclamo, cambiando canale e rimettendo sul reality.

Non so che ore siano ma di sicuro è tardi, Clara è andata via da un po' ed eccomi qui, a finire gli ultimi disegni per domani. Mi alzo per prendermi una pausa e bere qualcosa, quando per poco non chiudo una mano nel frigo a causa del cellulare che squilla spaventandomi.
«Pronto?»
«Ciao Megan sono Alex, so che è tardi ma ho bisogno di dirti una cosa. Potresti venire giù?» e prima che possa dire qualunque cosa, stacca la chiamata.
Infilo una giacca prima di uscire. Percorro le scale uno ad uno e nel frattempo il mio cervello sta valutando tutte le possibili cause del perché sia qui. Sto andando da Alexander mica alla forca rimprovero a me stessa; eppure, qualcosa mi dice che sono la stessa cosa. Non dovrebbe accadere nulla ma in caso, non lo permetterei, mai!

Giro il corridoio ed eccolo lì, bello e consapevole di sé stesso. Perché le persone così lo sanno del loro aspetto e vivono in pace con il loro io interiore e il mondo esterno. Indossa un cappotto e il casco tra le mani.
«Che succede, stai bene?» domando avvicinandomi, dopo lo scorso pomeriggio non so cosa pensare
«Sai ho un dejà vu, tu no?» risponde con quel sorrisino beffardo sulle labbra. Ha una piccola fossetta sulla guancia sinistra ed è adorabile
«Potrebbe diventare il tuo nuovo lavoro, pensaci» cerco di nascondere il rossore sulle guance ma il lampione illumina il punto in cui siamo noi
«Allora hai deciso?»
«Deciso cosa?» di cosa sta parlando?
«Uscire con me, ti mostro un posto che ti piacerà sicuramente» mi passa il casco che però non indosso. Sono confusa, che sta facendo qui?
«Mi dispiace ma non posso - adesso è lui quello confuso - Non mi sembra corretto. È vero, oggi ti ho detto che se avessi avuto bisogno di qualcosa ti avrei aiutato ma questo non è quello che intendevo»
«Non credevo che offrirti un drink per sdebitarmi sia qualcosa di oltraggioso e soprattutto con un amico» si alza dal sellino e mi sistema il casco, chiudendo persino la fibbia. Davvero siamo amici?
Sale e accende la moto, poi mi fa segno di sedermi dietro. Appena parte accelera di colpo e mi stringo a lui per non cadere. I capelli che fuoriescono dal casco svolazzano e mi sento meglio.

Credo abbia capito che mi piace la natura e stare all'aria aperta, siamo venuti al Waterfront Park ma siamo entrati dall'area est, vicino alla riva del fiume Willamette. Siamo seduti sulla panchina di fronte alla statua mangiando patatine e bevendo birra. Non parliamo molto ma ci mettiamo ad osservare le stelle, qui il cielo si vede bene. Non è da me ma sono serena e mi batto il cinque mentalmente per aver accettato. Dopotutto.
«Ti sono grato per essere venuta»

«Grazie a te per avermici portato, non sono mai arrivata da questo lato del parco» ci sono coppiette che passeggiano e ragazzi che ballano dall'altra parte della piazzetta e la musica arriva fino a qui

«Allora mia bella Megan mi hai detto che lavori, non hai un ragazzo e passi il tempo con la tua migliore amica Clara. E poi?»

«Già, mi dispiace nessuna avventura solo figuracce» sono sbadata e anche la mia migliore amica, siamo una coppia ambulante.

Smettiamo di ridere e mi fissa intensamente. Ad un tratto, ho una strana sensazione e sto per chiedere qualcosa che mi si ritorcerà contro, sono certa.

«Posso chiederti il reale motivo per cui siamo qui?» ed eccoci qua, forse era questo il momento che temevo di più. Alex sgrana gli occhi come se lo avessi colpito dritto sulla faccia

«Per questo pomeriggio. Nessuno ascolta davvero senza secondi fini» annuisce però non sono del tutto convinta e lui se n'è accorto.

«Davvero! Te l'ho detto, è per sdebitarmi, ci tengo molto a queste cose» e me ne accorgo subito. Conosco le persone o almeno credo e, posso affermare con sicurezza che sta nascondendo qualcosa.

