Un Amore Sotto Rete

By AuroraFalconi3

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Aurora ha 17 anni, abita a Perugia e gioca con la Serie B del suo paese. Simone invece ne ha 20, é di Bolzano... More

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CHALLENGE
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NONOSTANTE TUTTO.
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IMPORTANTE.
TERZA MEDIA.
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By AuroraFalconi3

[Guardate un pó chi é tornatoo! Ciao ragazzi, trovate tutto quello che devo dirvi infondo, ho scritto questo inciso solo per ricordare ai lettori con scarsa memoria a che punto della storia eravamo rimasti, visto che é da molto che non pubblico.
Aurora é arrivata in Brasile e ha rivisto Simone che inizialmente era felicissimo di vederla, ma si é dimostrato piú tardi molto strano e crede di non meritarla piú. Aurora ha peró il volo la sera successiva ed ha meno di un giorno per riuscire a convincere il suo ex-ragazzo a tornare con lei, in Italia. Ce la faranno i nostri eroi?👑

Lo dovevo dire, era troppo da film!
Lasciate una stellina e un commento, a presto😗]

Ieri sera ho parlato con Sebastian. Mi ha dato tanta forza ed ora sono sicura di voler recuperare il mio Simone. C'é solo un problema.
Questa sera ho il volo.
Dovró tornare in Italia, dovró riattraversare l'oceano. Forse mi fermeró un paio di giorni a Trento per accertarmi della situazione di Azzurra, ma poi saró costretta ad andarmene, a tornare a Perugia...e non voglio farlo.
Eppure é cosí, mancano 2 giorni alla chiusura del mercato ed io sono tesserata con Perugia. Cerco di non pensarci, mi vesto e sbrigativamente mi sistemo viso e capelli, per poi partire alla ricerca di Simone.

13 ore.
13 ore per convincere Simone o
13 ore per arrendermi alla decisione di Simone che rimanga in Brasile.
Comunque 13 ore.
13 ore per cambiare la mia vita.

Il volo é alle 22.00, sono le 9.00 di mattina...ma posso farcela, posso fargli capire che non é vero che lui non é alla mia altezza. Voglio solo fargli capire che lo amo e continueró a farlo anche dall'Italia e che continueremo a sentirci. Vorrei tanto chiedergli di tornare insieme a me, ma non posso. Perché quella é la mia felicitá e non la sua. Se vuole rimanere qui, saró la prima a sostenerlo, ma devo almeno fargli capire che siamo fatti l'uno per l'altra e che io ci saró sempre.
Esco a fare colazione in un bar per strada, ma la fila alla cassa é molto lunga e anche farmi capire é difficile e fra tutti i contrattempi passa un' ora.

12.

Guardo distratta il telefono cercando gli orari degli allenamenti di oggi.
Dalle 9.00 alle 11.00.
Sono le 10.00, ma non posso permettermi di aspettare un' altra ora. Dovró interromperlo...nonostante mi infastidisca un pó dover sbucare in palestra per questo, ma devo farlo.
Chiamo un taxi lungo il marciapiede e richiedo di portarmi al palazzetto disegnato. Dista una ventina di minuti ma con il classico traffico mattutino diventano trenta. Pago il taxista e mi dirigo velocemente all'interno del palazzetto e varco la soglia dell'entrata principale. Inizialmente c'é un segretario che mi saluta e mi pone qualche domanda in spagnolo. Non lo capisco e procedo avanti senza sosta, poco piú che annuendogli sorridente, inconscia di quello che mi ha chiesto. Corro lungo tutto il corridoio per raggiungere il campo. Arrivo a quel punto da un' entrata direttamente sulla postazione dei telecronisti e tutti i ragazzi in campo si girano, fissandomi intensamente.
Il silenzio tombale viene interrotto dall'affanno dei miei respiri. Tutto si ferma. L'allenatore si ammutulisce e sono io quella al centro dell'attenzione. Mi avvicino, camminando lentamente, alla squadra per chiedere informazioni e i ragazzi mi guardano un pó titubanti.
Cerco di scorgere il mio ragazzo, o meglio ex-ragazzo, ma non lo trovo.
Simone non c'é.
Sono soltanto 13.
Tutti tranne uno, e lui é quell'uno.
Sempre discutendo in inglese chiedo notizie su Simone ma non mi capiscono molto bene, fino a quando, un ragazzo, si fa spazio fra gli altri.

"Tu devi essere...Aurora" ammette il biondo, incuriosito.

Ha un accento strano, non é italiano, ma lo parla.
Rimango per un attimo a bocca aperta e poi rispondo.

"Tu...tu conosci l'italiano?" chiedo ancora incredula.

Il ragazzo ignora la mia domanda e scambia un paio di parole in spagnolo con l'allenatore e altri dirigenti tecnici. Scavalca poi la transenna che ci separa e si pone sul mio stesso piano. Prende il mio braccio all'altezza del gomito e lo porta con se, costringendomi a seguirlo.
Non lo conosco, eppure mi fido, non so neanch'io il perché. L'allenatore rinizia poi a parlare con i ragazzi alle nostre spalle e i medesimi ricominciano gli esercizi che erano stati costretti a interrompere.
Ad un tratto ci fermiamo.
Da quanto ho capito questi sono gli spogliatoi.
Guardo meglio e ne sono definitivamente certa. Ognuno ha il suo nome sopra al proprio posto; ne leggo alcuni ed arrivata a "Giannelli" posso constatare che il suo posto é vuoto.
Niente di niente.
Non un calzetto, una cannottiera, un asciugamano...nulla.
Il ragazzo nota il mio senso di malinconia nel guardare l'armadietto di Simone e allora mi fa segno di sedermi su uno dei tanti posti a disposizione, ed io lo faccio.
Rinizia allora a parlare ed io ascolto attentamente tutto quello che dice come se le sue parole fossero per me segno di vita o di morte, e forse lo sono.

"Ricominciando da dove ci eravamo lasciati...Sì, conosco l'italiano. La mia nazionalitá é Brasiliana, ma ho giocato tanti anni nel vostro campionato e sono stato quasi costretto ad imparare la vostra lingua. Sono tornato qui sopratutto per comoditá, ma so ancora parlare questa lingua. É per questo che io e Simone abbiamo legato molto. Lui non parla molto bene le altre lingue e allora discuteva quasi interamente con me. Uscivamo spesso e altrettanto spesso lui mi ha parlato di te, quasi fino allo sfinimento. Ti descriveva come una dea e insinuava di averti fatto del male. Troppo male. Mi diceva che eri bellissima, che non aveva mai conosciuto nessuna bella come te e poi mi diceva che eri simpatica e che quando stava male, bastavi te a tirargli su il morale...a detta sua eri molto intelligente, e lui spesso si sentiva stupido a non essere studioso come te...e poi mi diceva che eri un fenomeno, e che forse questa era l'unica cosa che avevate in comune, dato che anche lui lo é, nel senso che entrambi eravate molto giovani per essere in Serie A. Non ho mai visto un amore tanto folle, forte, duro, forse anche logorato...ma così vero. Non ti avrebbe mai tradito, guardava le altre ragazze quasi schifato perché non erano te.
E poi sono rimasto colpito nel vedere una tua foto nel suo portafoglio. Eravate voi due, lui aveva un braccio intorno al tuo bacino e tu gli stavi dolcemente baciando la guancia. Eri vestita con un lungo vestito rosso e dei tacchi vertiginosi del medesimo colore mentre lui indossava uno smoking ed una cravatta blu scuro con una camicia bianca. Era la..." inizia il brasiliano.

"...cena di Natale della Trentino Volley" concludo interrompendolo.

"Si, esatto. Mi ha detto che é stata una bella serata e che vi eravate divertiti un sacco, ma ripensando ai bei ricordi stava per scoppiare a piangere perció ho cambiato discorso per non farlo stare male. In realtá scoppiava a piangere ogni volta che ti pensava e parlava di te!" mi informa il ragazzo.