«Potresti portarmi a casa, per favore?!» mi alzo stufa di sentire altre balle e mi incammino verso l'uscita. Pochi passi e mi blocca, afferrandomi la mano e accade di nuovo, ho la pelle d'oca. Perché succede? Cosa diavolo è?

«Vuoi la verità? Bene! Dopo mesi sei stata l'unica persona che mi ha chiesto come stavo realmente, non hai voluto sapere altro e non mi sono sentito giudicato o sotto esame. Ti basta questo?» dice tutto d'un fiato. Vedo la sua camicia bianca tendersi sul petto, il suo sguardo bruciare sul mio viso come la sua mano intorno al mio polso.
La presa si rafforza e con una leggera spinta, mi ritrovo stretta a lui che con l'altra mano avvolge i miei fianchi per non farmi scappare.

NO NO NO NO ti prego no, no non farlo non- e diventa un sussurro anche nella mia mente.
Perché il respiro mi muore in gola e tutte le facoltà si spengono come in un blackout. Sento le sirene suonare spiegate e un incendio divampa dentro al petto. Le sue labbra sono ferme sulle mie e quando apro gli occhi i suoi mi stanno già fissando. Mi stacco da lui e le labbra provocano un lieve schiocco, alla fine è stato un semplice bacio a stampo. Niente di serio ma... nessun ma, non c'è storia che tenga.

«Ora devo a-andare» sussurro quasi come una supplica. Mi allontano da lui quasi correndo ed esco fuori dal parco prima che possa fermarmi. Un taxi sta arrivando dal fondo della strada e lo fermo, dato che al momento è l'unico mezzo per ritornare a casa.
«Ti chiedo scusa Megan» urla a qualche metro da me. Non mi volto, se lo facessi tutto quello da cui mi sono tenuta lontana, cadrebbe addosso tutto in un colpo.
Entro nel taxi e dico all'autista l'indirizzo di casa. Coincidenza o sfortuna, comincia a piovere dopo settimane che non vedevo un temporale del genere.
Mi sento così in colpa e stupida perché anche questa volta dovevo dare ascolto al mio istinto. Quando sono sotto casa pago la corsa e scendo in fretta per fiondarmi dentro. Tutto è come l'ho lasciato, le luci sono accese e il lavoro giace abbandonato sul tavolo in cucina. La porta-finestra sbatte a causa del vento, vado a chiuderla e getto un'occhiata giù in strada.
Sento il cuore per un attimo fermarsi poiché lui è lì che guarda verso di me. Mi ha vista e mi immobilizzo senza sapere cosa fare. Sorride mesto, come se solo adesso abbia realizzato cosa sia successo e sparisce sotto la pioggia con il buio che nasconde il tumulto che ho dentro.

°°°

«Vuoi la verità? Bene! Dopo mesi sei stata l'unica persona che mi ha chiesto come stavo realmente, non hai voluto sapere altro e non mi sono sentito giudicato o sotto esame. Ti basta questo?»

«Megan Holland, mi spieghi che cosa hai?» urla facendomi trasalire. Tutti i commensali dei tavoli vicini hanno gli occhi puntati su di noi. È mezzogiorno, gran parte dell'apparato giuridico è qui per la pausa pranzo dato che siamo vicino alla procura.
So che sono a pranzo con Clara e mi sta parlando di qualcosa che reputa estremamente importante ma il mio cervello non smette di farmi rivedere continuamente ciò che è successo venerdì sera. Rivivo tutto in loop da tre giorni, neanche lavorare riesce a distrarmi dalla situazione disperata in cui mi sono ficcata. Non posso neanche dare un'opinione a riguardo perché ne uscirebbe qualche epiteto o piangerei, oppure entrambi.

«Non urlare! Sto bene non preoccuparti»

«Non mi pare e poi non stavi ascoltando. Che succede Meg, sono preoccupata»

Il pomeriggio seguente è passata in agenzia, dove lavoravo come al solito ma si era accorta che qualcosa non andava. Ho usato la scusa dell'essere stanca per non ricevere domande a cui non saprei cosa dire. Però ora ho bisogno di parlarne con qualcuno e chi meglio della propria migliore amica ci sarebbe? Però c'è sempre un però: la mia è Clara e se ci aggiungiamo che è un avvocato, domani potrei trovare la notizia sui giornali. Sto per testare il terreno.