I miei occhi scintillano e di colpo sento un giganteso magone allo stomaco. Chissá cosa deve aver passato.

"Ed ora...ora dov'é?" chiedo ancora incuriosita.

"Non so, non me l'ha voluto dire, mi ha solo detto che oggi non sarebbe venuto e che forse non sarebbe venuto piú, perché anche la pallavolo avrebbe perso senso se non ci fossi stata tu. Ha anche detto di non cercarlo, di andartene e di farti una vita con un uomo vero...perché, a suo parere, lui non lo é." risponde un pó deluso.

"Sai che io non lo lasceró vero?" chiedo ironica.

"Chiaro che lo so, ed é per questo che voglio aiutarti...ho pensato che potrebbe essere in centro. Va sempre lì per sfogarsi dai pensieri. Prima passa davanti ai negozio lungo il corso perché gli ricordano Trento e Trento gli ricorda te...e poi va al parco. Solitamente é la quarta panchina a destra..."

"...come al parco in Trentino..." sussurro, lasciando che un leggero sorriso mi inondi il volto e che inconsciamente il mio cervello pensi a lui.

"Cosa?" chiede il ragazzo non avendo capito.

"No, niente, parlavo fra me e me, dicevi..." lo lascio continuare.

"Bé si siede sempre su quella panchina...non so il perché...e poi guarda il paesaggio e le tue vecchie foto. A volte lo vado a riprendere, altro volte lo lascio lí a contemplare la natura. L'unica cosa che devi sapere é che devi correre da lui, perchè senza di te proprio non sa stare e perché anche se non lo ammette ha bisogno di te...ed anche tu hai bisogno di lui." conclude, fiero del discorso che potrebbe essere paragonato ad uno di quei discorsi convincenti dei presidenti americani.

"Non mi hai ancora detto come ti chiami..." rispondo poco prima di andare.

"Philipe" risponde il biondo.

"Bé Philipe, ho un debito con te!
E devo anche ringraziarti immensamente. Grazie." commento con gli occhi lucidi e abbracciandolo prima di andarmene.

"Grazie a te e salutami Simone, sono sicuro che non ci vedremo per moooolto tempo. Digli che é stato un buon amico." annuncia.

"Lo faró!" rispondo, mimando il gesto di un occhiolino, per poi andare a cercarlo, di nuovo.

11.

Credo di sapere dov'é Simone, o almeno Philipe ha provato a ipotizzare un luogo. Sto uscendo velocemente dal palazzetto ma é tardi, ho paura. E se non dovessi fare in tempo? 11 ore sembrano tante, o almeno abbastanza, ma in realtá no. Sono poche, pochissime, e rischio veramente di non farcela. Mi distraggo poi dai pensieri piú pessimisti e corro verso la strada a fermare un taxi per raggiungere il parco citato da Philipe. Riesco a salire sul mezzo solo un quarto d'ora dopo, dato che sembrano essere tutti giá pieni. Finalmente un ragazzo dai capelli e gli occhi color nocciola, si ferma e accosta, facendomi cenno di salire. Apro lo sportello e mi siedo nei sedili posteriori del grande macchinone giallo.

"Hola Chica" mi saluta pimpante il brasiliano.

Sisi, iniziamo bene.

"Ehm, io veramente non conosco la tua lingua" dico in un inglese un pó incerto.

"Ooh scusa, bé dove vuole che la porti signorina?" domanda il mio accompagnatore fingendosi un gentiluomo, accompagnato poi da una risata.

"Su una stella..." rispondo ridendo, anche se vedo il ragazzo non capire "...era Titanic" gli spiego con calma e un pó stupita che non lo conosca.

"Ecco...l'ho visto solo una volta e per di piú non mi é piaciuto molto" sorride imbarazzato, mentre io gli lancio un' occhiata assassina.

Titanic non puó non piacerti. Leonardo Di Caprio non puó non piacerti.