Regola numero uno: l'uso delle giuste parole o sei finita

«Mi serve un consiglio... diciamo in termini legali... come avvocato»

«Meg con me puoi parlare di tutto lo sai» ribatte stringendo la mia mano sul tavolo

Regola numero due: non parlare mai in prima persona. Usare come esempio una terza persona e fatti ipotetici

«Cosa succederebbe se non si portasse a termine il proprio lavoro dopo un accordo?»

«Credo che la soluzione più ovvia sia un risarcimento» risponde riflettendoci su e voglio sprofondare. Okay stiamo perdendo il filo e meglio dirle come stanno le cose

Regola numero tre: meglio essere sinceri perché le bugie portano casini e ce l'avrebbe con te fino alla fine dei giorni

«Clara devo dirti una cosa. Ecco io e Alex...» diamine! La lingua sembra essersi attaccata al palato.

«Tu e Alex cosa?» socchiude gli occhi e ho seriamente paura adesso

«Ci siamo baciati. Per meglio dire lui l'ha fatto io l'ho respinto e poi lui-»

Spalanca gli occhi sorpresa e poi comincia a ridere in quel modo che la sentirebbero anche dall'altra parte del paese. Il resto del locale ci fissa ancora e il viso sta prendendo fuoco, abbiamo bisogno dei pompieri e di uno psichiatra

«Tu e quel figo di Alex?! Sei grande baby!» le mancano solo i pon-pon e sembrerebbe una cheerleader

«Clara ti rendi conto del casino in cui sono finita? Sei la mia migliore amica dovresti darmi supporto»

«E lo sto facendo anche se a parer mio è stata quella scossa che ti mancava»

Come ci sono finita in questa situazione?

«Sai, c'è una regola esplicita ma non scritta che cita testualmente "Clara deve sapere i dettagli succulenti"» con le sopracciglia fa un movimento buffo che mi fa ridere

«È stato un bacio a stampo mica un film vietato ai minori» ribatto.

«A questo punto ci speravo, ma scommetto che non sia stato meno brutto»

«Secondo te cosa dovrei fare?» adesso deve essere il mio avvocato, ho bisogno di aiuto. Ignoro la sua domanda e la supplico di aiutarmi, non vorrei finire in tribunale

«Da avvocato ti consiglio di stare tranquilla, in caso comporterebbe solo lo scioglimento dell'accordo. Da amica invece sono felice, ne avevi bisogno. Forse non con lui ma... loro si sposeranno e non vi vedrete più. Fine della piccola avventura»

«E poi ammettiamolo, il giovane Wilson è affascinante, sai quante ragazze volevano essere al tuo posto? Sei fortunata amica mia!» mi strizza l'occhio e rido ancora. Davvero senza di lei sarei persa in un tunnel di disperazione e autocommiserazione

Mi alzo velocemente per raggiungere la cassa prima di Clara.

«Offro io e non discutere. Prendila come il pagamento della parcella» scuote la testa avvilita. Sto aspettando l'arrivo del cassiere quando qualcuno mi urta la spalla

«Mi scusi non l'avevo vista!»

«E tu che ci fai qui?» mi chiede piuttosto incredulo. Questo modo di incontrarci mi sta dando i nervi. È uno scherzo, possibile che sia ovunque?

«Cos'è, devo chiedere il permesso?»

«Pensavo non volessi più parlarmi» risponde mentre pago il conto cercando di fare alla svelta, devo uscire da qui!

«Infatti è così... addio!» faccio per andarmene ma afferra il mio braccio bloccandomi tanto da essere ad un soffio dal suo viso

«Lasciami, ora!» dico a bassa voce e alzo la testa per fronteggiare la sua altezza. Non ho voglia di stupide sceneggiate e da quello che vedo non se ne preoccupa minimamente.

«Mi piaci quando ti infervori, dovrei farlo più spesso allora» sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Poi sposta le sue dita, sfiorando lo zigomo fino ad arrivare alle labbra. Avvicina le sue al mio orecchio nel quale sento il cuore martellare, sono in affanno.

«Piccola Meg sei così anche a letto? Magari prima o poi lo scopriremo» che sfacciato! Dove è finito l'uomo gentile che riposava sul mio divano?

Mi lascia improvvisamente e ritorna al suo tavolo come se nulla fosse. È la stessa sensazione dell'altra sera solo che non siamo da soli e c'è troppa gente che ci guarda come un uomo dai capelli grigi al suo tavolo.

«Ehi che succede?» domanda Clara tornando dal bagno

«Niente, possiamo andare» sono arrabbiata e ho voglia di mollargli un gancio

Mi accorgo che per uscire dobbiamo passare davanti al suo tavolo, dove ci sono altri uomini con lui. Un ragazzo, suo collega forse, si volta verso di noi e fa un occhiolino, rivolto alla mia amica. Clara ricambia il gesto e ride, uscendo in strada.

«Lo conosci per caso?» domando continuando a guardare dentro

«Diciamo... è uno dei soci della procura dei Wilson. È Thomas Anderson - si volta indietro, osservandolo dalla vetrata - è uno di quelli da cui stare lontane»

Alex

«Ti faccio una domanda: sono un tuo dipendente? Non mi pare, quindi perché mi fai chiamare dalla segretaria?» che oltretutto ci sta provando spudoratamente ma questo lo tengo per me.

«Perché se ti chiamassi io, non risponderesti - ribatte - ma veniamo al dunque. È lei?» chiede senza giri di parole. Lo guardo interrogativo.

«Suvvia Alexander - dice con tono sicuro - sappiamo entrambi a chi mi riferisca»

Non rispondo perché non saprei cosa dire e non voglio peggiorare le cose che, a quanto pare, già lo sono.

«Maledizione! - esclama, battendo il pugno sulla scrivania - sapevo che sarebbe successo, ho visto il modo in cui la guardi» si alza e va verso il mobile che funge da bar, versando un bicchiere.

«Non la guardo in nessun modo, sto solamente facendo il mio lavoro»

«Spero che sia così figliolo, altrimenti non saranno piacevoli le conseguenze» si volta verso la vetrata, la quale ci mostra come il sole illumini i palazzi grigi.

Cosa non mi stai dicendo papà?

Sono due ore che sono qua fuori, dall'altra parte della strada e sto guardando lei, cosa fa, chi viene segnando tutti gli spostamenti. In questo quartiere, tranquillo per altro, si conoscono tutti e ho visto il signor Timothy dell'emporio mandarmi più volte varie occhiatacce.

Questo è quello che ho fatto per tutti il tempo dopo il tarlo che ha insinuato mio padre nel cervello. Ammetto che in parte ha ragione, sono attratto da lei e basta, è una questione di fisica e penso sia normale ma non oltrepasserei mai i limiti. La percepisco l'alchimia tra noi, lei è caparbia, testarda e una persona forte però, ho visto anche la paura, la fragilità e il dolore.

So che quello che starò per fare sarà la mia disfatta ma non riesco a fermare l'istinto, i miei piedi si muovono da soli. Entro.

«Bella giornata oggi Meg, esci con me?» trasalisce nel sentire la mia voce. Chiude la chiamata e si volta verso di me, con quella rabbia di cui sono affascinato

«No Alexander!» e continua a lavorare, ignorandomi come se non fossi qui

«Perché? Noi siamo amici» butto sul drammatico ma lei è tosta.

«Mi dispiace ho un impegno» ribatte tranquilla. Cosa? Con chi ha l'impegno?

«Quando sarai libera»

«Ho l'agenda piena»

Mi avvicino ancora un po' facendo sfiorare i nostri corpi proprio come l'altra sera, che mi ritorna in mente e sento i brividi attraversarmi la pelle. Prova a scostarsi invano perché resta bloccata tra me e la scrivania.

«Cosa stai cercando di fare?» per quanto la sua voce risulti ferma nei suoi occhi c'è un qualcosa nel profondo che non mi piace.

Percepisco il calore che filtra dal suo vestito beige, dio mi sono fottuto da solo e tanto vale finire il lavoro. Solo pochi millimetri ancora e tutta la frustrazione che mi fa provare ogni volta, la scaricherò facendola distendere su questa scrivania e togliendole il vestito. Al solo pensiero il sangue scorre più velocemente in posti meno opportuni.

«Mia piccola Meg, accetti il mio invito?»