"Comunque vorrei dirigermi nel parchetto vicino al centro!" concludo.

"Quale centro? Signorina questa é una città grande, non penserá mica che ci sia solo un parco?" chiede divertito.

"Ooh, bé, io in realtá so soltanto che c'é una piazza piuttosto grande ed è pieno di negozi, inoltre lì vicino  si trova una bel parco assiduamente frequentato." ammetto.

"Grazie al cielo conosco questa cittá piú delle mie tasche. Credo di aver capito." mi rincuora il ragazzo.

"Ah solo una cosa, quanto dista?" chiedo pregando interiormente sia vicina.

"Mezz'oretta all'incirca..." risponde l'autista titubante.

"Mmh, poteva andarci peggio ma dobbiamo sbrigarci, devo cercare una persona." termino ansiosa.

Il ragazzo mette velocemente in moto e partiamo alla volta della misteriosa piazza.

Durante il viaggio gli racconto le mie esperienze e più genericamente chi sono e mi informa essere un grande appassionato di pallavolo.
Si sente infatti, 'onorato', di accompagnare proprio una pallavolista di Serie A.
É gentile e molto educato, riesce infatti  a tirarmi su di morale nonostante la situazione non sia delle migliori.
Dopo una mezz'ora abbondante di chiacchiere e risate, sembriamo essere arrivati a destinazione.

10.

"Il posto dovrebbe essere questo." dice il brasiliano distraendomi dai miei pensieri.

Il ragazzo rallenta, ed inizia a guidare a "passo d'uomo".
Scendo velocemente e con una camminata veloce cerco con lo sguardo in ogni singolo vicolo, negozio e bar del centro, ma niente. Simone sembra essersi volatilizzato.
La piazza é vuota e sono sicura che Simone non é qui.

"Okay, il posto non é questo...Il parco, proviamo ad andare al parco." suggerisco rientrando sbrigativamente nei sedili posteriori.

Facciamo marcia indietro e in un paio di minuti siamo in questa sorta di giardino.
Qual'era la sua panchina?
Quarta a destra giusto?
Conto le panchine una ad una, accertandomi che non sia neanche su una di quelle.
Prima a destra, no, non ancora.
Seconda a destra, neanche questa.
Terza a destra, c'é solo una mamma con suo figlio...la prossima.
Quar...No, non c'é. La Quarta panchina a destra non c'é.
Al suo posto ci sono un albero e una flebile fontanella d'acqua.
Niente quarta panchina a destra.
NO. NO. NO.
CAZZO.
Posto sbagliato, parco sbagliato, tutto sbagliato...anch'io forse.

"No. Abbiamo sbagliato parco, ci sono solo tre panchine...non va bene, deve essere un altro!" grido quasi imprecando al brasiliano.

"Cosa significa? Tre panchine?" chiede titubante.

"É una lunga storia, ma so per certo che il parco non é questo. Doveva contenere almeno quattro panchine." rispondo velocemente.

"Ecco...forse, so di quale parco si tratta ma..." lascia in sospeso la frase.

"Ma...?" chiedo preoccupata.

"Ma dista un' ora e mezza da dove ci troviamo." conclude.

Prendo la testa fra le mani e la porto vicino alle ginocchia. Io davvero non so cosa fare. Simone ha cambiato numero e non ho idea di quale sia, non posso chiamarlo, eppure mi dico che posso ancora provarci.

"Okay, andiamo." comando al ragazzo.

Stavolta, in macchina, il viaggio é lungo e silenzioso. Non una parola, non un sospiro. Vorrei solo piangere, e alla fine lo faccio, piango in silenzio, senza farmi notare, nel sedile posteriore di un taxi.
Piango senza far rumore, anche se vorrei urlare al mondo intero che la vita fa schifo, che l'amore fa schifo, anche se sto lottando solo per averne un pó. Piango in silenzio, perché nella nostra societá, chi piange é un fallito, chi piange é debole, ma non é cosí, non é per niente cosí.
Le persone al giorno d'oggi quando hanno dei problemi si tagliano, si autolesionano...si uccidono.
E sapete, addirittura c'é gente che dice: "Che coraggio che ha avuto ad uccidersi."
Ma quale coraggio?
Non c'é niente di coraggioso nella morte.
Ci vuole coraggio a vivere.
Ci vuole coraggio a sopportare, ci vuole coraggio a farsi carico dei problemi, a piangere, a esternare i sentimenti, a farsi aiutare.
In questo ci vuole coraggio.

Ci vuole coraggio ad essere felici, ed io voglio esserlo.

É per questo che ora sto andando da lui o almeno ci provo.

8.

Arriviamo.
Una bella piazza rotonda, piena zeppa di negozi, assomiglia molto a Trento, sicuramente é questa.
Ci dirigiamo peró verso il parchetto lí a fianco.
Quattro panchine, e lui é lí, su quella maledetta quarta panchina...sta guardando il panorama davanti a lui e poi lo vedo passarsi una mano su gli occhi. Sta piangendo.
Scendo dal taxi, lascio una somma di denaro al brasiliano senza volere il resto e mi avvicino a Simone con cautela.
Da dietro intravedo che in mano ha una nostra foto, la guarda e lentamente l'accarezza lasciando andare le lacrime sul viso.
Mi avvicino ancora di piú e sedendomi inizio a parlare.

"Te la ricordi la fontana in giardino?" dico facendo riferimento alla foto che sta guardando.

Si spaventa e sgrana gli occhi incredulo constatando che non me ne sono ancora andata, poi ripensa a quello che ho detto e calmo risponde.

"Come posso dimenticarla...era il tuo compleanno e la sera dopo cena, quando tutti se ne sono andati, eravamo seduti sul bordo della fontana e per sbaglio siamo caduti dentro." commenta ridacchiando.

"Ahahah, non lo dimenticheró mai" aggiungo ridendo.

Poi ci guardiamo, stiamo ridendo e all'improvviso é come se entrambi ci ricordassimo che non possiamo ridere perché non stiamo piú insieme e il nostro viso si fa cupo.

"Come mai sei qui?" chiede ad un tratto, serissimo.

"Per te" rispondo.

"Ti ho detto.."

"Non mi importa proprio quello che mi hai detto, mi importa di te, mi importa stare insieme a te e so che sei troppo orgoglioso per ammetterlo ma anche a te importa." ribadisco.

"Ti ho giá detto come la penso." dice ancora irrimovibile.

"Ma non ti ho detto come la penso io." controbatto.

"Okay, parliamo allora." insiste.

"Ti va se facciamo un giro?" chiedo, accennando un sorriso.

"Va bene" risponde in tono un pó meno duro.

Ci alziamo e il ragazzo ripone la foto nel portafoglio che straborda di nostre polaroid stropicciate e consumate.
Poi lo infila nella tasca dei pantaloni e controllando di aver preso tutto, ci avviamo verso una meta sconosciuta.

"Lo sai perché sono qui, ho bisogno di te, ho bisogno di sapere che ci sei, che posso contare su di te, ho bisogno della tua voce che mi sussurra che andrá tutto bene e delle tue mani calde che mi sfiorano la schiena." inizio.

Il ragazzo rimane interdetto ma mi lascia continuare.

"Credi davvero che avrei mai fatto una cosa del genere se non ti amassi davvero? Credi che prenderei un aereo per chiunque? Perché se lo credi, bé, non é cosí.
Abbiamo sofferto entrambi, ma ora possiamo essere felici, tu sarai qui, in Brasile ed io in Italia, ma ci chiameremo tutti i giorni, ci aiuteremo e andrá bene cosí..." dico con le lacrime che tentano di uscire.

"Lo sai che non va bene cosí, io non ce la faccio a vederti sorridere e non baciarti, a guardarti negli occhi e non abbracciarti, a non prenderti le mani quando ti parlo...io non ce la faccio" risponde quasi piangendo.