«Alex cosa del no, non ti è chiaro? Cosa dei devi starmi lontana non ti è chiaro?» urla alla fine con la voce piena di lacrime trattenute. Mi guarda con ansia e terrore, trema appena e gli occhi sono lucidi.

Tolgo le braccia dai lati della scrivania e afferro le sue mani per portarle dietro al mio collo, tocco la sua schiena lasciata nuda dal vestito per abbracciarla. Sento che sta trattenendo i singhiozzi per non mostrarsi debole ma le lacrime scendono senza pietà.

«E' tutto okay gattina... scusa non volevo metterti pressione»

«Scusami, ti ho sporcato» bisbiglia con la voce roca e gli occhi rossi.

«Vuoi qualcosa, dell'acqua?» vado nel cucinino e prendo una bottiglia dal frigo. Le porto il bicchiere che beve a piccoli sorsi e decido di restare qui, finché non si sentirà meglio.

«Grazie» sorride mesta con ancora gli occhi lucidi. Prima di andarmene le do un bacio sulla guancia. Inspiro un po' del suo profumo e mi sento meglio.

Messaggio a Thomas: ti va di bere qualcosa?

Il mio migliore amico mi raggiunge al pub alla fine della strada, non tanto lontano dall'agenzia dato che non avevo voglia di spostarmi troppo. Come è arrivato, ho iniziato a parlargli di che giornata frustrante sia stata oggi e quando siamo arrivati all'argomento Megan, ero esausto.

«Sei deciso a parlarle?»

«Credo di sì... almeno, quando la situazione sarà più chiara» o forse quando mi sposerò e l'anello al dito mi darà un freno. Per la prima volta, credo di essere davvero attratto da una donna perlopiù sconosciuta ed io, non sono il tipo che fa queste cose però Megan, ha deciso di spostare tutti gli equilibri.

«Buona fortuna fratello» fa scontrare i nostri drink ed io guardo fuori, pensando a cosa fare.

Parcheggio l'auto in garage e mi fermo a pensare a quanto sia stata lunga questa giornata. È mezzanotte ora, ormai è diventato ieri e ho fissa davanti agli occhi la parte di Megan fragile e indifesa.

Ho accompagnato Amanda a casa pochi minuti fa, dopo che abbiamo cenato in un ristorante dall'altra parte della città. Voleva che finisse in modo diverso ma ero troppo stanco e quindi sono tornato a casa. Confesso, sono colpevole, ho fatto tutto questo per far tacere le voci insistenti nel mio cervello. Si sussegue ogni cosa come le scene di un film ed io sono il pubblico, che ha pagato il biglietto per uno spettacolo che non è esattamente come immaginava.

«Dannazione!» sbatto i pugni sul volante e il clacson suona più volte tanto da rimbombare

Scendo dall'auto e mi fiondo dritto in camera, per poi indossare il pigiama e andare a letto. La stanza è al buio e nel silenzio mi ripeto come una cantilena che non devo implicare il lavoro con la vita privata ma papà ha ragione, anche inconsciamente l'ho fatto e devo arginare il danno e già ho in mente cosa dovrò fare. Da domani sarà tutto diverso e spero che le cose si sistemeranno. Chiudo gli occhi alla ricerca del meritato riposo e l'ultima cosa che vedo sono ancora i suoi occhi spenti.

°
°
°
°
°
°
°
°
°
°
°

Nota: il parco sopra citato esiste realmente ed è anche molto carino. Per adattarlo alla storia, diciamo che sono state apportate delle modifiche per quanto riguarda la struttura e l'aggiunta di alcuni luoghi. Se cercate su Google capirete. Grazie per aver letto!

Continue Reading

You'll Also Like

1.4K 192 14
Non è facile avere diciassette anni, soprattutto quando non sei esattamente come vorresti e non lo potrai mai essere, neanche con tutta la buona vol...
5.5K 879 23
SEQUEL di "Solstizio d'estate", "Equinozio d'autunno" e "Solstizio d'inverno"
15.2K 1.5K 43
Istabul ha il potere di incantare, piena di colori, vita dove il mare è il suo contorno. Sole(Gunes) è nata è crescita li e anche se non era stata po...
36.3K 2.9K 45
Demet ha 28anni studia al ultimo anno di letteratura essendo risultata tra le migliori del suo corso viene scelta per uno scambio culturale e così si...