"SONO STUFA, SONO STUFA CARO SIMONE GIANNELLI. Sono stufa delle cose che non riesci, delle cose che hai paura di fare, dei limiti che non vuoi superare. Sono pronta a tutto, tutto, pur di non perderti, perché ti amo, ti amo piú della mia stessa vita e se l'unico modo per sentirti é attraverso un tablet, sono disposta a farlo, perché non posso perderti, quindi se mi ami, non lasciarmi andare, non lasciarmi partire su quell' aereo da sola sta sera. Non lasciarmelo fare. Se non ce la fai senza di me, non starci, cavolo." concludo fra un singhiozzo e l'altro, sbraitando.

"Tu mi stai chiedendo di rinunciare all'offerta di giocare in Brasile?" chiede confuso.

"Sai che non lo farei mai, sai che preferisco la tua felicitá alla mia, e sai che se questo ti rende felice piú che stare con me, ti consiglierei di rimanere qui, ma ti ho visto e non c'é un solo attimo in cui tu non riguardi le nostre foto, un solo attimo in cui non sei intento a piangere fissando il nulla e allora mi chiedo se la cosa migliore non sia chiederti di tornare da me, anche se potrebbe risultare un gesto alquanto egoista." rispondo infine.

Il silenzio soccombe, i rumori esterni risultano quasi ovattati. Lui mi guarda interdetto, quasi sbalordito ma non capisco se sia eccitato o sconvolto dalla mia richiesta. Passano secondi che sembrano anni, ed il tempo si é come fermato. Poi il ragazzo prende fiato e le mie orecchie si pongono sull'attenti in modo tale da cogliere ogni minima parola e sfumatura.

"In realtá stavo solo aspettando che me lo chiedessi..." esordisce lui, sfoggiando un magnifico sorriso.

Mi stringe forte a se, facendomi librare in aria come non aveva mai fatto. Poi mi bacia, il bacio piú bello di sempre, di quelli che ti consumano, che ti logorano, di quelli rari.
Di quelli che ti mancavano, di quelli che non avevi da tempo, di quelli che non si descrivono, che si provano e basta. Poi peró sono costretta ad andarmene o non faremo mai in tempo.

7.

Dobbiamo prendere un taxi per tornare in albergo a fare le valigie, perció poco dopo esserci separati, ne aspettiamo uno sul marciapiede.
Finalmente un uomo sulla quarantina accosta ed entriamo velocemente.
Parlo con l'uomo e lo informo sulla strada da fare, prima che ingrani le marce alla volta dell'hotel.
Il viaggio é abbastanza lungo. Un' ora.
Simone é appoggiato al finestrino, mentre io sono appoggiata a lui.
Mi mancava quella spalla e mi mancava poter accarezzare il suo grande petto.
Per un' ora rimaniamo cosí, l'uno avvinghiato all'altra, e giuro che se qualcuno mi chiedesse qual'é il posto piú bello del mondo, io risponderei le sue braccia.

6.

Finalmente arriviamo.
Io e Simone ci diamo appuntamento.
Lui andrá nel suo appartamento che si trova all'incirca a quindici minuti a piedi da qua ed avrá una quarantina di minuti per fare tutto mentre io ho quasi un'ora piena visto che sono giá all'hotel. Chi finisce per primo, inoltre, dovrá andare dall'altro, cosí, o ci incontreremo per strada se finissimo insieme, o aiuteremmo l'altro che non avrá ancora finito.
Lo saluto e salgo come un razzo tutte le scale, a causa dell'ascensore occupato.
Apro la valigia sopra al letto e il piú veloce che posso recupero tutti i vestiti che ho nell'armadio piengandoli accuratamente in modo da farli stare nella valigia senza troppe acrobazie. Mi dirigo poi in bagno, dove ho lasciato i miei prodotti di Make-Up e pulizia del viso.
Attenta a non farli rovesciare li chiudo per bene e li ripongo negli appositi contenitori, spingendoli nei piccoli spazi vuoti della valigia.
Le cose elettroniche sparse per la camera vanno invece in apposite borse porta-computer e tasche per i caricabatterie. Le scarpe arrivano addirittura sotto il letto e non trovo le buste nelle quali devo inserirle. Dopo averle ritrovate tutte, cerco di farle stare nella valigia, ma ci riesco solo dopo aver spinto pesantemente, ed essermi seduta sopra di essa.
In ultimo, controllo che tutte le cose da mare, come costumi, asciugamani, creme, ciabatte e cappelli siano al loro posto e dopo circa tre quarti d'ora decido di andarmene verso l'appartamento di Simone.
Scendo rapidamente le scale e mi dirigo da lui.
Per strada naturalmente non lo incontro e sono contretta a dirigermi fino al suo appartamento nel quale arrivo all'incirca 20 minuti dopo.

5.

Entro in casa, Simone é in camera con la valigia mezza vuota mentre tenta di mettere a posto la biancheria.

"Sei ancora a questo punto?" domando infastidita.

"Ci ho messo venti minuti ad arrivare, per di più, abito qui da un pó, é tutto a soqquadro." risponde calmo e mentre si allunga per cercare altre scarpe sotto al letto.

"Aaah, e va bene...ora ti aiuto." lo rassicuro.

Vado al bagno e accumulo tutte le varie cose che riempono mobiletti e scaffali e all'incirca mezz'ora dopo siamo pronti.
Usciamo di casa con in mano tutti i bagagli e dopo un paio di tentativi a vuoto, entriamo in un taxi.

"All'aereoporto grazie!" esclama il ragazzo velocemente non appena ha chiuso la portiera.

Dopodiché ce ne andiamo, alla volta dell'aereoporto e per una mezz'ora buona, viaggiamo fra piccole e rovinate catapecchie brasiliane.

4.

Finalmente arriviamo.
Paghiamo il taxista e scarichiamo i bagagli, cosí da entrare all'interno dell'aereoporto. Una volta lí, ci dirigiamo alla biglietteria, dove, speriamo che il volo per l'Italia non sia pieno.
Ci avviciniamo al tabellone, lentamente e impauriti.
Cerco con il volto il volo diretto:
Brasile-Trento
e poi lo trovo.
Lo trovo nella quarta riga.
Tiriamo fuori i soldi e li porgiamo al bigliettaio che ci informa dell'ormai disponibilitá di soli tre posti.
Per un pelo uuh.
Li prendiamo e ci dirigiamo verso il Gate 5, ovvero quello del nostro volo.
Ovviamente dove puó trovarsi, se non dalla parte opposta a dove sono.
Fantastico!
Altri 20 minuti, 20 minuti di ricerche del Gate 5, ma alla fine arriviamo.

3.

Finalmente riconosco il Gate 5.
La fila é lunghissima, forse perché dicono sia importante essere in aereo molte ore prima che il volo decolli.
Ci sediamo su alcune delle poltroncine per i passeggeri che aspettano.

"Non, non ce la faremo..." ammetto sconsolata, mentre mi asciugo con il pollice una lacrima dagli occhi.

"Ma cosa dici, siamo qua, e anche se saremmo dovuti arrivare prima, siamo qua." ribatte Simone.

"Oh no, tu no hai capito, potremmo anche prendere il volo in tempo, ma se non arriviamo in tempo dai nostri agenti, in Italia, non potremmo mai disdire il contratto e bé, domani é l'ultimo giorno, U L T I M O giorno di volleymercato. Altrimenti, saremo costretti a giocare tu in Brasile, ed io a Perugia...per l'intero anno." gli ricordo.

Simone sbarra gli occhi, e si gratta la testa.

"Cazzo. Non ci avevo pensato." mi informa Simone.

Continuiamo a parlare per un' altra ventina di minuti della situazione e ci dirigiamo subito dopo a farci perquisire e a far controllare le valigie.

2.

Stiamo aspettando su quelle maledette poltroncine rosse...sono morbide ma le odio, le odio perché ora vorrei essere dovunque tranne che qui, qui a non fare niente, impotente.
Poi iniziamo ad organizzarci, per i dirigenti, sará meglio ottimizzare i tempi.
Il volo dura una decina di ore, perció partendo alle 22.00, dovremmo arrivare alle 8.00 di mattina, ma considerando le 5 ore di fuso orario, saranno le 13.00.
Perfetto!
Solo il pomeriggio a disposizione.
Bé una volta arrivati potremmo correre a Trento cosí da poter parlare subito con il dirigente e disdire ogni tipo di legame con le due nuove societá pallavolistiche.
Unico problema? Ho paura di dover arrivare a Perugia...e se veramente non facessi in tempo?
Okay, non pensiamoci, andrá tutto bene...spero.
Interrompono i miei pensieri le voci negli altoparlanti che ci incoraggiano ad entrare, dev'essere passata un'ora.

1.

Eccoci, stiamo giá entrando all'interno del veicolo cosí da poterci sistemare con calma.
Entriamo per ultimi, una decina di minuti dopo. Perdiamo tempo a far incastrare decentemente le valigie nei minimi spazi rimasti, dopodiché cerchiamo i nostri posti.
Ci sediamo ed ascoltiamo distrattamente i consigli che le hostess danno in caso di emergenza.
Stiamo per partire, non manca molto, ma poco prima che l'aereo possa decollare Simone mi guarda, mi guarda intensamente.

"Avevi ragione, non ce la faccio a stare senza di te, mi dispiace di averlo anche solo pensato." si scusa.

"Ci ho provato anch'io sai, si, a stare senza di te, ma non ce l'ho fatta...tu mi hai cambiata troppo per chiedermi di non vederti mai piú e di dimenticarti."  rispondo.

"Ti amo." esclama.

Rimango allibita per un attimo, mi sembra sia passata una vita dall'ultima volta che l'ha detto. Mi mancavano queste due parole. Non sono abituata a sentirle, ma credo che questa sia una di quelle abitudini che non é male riprendere.

"Ti amo anch'io." rispondo, arruffandogli leggermente i capelli, lasciandogli un leggero bacio sulla guancia.

"ALLACCIATE LE CINTURE, SIAMO PRONTI AL DECOLLO." rimbomba la voce nell'altoparlante.

0.

Bentornata Italia.

FIIINALLLLMENTEEEEEE.
Si eccomi, sono tornata dopo non so quanto tempo.
L'ultima volta non avevo ancora fatto gli esami e sono felice di dirvi che sono andati gran bene.
La mia tesina era su Harry Potter e l'ho studiata benissimo...infatti all'orale ho preso 10.💪
Ho preso 10 anche a Matematica, Italiano, Inglese e Prove Invalsi, mentre a Francese ho preso 9.
Sono molto contenta di come sono andati anche perché mi hanno permesso di uscire con 10, ma ho una profonda paura di intraprendere quello che é il Liceo Classico. Speriamo tutto bene dai🙂
I colpi di mercato giá li saprete tutti e poi c'é sempre la mia piccola alcolizzata TeamFatRon ad avere questo compito.
Ho pubblicato oggi perché é un giorno molto speciale.
Oggi, compie 21 anni il superuomo della mia vita, Giannn e questo vuole essere un pó un regalo...piú per voi che per lui ma va bé.
Spero apprezziate.
Voglio scusarmi pubblicamente con simo_gian9 e TeamFatRon per essere sempre in un ritardo cronico nel rispondere ai loro messaggi, Mi Dispiace💘, e volevo anche informarvi che ieri ho finito di vedere 13 (serie Tv vista in tre giorni😀) e ne sono letteralmente innamorata.
Lo so che mi odiate per tutto il tempo che é passato ma con queste 4700 parole spero di farmi perdonare.
Buona lettura e Buon caldo🏖
Aah, e buone vacanze...se vi va, raccontatemi le vostre.😁

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